sabato 14 maggio 2011

Vittorio Arrigoni: un vincitore

Guerriglia alla prigionia dell'Informazione. Contro la corruzione dell'industria mediatica, il bigottismo dei ceti medi, l'imperdonabile assopimento della coscienza civile. La brama di Verità prima di ogni anelito, l'abrasiva denuncia, verso la dissoluzione di ogni soluzione precostituita, L'infanticidio di ogni certezza indotta. La polvere nera della coercizione entro le narici di una crisi di rigetto. L'abbuffata di un pasto nudo, crudo amaro quanto basta per non poter esser digerito.
Guerrila Radio - Il blog di Vittorio Arrigoni 





Così come i palestinesi traggono nuova linfa di rivincita da ogni sconfitta, nuovo rigore e sostanza dal sangue dei loro morti, del mio sangue sono disposto a sporcare le coscienze dei miei possibili aguzzini, sinché il sangue non sarà il rosso della loro vergogna sinché il sangue non sarà il semaforo rosso alla loro violenza sinché il sangue non sarà il colore del tramonto della malattia dell’odio.

Queste parole sono di Vittorio Arrigoni, le ho scelte con cognizione, con quella consapevolezza che solo il dolore ti trasmette, poche parole come pietre che aprono la seguente nota frutto della collaborazione tra questa pagina e il gruppo "Restiamo umani". L'intento è di far circolare il più possibile la verità sulla figura di Arrigoni, spazzando via gli echi verbali dei meschini servi del nulla, buoni solo a produrre materiali da discarica. Il testamento di un uomo così va salvato e gelosamente custodito perché questo sacrificio è patrimonio etico da trasmettere agli altri uomini e alle generazioni di domani. L'argomento può diventare certo enorme, ma so che chi ci leggerà sta, come ostentatamente stava Vittorio, dalla parte sbagliata, vuole far parte della famiglia umana come diceva lui, e dunque a nulla vale fornire ulteriori charimenti in merito alle bieche strumentalizzazioni che, su questo caso, sono state fatte e più si faranno nei giorni a venire. Quel suo dolente monito alle coscienze di chi non ha saputo restare umano parla e continuerà a parlare.


Quando inizia la famigerata operazione "Piombo fuso" Arrigoni fedele a sé stesso, alla sua coscienza, resta a Gaza, la situazione è estremamente pericolosa e lui è per forza di cose spaventato. Ha intorno a sè l'indicibile, lo testimonia, ma in Italia scarseggiano sostegno o protezione e, fatti salvi il Manifesto e Giulietto Chiesa, in molti lo reputano scomodo, la trasmissione ANNO ZERO non fa eccezione e non lo manda in onda. Dare voce a chi aveva come unica intenzione quella di documentare l'orrore di quella operazione di pulizia etnica sarebbe stata tappa obbligata per ogni vero giornalista, ma le ragioni dei forti, si sa, hanno sempre il dominio della scena e Vittorio scrive:
"Prendi dei gattini, dei teneri micetti e mettili dentro una scatola" mi dice Jamal, chirurgo dell’ospedale Al Shifa, il principale di Gaza, mentre un infermiere pone per terra dinnanzi a noi proprio un paio di scatoloni di cartone, coperti... di chiazze di sangue. "Sigilla la scatola, quindi con tutto il tuo peso e la tua forza saltaci sopra sino a quando senti scricchiolare gli ossicini, e l’ultimo miagolio soffocato." Fisso gli scatoloni attonito, il dottore continua "Cerca ora di immaginare cosa accadrebbe subito dopo la diffusione di una scena del genere, la reazione giustamente sdegnata dell’opinione pubblica mondiale, le denunce delle organizzazioni animaliste…" il dottore continua il suo racconto e io non riesco a spostare un attimo gli occhi da quelle scatole poggiate dinnanzi ai miei piedi. "Israele ha rinchiuso centinaia di civili in una scuola come in una scatola, decine di bambini, e poi l'ha schiacciata con tutto il peso delle sue bombe. E quale sono state le reazioni nel mondo? Quasi nulla. Tanto valeva nascere animali, piuttosto che palestinesi, saremmo stati più tutelati."

A questo punto il dottore si china verso una scatola, e me la scoperchia dinnanzi. Dentro ci sono contenuti gli arti mutilati, braccia e gambe, dal ginocchio in giù o interi femori, amputati ai feriti provenienti dalla scuola delle Nazioni Unite Al Fakhura di Jabalia, più di cinquanta finora le vittime. Fingo una telefonata urgente, mi congedo da Jamal, in realtà mi dirigo verso i servizi igienici, mi piego in due e vomito. (Vittorio Arrigoni, Gaza, 8 gennaio 2009) .



In quello stesso gennaio 2009 la dignità di Vittorio non cede nemmeno di fronte all' incredibile corso degli eventi che lo vede persino finire in prigione in Israele. Nell'isolamento a cui sembra condannato, è Giulietto Chiesa che pubblica in Italia il carteggio drammatico con Arrigoni e che scrive a Frattini per chiedere aiuto.

Caro Giulietto,
ti sono grato per l'inquietudine, equivalenza di un empatia rara in questi tempi, per essere rimasto umano.
Dici bene, la guerra non è terminata. Solo i morti ne hanno visto la fine, per i vivi non c'è tregua che tenga alla battaglia quotidiana per la sopravvivenza.
Le reiterate e costanti minacce di morte rivolte a me e ai miei compagni dell'International Solidarity Movement se non destassero reale preoccupazione, le avremmo considerate trofei. Evidentemente a chi olia gli ingranaggi della macchina della morte israeliana dà estremamente fastidio chi da questa parte si impegna così estenuamente per la pace e i diritti umani.
Il nostro non sarà un sacrificio invano se consentirà uno stato di allerta verso questo di lembo di terra martoriata e il suo milione e mezzo di abitanti. Una popolazione palestinese che non chiede altro se non di poter godere degli stessi diritti degli israeliani, dei diritti di qualsiasi altro popolo del pianeta.
Mi auguro che Frattini, da te sollecitato, distolga un attimo lo sguardo da Sderot e rivolgendolo verso di me si accorga dell'ammasso informe di macerie a cui è ridotta Gaza, e delle lunghe file di minuscole bare bianche contenenti le spoglia di centinaia di bimbi uccisi. Al ministro chiedo che venga concentrata maggiore attenzione e stima verso le migliaia di operatori umanitari distribuiti nei luoghi più caldi del pianeta, magari la stessa cura e ammirazione espressa dal governo ai soldati italiani ipotetici esportatori di democrazia in Afghanistan oggi come in Iraq ieri. Non esigiamo una medaglia, chiediamo solo più protezione.
Sulla mia schiena bruciano ancora i dieci punti di sutura necessari a ricucire una ferita riportata a settembre, in seguito ad un assalto dei marines israeliani. Ero semplicemente al largo del porto di Gaza con degli amici pescatori. A Novembre, sempre in acque palestinesi, soldati israeliani mi hanno sparato, rapito, quindi rinchiuso in una pidocchiosa prigione a venti chilometri da Tel Aviv. Dietro le sbarre, il consolato mi fece avere un paio di vestiti di ricambio. Ho ancora la ricevuta, un mese di tempo per ripagarli.
Sul mio ferimento e successivo rapimento, nulla, non un fiato dal suo governo, Ministro Frattini.
Alla Farnesina non si è mossa un foglia. Ora vogliono uccidermi, le assicuro che prestando i soccorsi sulle ambulanze in questo ultimo mese mi sono reso conto quanto siano essi puntigliosi e puntuali nel sopprimere vite umane. Con il consenso del suo presidente Berlusconi che non ha mancato più volte di tifare per le bombe. Lei lo sa che spesso fra macerie trovavamo i corpi ridotti in poltiglia? i frammenti di ossa più grandi potevano stare in un cucchiaino, lo riferisca al suo presidente.
Pensateci, magari la prossima volta che rigirate lo zucchero sorseggiando un caffè assieme.
Vogliono ucciderci, ministro Frattini, veda un po' lei se è il caso di trovare cinque minuti di tempo per me sulla sua agenda fitta di incontri diplomatici.

Giulietto, un abbraccio.
Restiamo umani.




Ogni uomo deve scegliersi la maniera di essere efficace al miglioramento del mondo, siamo certi di questo, ognuno di noi deve impegnarsi a non strisciare, a non servire, dobbiamo riuscire ad essere scomodi, a diffondere parole che esortino, c'è da fare quel che da molto tempo questo paese, come molti altri cittadini del mondo non fanno più, lottare per cancellare l'indifferenza.
E' bellissima questa figura di Vittorio, ci commuove perché risplende intensa come "un girasole impazzito di luce", ci trae dall'ombra in cui le nostre menti di norma vegetano spaventate dalla stupidità dilagante, ci fa vergognare di essere complici di una amoralità che non paga mai, che chiederà pegno di sè, l'ha già fatto ciclicamente e assai crudelmente.

Articolo preso dalla pagina "Dalla Parte Sbagliata" in Facebook




Io che non credo alla guerra, non voglio essere seppellito sotto nessuna bandiera. Semmai vorrei essere ricordato per i miei sogni. Dovessi un giorno morire – fra cent'anni – vorrei che sulla mia lapide fosse scritto quello che diceva Nelson Mandela: "Un vincitore è un sognatore che non ha mai smesso di sognare". Vittorio Arrigoni: un vincitore

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