mercoledì 3 agosto 2011

Perno e Michele G.: generazioni a confronto

Fanzine: generazioni a confronto. Questo era il titolo che il valido e interessante Michele Giorgi diede alla sua intervista che, da vecchio fanzinaro, approfondiva e discuteva sul tema con un fanzinaro della nuova generazione, io. Venne fuori una chiacchierata "virtuale" profonda, critica ed interessante. Certo, questo dal mio punto di vista. Penso che a distanza di quattro anni tutto sia ancora attuale.
Ripubblico l'intervista e ringrazio ancora Michele e Audiodrome.it per lo spazio che mi fu dedicato.
Buona lettura. Fanzine: generazioni a confronto


1- Ricordo che quando ho iniziato con mio fratello e altri amici la mia prima 'zine (Rrroooaaarrr) nel 1986, la situazione era piuttosto elettrica: avere una 'zine voleva dire corrispondere via lettera con gente di tutto il mondo, restare in contatto via telefono con i gruppi, parlare con le persone ai concerti e nei punti di ritrovo. Era un modo per costruire una "rete" di contatti prima che ci fosse una rete virtuale che facilitasse il compito, era più che altro il mezzo per essere parte attiva di una scena che cercava di abbattere le barriere tra chi suonava e chi stava sotto il palco. Oggi sembra tutto più facile, ma sicuramente questa facilità in qualche modo ha creato disinteresse e superficialità nei rapporti. Non c'è più il gusto di lottare e tutto appare "sdoganato", accessibile anche a chi vuole togliersi uno sfizio passeggero senza troppi sbattimenti. Sono un nostalgico o credete che ci sia un fondo di verità in quel che dico?
Per ottenere una cosa, ci vuole impegno, forza, sudore e su questo non ci piove. Il problema è che se invece te la trovi lì, la pappa già pronta, con alcune regole prefissate non si sa da chi, si fa il grande errore di tenere in considerazione la cosa come "scontata", "normale" o addirittura per qualcuno “noiosa”. Ora nel 2007 con l'ADSL accessibile a tutti si è anche perso molto quel lato umano che immagino non solo era presentissimo quando tu avevi la mia età, ma era soprattutto la parte più vitale e fresca della scena. Ora non servendo più lettere (a dire il vero qualcuna la mando ancora, oltre ai frequentissimi pacchi che invio mensilmente), telefonate.. ora in un click puoi mandare un’email a mezza scena, il tutto in un secondo. E' una cosa fantastica, ma il mezzo è poco utilizzato e spesso male, più usato per sparlare dietro alle persone che non per creare qualcosa di positivo e utile, che ovviamente non si fermi solo alle parole.
Se ti affacci per un istante sul versante internet ti rendi facilmente conto di quanta gente si professa parte vitale o meno vitale di una scena che però esiste solo nella loro testa, è una scena virtuale, perchè difatti quella reale non la vivono, non vi partecipano. Se poi parliamo di "Abbattimento tra chi suona e tra chi sta sotto il palco" siamo ancora un po’ lontani, seppur rivoluzionari rispetto ad altri generi musicali. Il muro in parte è crollato, ma molti mattoni sono ancora lì. Vedo ancora ragazzini ai concerti farsi fare autografi, fare foto con le loro "punk star" internazionali, ma non solo. Cioè, io sto sempre a parlare coi ragazzi e le band, io che ho i miei progetti e li porto avanti. Ma il ragazzo, il punk della situazione raramente vede un legame tra chi sta sopra e sotto il palco, per lui rimane il gruppo che canta “Fotti il sistema” e finisce lì, rarissimamente li vedo parlare con le band ed avendo una distribuzione di cd sono sempre lì a contatto con le band, l’abbattimento per me non vuol dire solo “lui non è una star, è uno come tu e me”, l’abbattimento vuol dire parlare, relazionarsi anche con i membri delle band stesse, come se fossero un tuo amico, con lo stesso spirito. Ma la parte più comica e surreale è che conosco tante persone che giudicano l'attitudine di un gruppo semplicemente dai testi dei loro pezzi. A loro non importa che siano coerenti, che siano gente che si sbatte, a loro interessano che i testi siano crudi, violenti e magari pieni di odio. Testi dei gruppi che poi ancor più comico cercano su internet spesso, perchè a volte l'mp3 che hanno scaricato non è chiarissimo, ecco questo per me non vuol dire abbattimento. Questa facilità come appunto tu dicevi ha portato molto male, si è avvicinata e fa parte della scena gente che vale poco o niente, ma soprattutto che per convenienza sta qui, ma alla prima occasione...... Ma su questo si parlerà nelle altre domande magari.
Detto così, sembra tutto nero ovviamente, ma si sa che il lato buio, il lato marcio è sempre quello più evidente. C'è l'altra faccia della medaglia. Ora con internet abbiamo moltiplicato alla grande la possibilità di scambi di materiale, di contatti per suonare, ma soprattutto si può parlare spesso e in maniera molto profonda con tante personalità. Tantissimi amici ho trovato, tantissime cose ho imparato. Grazie al web, ai vari Msn soprattutto, forum, Myspace si può parlare in maniera così profonda con tantissime persone, (a parte che con poste o telefonate la vedo più difficile), dal vivo purtroppo non si può essere ovunque, col web invece spesso hai la sensazione di poterlo fare. Si riescono a vedere lati delle persone che forse sarebbe meglio non conoscere, però, forse perchè si sentono protetti da un monitor, si confidano molto di più.
Ma per lasciare un messaggio positivo, ora, io giovane ragazzo sono qui per nulla disinteressato e che grazie allo zoccolo duro (importantissimo) di Torino piano piano sto vivendo questa realtà, prima solo da spettatore e ora con qualche piccolo progettino. Le mode passano, i tempi cambiano, pochi resistono, ma intorno a tutto ciò, le nuove generazione sono sempre la benzina di tutto, sempre.


2- Un aspetto che invece è restato immutato nel fare una 'zine cartacea è lo sbattimento materiale nel costruire l'oggetto, ovvero la scelta degli sfondi su cui incollare i testi, la composizione delle pagine, le fotocopie, la distribuzione di persona ai concerti o via posta, un lavoro che appare ben differente rispetto al lavorare su una pagina virtuale con l'ausilio di un pc. Il tutto per raggiungere una manciata di lettori sparuti e, oggi, spesso scarsamente attratti da un mezzo di comunicazione dai tempi decisamente "lenti" rispetto alla rete. Quanto credete che contino la passione e la determinazione per portare avanti nel nuovo millennio la "professione" di fanzinaro?
La passione, ma soprattutto la determinazione sono tutto. La grafica, la nostra per carità, molto migliorabile, la composizione del materiale, ma soprattutto la distribuzione ai concerti tiene in ballo quel lato umano che si sta perdendo. E io, come penso immaginerai, ai concerti ne vendo pochissime e quasi tutte ad amici e conoscenti, tutte le altre girano grazie alle varie spedizioni e ultimamente grazie a questa forse stravagante idea, almeno per le punkzine italiane, dell’abbonamento (e tu sei un nostro abbonato, grazie eheh). E questo da una parte mi piace, dall’altra son stufo di spendere, o far spendere, più di spese postali che non di altro, eppure ai concerti la gente pare non essere poi molto interessata alla carta, quasi come se ci fossero 2 realtà, quella dei concerti e quella delle vendite/smazzamenti, anche se devo dire che il non trovare facilmente distribuzioni sparse per l’Italia pronte a distribuire la fanzine in maniera ripetitiva con i successivi numeri è una grossa pecca, una nostra pecca, purtroppo pochi qui in Italia possono permettersi una distribuzione nazionale, noi non possiamo. Poi a volte mi sembra che l’avvento di internet abbia fatto perdere il reale valore delle distro ai concerti, ossia questa era multimediale ha portato a vedere tutto su internet, facendo perdere quel fattore umano, il voler visionare, anche senza avere nessuna intenzione di fare acquisti, le distribuzioni in giro e la zine quindi viene colpita da questa nuova caratteristica, difatti spesso le persone che me la prendono han letto di essa su web e sanno già di che si tratta. Detto ciò, ritornando al punto iniziale, ossia quanta passione e quanta determinazione ci vogliono? Guarda, passione molta, perché senza non si va avanti, alcuni gruppi se la tirano e spesso non hanno tempo da dedicarti, o non ti rispondono neanche, poi magari in futuro gli coproduci l’album e scopri che sono super disponibili ovviamente, gli articoli vengono letti, appresi e dimenticati il giorno stesso a volte e la gente interessata non è moltissima, però la fanzine è nata perché io volevo farla e volevo promuovere quello che amavo e se lo promuovo ad una persona o a 200 (come nel nostro caso, per lo meno in vendite facciamo 200 copie a numero) o a 3000 le cose non cambiano molto. Quindi la passione è indispensabile, ma ancor di più è la determinazione che a parer mio manca a troppa gente. Quante zine nascono? Quante arrivano a realizzare una decina di numeri? Pochissimi, la gente forse non comprende che la longevità di una fanzinaro è tutto, può risultare interessante leggere i vari punti di vista di un nuovo fanzinaro di qui, uno di lì, ma lo vuoi mettere a confronto ad uno che regolarmente esce con 2-3 uscite all’anno e con costanza diventa l’amico, in questo caso torinese, che ripetutamente ti racconta, secondo il suo modestissimo parare, gli album migliori, ti fa le interviste più pungenti, gli articoli più critici del movimento e in maniera più consumistica ti parla e ti elenca tutto il materiale che distribuisce e produce, nonostante l’evidente passivo delle sue finanze. Ecco perché credo che la determinazione e la longevità, vadano a pari passo con la passione, anzi forse hanno quel fattore in più. Ora io per esempio sono qui, con un nono numero pronto ed un decimo che uscirà a gennaio. Ecco, vedendo il panorama italiano una persona che è arrivata al decimo numero, che ha intervistato più di 60 gruppi, che ha fatto più di 200 recensioni potrebbe essere erroneamente considerato uno che è già ben avviato, abituato a fanzinari che dopo pochi numeri mollano già. Ecco, io mi considero agli inizi e questo dovrebbe far riflettere. In definitiva, tanta passione e con una determinazione nei propri mezzi e nel proprio credo da riuscire a realizzare un progetto con una longevità che dia credibilità al lavoro, questo per me vuol dire fare una punkzine nel 2007, ossia nell’era dell’ADSL.



3- Anche la cosiddetta scena sembra decisamente mutata. Personalmente trovo che ci sia una minore coesione e un maggiore egoismo, dovuti in particolar modo alla possibilità di saltare i rapporti umani e quindi di non dover seguire delle regole di correttezza per far girare la propria musica. Avendo seguito lo sviluppo della scena musicale dagli anni ottanta ad oggi, mi è sembrato che ad una "democratizzazione" degli strumenti per registrare e diffondere la propria musica, si sia contrapposta un'esplosione nociva di band e di musicisti che spesso non vanno oltre al mero fattore musicale, dimentichi di ogni aspetto che vada oltre il proprio orticello personale.
Possiamo dire che alla fine il raggiungimento di uno degli obbiettivi del punk e dell'hardcore (ovvero la possibilità per tutti di fare musica in maniera libera e autoprodotta) abbia portato anche allo svuotarsi di valore di questo movimento?
In un articolo sulla zine di qualche numero fa, non ricordo quale, dicevo in maniera provocatoria, ma neanche troppo “Fuori i musicisti dal Punk”. Qualcuno l’ha capita e qualcuno l’ha pure condivisa, soprattutto ragazzi tipicamente poco critici, meno radicali diciamo. Il messaggio, non per forza politico, il modo di porsi, il famoso spirito, che evidentemente continua in pochi di noi è rimasto in minoranza in questo ambiente. Son sommerso di richieste di band, recensioni, interviste, date, produzioni, pubblicità, news, sono pieno di sta robaccia. Tutte band che poi vedi solo ai loro concerti e quando tu dopo anni magari osi addirittura chiedergli qualcosa, hanno anche il coraggio di dire “Perno chi?”. Il lato umano della situazione si sta sgretolando, sembra che la gente che vive nell’undergroud stia prendendo le cose peggiori dalla musica business. L’egoismo regna, ma anche l’inganno, quel fingersi “amico” e quel tentativo, insomma, ci siamo capiti, meglio non dilungarsi troppo. Io ho sempre visto la scena come un’isola lontano dal marcio di questa società, e ho trovato che lo stesso marcio era qui, ovviamente in versione ridotta, ma certi atteggiamenti, certi comportamenti mai avrei pensato di vederli in questo ambiente. Ora se tu togli la partecipazione, quel vivere la scena, che non vuol dire suonare in una band, se elimini una correttezza e una trasparenza, per non farti nemici o per crearti un personaggio non riscontrabile nella realtà, se tu metti la tua band davanti a tutto, ma proprio a tutto e sei pronto a danneggiare amicizie, progetti e di conseguenza danneggiare un movimento che ormai non c’è, se tu sei disposto a tutto ciò credo che col punk-hardcore tu non devi centrarci per nulla, anche se purtroppo la realtà è ben diversa. Dopotutto se la scena non è come prima, anzi spesso già definirla tale può esser visto come un inganno e anche causato dalle guerre tra poveri, dall’arroganza di alcuni, dalla falsità di altri, soprattutto dalla mancanza di persone che vivono la scena e che danno un buon esempio, sia per modo di porsi, di relazionarsi, sia per il modo di fare e rifare. Tanta autocritica, per concludere, io rispetto molte persone dell’ambiente, e in linea teorica mi sento anche vicino a loro, ma in pratica sono persone che vivono una scena in maniera diversa e non mi nascondo nel dire che non condivido il loro agire. Fuori i musicisti dal Punk? Per come la vedo io sarebbe bello, sarebbe una rivoluzione, ma per il momento già mi basta smascherare alcune persone per quello che sono, il che non vuol dire sparlare di qua e di là, vuol dire semplicemente che l’età per le favole l’ho passata da un po’ ormai, inutile crederci ancora.



4- L'autoproduzione, appunto, oggi sembra un semplice mezzo per farsi conoscere in attesa che una qualche label si accorga della band e le proponga un bel contratto, mentre nasce in realtà come scelta ben precisa per svincolarsi dalle logiche di mercato e dal controllo delle varie label (più o meno major). Ha ancora senso parlare di autoproduzione ai nostri giorni e, se si, in che termini?
Il fatto è che l’autoproduzione non è una loro scelta, o per lo meno non lo è nella grande maggioranza dei gruppi. Loro non fanno una scelta attitudinale, loro si adeguano. Ossia, o ci autoproduciamo l’album oppure le nostre canzoncine non le possiamo far sentire. E’ un’esigenza normale, il fatto è che fa più figo nasconderla come “una scelta attitudinale”. Non a caso quei pochissimi gruppi italiani e quegli appetibili gruppi stranieri che hanno la possibilità di passare su Major, o grandi etichette, che spesso funzionano allo stesso modo, lo fanno senza problemi e le eccezioni sono sempre più rare. Le prime volte ci rimanevo male, ho detto: loro, una band da sempre contro questa filosofia del business alla prima offerta economica rilevante hanno abbassato il capo e riempito il portafogli?!? E sia chiaro, non ho niente contro chi fa queste scelte, non le condivido, ma per carità è la loro vita, non sono uno che urla ai quattro venti slogan discutibili come “DIY or die”, non capisco solo questo loro finto atteggiamento nei primi anni di carriera, loro sicuramente la definiscono con quel termine. Io da questo modo di fare mi sento tradito e inculato. Detto ciò, sono sicuro che in molti ci credono ancora, il fatto è che come dico sempre “contano i fatti, a parole tutti eroi siamo” e quindi non so quante band per cui sto versando sangue, soldi e impegno, sarebbero coerenti con quello che direttamente o indirettamente hanno professato fino adesso. In fin dei conti è l’unica strada con cui iniziare, io credo nella storia di questa strada, tanti altri non vedono l’ora di trovare un incrocio per svoltare.


5- La Cospirazione DIY rappresenta una delle esperienze più stimolanti e più in linea con la filosofia della vecchia scuola, l'idea di una cordata di label e realtà che decidono di unirsi per aiutare gruppi validi a far uscire i propri lavori in un'ottica di autoproduzione al di fuori delle normali realtà di mercato. Al tempo stesso però vedo insito un pericolo crescente, ovvero la possibilità che anche questa pratica perda di valore nel momento stesso in cui le band la vedano come via veloce per trovare finanziamenti e le label si facciano prendere dalla voglia di apparire sul numero maggiore possibile di uscite. Al contempo, non vorrei che alla volontà di dare voce alle realtà meritevoli e in linea con la filosofia DIY, si sostituisse una sorta di trend per cui fa fico uscire per la Cospirazione e quindi venisse ad essere vista come una sorta di myspace della scena hc. Come evitare questi rischi secondo voi?
Concordo con te che sia una delle esperienze più interessanti, più vive e stimolanti dell’attuale panorama hardcore italiano. E’ proprio per questo, visto che avevo già una distribuzione di cd e zine, che nel 2005 mi sono buttato anch’io. E amaramente devo dire che ho trovato situazioni anche poco carine, ma a parte questo ho incontrato delle ottime persone che pian piano mi stanno trasmettendo il vero spirito, quello spirito che non è ancora morto. Devo dire che noto comunque grandi differenze in Label DiY legate ad una band a quelle svincolate da tutto, come la mia CasaPerno. Anche perché se ci sono persone da ammirare, ci sono anche altre che mettono su una Label DIY semplicemente per aiutare, in modo poco corretto a mio modo di vedere, la propria band, robe tipo “io ti coproduco l’album, ma tu in cambio mi DEVI organizzare delle date” e cose del genere non credo dovrebbero esistere, insomma, anche qui bisogna stare attenti con chi si interloquisce. Per non parlare di quelle label un po’ più scorrette, che il cd “con prezzo imposto non sopra i 7 euri” magari viene venduto a 10 perché è l’ultimo disponibile, etichette che non scambiano, ma vendono al limite a prezzo di distribuzione, label che prima dicono “sì vi aiutiamo” e poi all’ultimo scompaiono e diventano irreperibili, ma solo per te ovviamente, perché con tutti gli altri ci parlano. Poi comunque la potenza della cospirazione ovviamente è forte, si sa, uniti si fa tutto e di più e soprattutto con un minore sforzo personale. E’ anche vero che la cospirazione si è ingrandita e da altri che lo fanno con quotidianità, si sono aggiunti altri che a volte paiono si trovino qui per caso, forse per aiutare un amico o forse solo perché dopotutto “non si deve fare granchè, devi dare solo 50, 100 euri, o così magari pensano, senza dare poi un reale sostegno in seguito alla band, quasi come se tu non sei un coproduttore, ma semplicemente un ragazzo con una distribuzione che ha preso dei cd, io la vedo in maniera diversa”. Per evitare appunto questi rischi a mio avviso bisogna realizzare coproduzione più mirate, fatte a chi se lo merita realmente (anche se devo dire che è difficile dire di no ad amici), anche perché, come accennavo prima le Label Diy che oltre ai pochi spiccioli danno un vero sostegno alle band non sono poi così tante. Per il fattore trend, noto anch’io che una volta faceva più figo dire “album autoprodotto”, mentre ora fa più figo dire “sono uscito per la cospirazione DIY”, ma faccio scegliere agli altri cosa possa essere più figo, a me non importa. Io la cospirazione DIY la definirei cosi: Passione, Attitudine, Umiltà, Cooperazione e tanta Selezione, o per lo meno io la vedo così.

6- Tornando alle differenze tra 'zine cartacee e online, credo che un fattore fondamentale oggi sia la mutata concezione del tempo di deperibilità medio di un disco. Mi spiego meglio, riprendendo in mano alcuni vecchi numeri di riviste e 'zine metal e hardcore degli anni ottanta mi ha colpito come di fronte ad un irrisorio numero di lavori recensiti, risultasse decisamente alta la percentuale di lavori che hanno saputo vincere la prova del tempo andando ad occupare un ruolo importante nella storia delle rispettive scene di appartenenza. Al contrario, oggi i dischi sembrano avere una vita media decisamente più breve e quindi diventa fondamentale vederli recensiti e presentati sui media in tempi brevi, quasi si temesse che la loro possibilità di colpire il bersaglio fosse collegata ad una tempestiva copertura mediatica. Credete che ciò sia vero e che in qualche modo influenzi l'esistenza stessa delle 'zine cartacee?
Bingo! Questa promozione accanita del giorno dopo l’uscita dell’album è terrificante e fa riflettere. E’ incredibile come, a soli pochi giorni, o al limite settimane, le label o i gruppi stessi sono lì a chiedere aggiornamenti su quando verrà “pubblicata” l’eventuale loro recensione, sembra quasi una gara a chi riesce a farsela pubblicare per prima, inondando di e-mail, di solleciti e cose del genere, questo riguardo al web. Ancor più incredibile è il commento dei ragazzi quando dicono “solo ora pubblicano questa recensione? E’ dell’anno scorso..”, come al solito piano piano stiamo arrivando al paradosso. Su carta per fortuna tutto ciò è diverso. Come appunto dicevi tu, ora sono davvero pochi i gruppi che entusiasmano e i cd che sulla distanza rimangono valorizzati dagli ascoltatori. La grossa differenza tra online e carta è principalmente, a mio avviso, non tanto la velocità (che c’è eccome, sia chiaro), ma lo spazio. E questo lo si può vedere come un limite o come un pregio. Un limite perché comunque puoi recensire meno materiale e le righe a tua disposizione non sono illimitate. Ma questo fattore evidente che ti ho appena detto io lo vedo in maniera diversa, lo vedo come un pregio. In 5-6 mesi, ossia il tempo medio di uscita di CasaPerno&Zora zine, si raccoglie molto materiale e lo si riascolta, riascolta e riascolta ancora. La recensione non viene fatta dopo pochi ascolti, ma è una cosa più studiata, la recensione va più sull’ascolto sulla distanza e non sul primo impatto e la parte più importante è che su 50, 80 o quanti album avremo comprato, ricevuto, trovato, soltanto una piccolissima parte verranno pubblicati su carta, avviene perciò una naturale pubblicazione selettiva, non basata dal pressing di un’etichetta o del gruppo, ma stabilita solamente dal proprio gusto e dal proprio effetto che un album ha fatto in quel più vario arco di tempo. Inutile prenderci troppo in giro, sul web la selezione raramente avviene, se un cd non ti piace provi a passarlo ad uno o più collaboratori, su una zine si è in pochi, una, due persone (come nel nostro caso), il tutto è più personale, diretto, confidenziale ed in questo ci trovo più lo spirito di una piccola zine punk-hardcore, questo ovviamente è un mio parere opinabile.

7- Anche la partecipazione ai concerti e ai festival sta vivendo un periodo poco esaltante. Molte persone con cui parlo si lamentano che ai concerti c'è sempre meno gente e che spesso manca anche il supporto di coloro che nella scena si dichiarano attivi e che dovrebbero essere i primi a dare il proprio appoggio a chi si sbatte. Personalmente poi, mi da l'idea che anche l'atteggiamento di chi assiste sia cambiato: si va ad una serata hardcore per vedere il gruppo preferito o il gruppo di amici e poi si lasciano le altre band a suonare di fronte ai loro amici/fan, con la conseguenza assurda che spesso chi viene da fuori suona di fronte ad una sala vuota. Credo che lo spirito dell'hardcore ricoprisse in origine una portata decisamente differente, in cui l'aspetto di coinvolgimento a livello umano segnava una decisa differenza con l'atmosfera che si poteva riscontrare ad una serata metal o rock in generale. Ancora una volta è solo frutto dell'effetto nostalgia?
Guarda, io mi faccio almeno 3 concerti tutte le settimane e questa situazione la vedo e mi intristisce parecchio. Qui a Torino, posto ovviamente dove siamo abituati da tempo ad avere molti concerti, la situazione è piuttosto desolante, il troppo forse è anche una delle cause di questo calo di interesse. Troppi concerti tutti uguali, con band tutte uguali che esprimono concetti tutti uguali come se stessero leggendo un copione, come se fosse tutto recitato, perdendo spesso quel fattore naturalezza che io ho sempre accostato alla musica hardcore.
La cosa più incredibile è che proprio i ragazzi che sono i primi a lamentarsi “che non c’è niente” sono i primi a non venire, trovando scusanti quali “la bassa importanza delle band presenti”. Come del resto sono quasi sempre assenti anche i gruppi “che criticano la mancanza di posti dove suonare”. Senza considerare, come sempre giustamente dicevi tu, che “si viene solo per i concerti degli amici” e qui a Torino sembra che le band ultimamente incomincino ad essere antipatiche, visto che non portano neanche troppe persone. Poi certo, per i grandi gruppi italiani o stranieri, la gente si muove, anche in massa, ma se qui si parla di piccole realtà locali o italiane, non ci siamo proprio, si sa che purtroppo i ragazzi preferiscono sentire un ridicolo “Fuck The System” o un “If The Kids Are United” cantato da una band che coerentemente col proprio anthem ha cacciato un certo Pursey.. e continuano a chiamarsi Sham69! Sta di fatto che parlando coi ragazzi mi sento dire “sono sempre gli Sham69”. Ecco, questo esempio fa ben capire dove è arrivato il punk, siamo passati dall’ascoltare opinioni, storie e modi di vivere, all’ascoltare slogan basati soltanto sulla fantasia. Poi bisogna anche dire che ci sono troppe band che non esprimono nulla, troppi cloni su cloni e soprattutto band che attitudinalmente o musicalmente non sono all’altezza delle aspettative, ma il fatto è che non vedo nei ragazzi una “non presenza ai concerti” in risposta critica ai valori delle band, ma vedo un “totale disinteresse” per il nuovo e un grande interesse per quei gruppi che hanno fatto la storia. Poi però facendo un discorso più critico dovrei dire che se almeno le band cittadine dessero il buon esempio e fossero sempre (o quasi) presenti agli eventi punk-hardcore della propria città forse, anzi sicuramente le cose sarebbero diverse. Ma che vuoi farci? Io continuo a stare sempre lì e vedo che tante persone brave a parole invece di venire ai concerti vanno a bere nei pub, a fumare nei giardini o vanno alla ricerca della figa nei locali o non so dove vanno e a dire il vero non mi interessa neanche. Io ho trovato il mio posto, ad ognuno il suo.







8- Cosa resta a questo punto dell'originale spirito hardcore nel secondo millennio? Possiamo dire che la salvezza sta nelle pieghe di una scena realmente underground e slegata dai grossi trend/circuiti di distribuzione? Vale ancora la pena lottare per diffondere una filosofia che accomuna sempre meno persone, almeno nella sua forma più vera? (Ovviamente la mia è una domanda retorica, visto che continuo a battermi per darle voce nelle sue innumerevoli e spesso distanti forme di r-esistenza)
Finchè ovviamente una persona, o per esempio in questo caso noi due, ci crede è d’obbligo, è giusto continuare a lottare per la diffusione di una sottocultura underground come il punk. Ancor di più, visto che lo spirito va pian piano morendo, visto che troppa gente si inflitra in scene che non gli appartengono per cultura o modo di pensare, proprio perché c’è gente che usa e getta questa musica, proprio nel momento in cui sempre più persone provano indifferenza per questo mondo, proprio quando sempre meno gente continua a crederci, io sono più motivato nello sbattermi. Un mio amico tempo fa mi ha insegnato una cosa, “credere in se stessi e portare avanti le proprie idee, i propri progetti, fregandosene che gli altri non la pensino come te, che gli altri non ci credano quanto te, che la gente non la viva come vorresti te, ossia loro non sono te” e allora? Esiste ancora in alcune persone lo spirito DIY, che non si limita nel realizzare un’autoproduzione, ma che si concretizza in una rete nazionale, se non maggiore, di scambio di cultura, idee e anche materiale autoprodotto ovviamente perché è nel conoscere, nello scambiare, nell’apprendere e nella condivisione che io vedo il vero spirito punk-hardcore. Poi bisogna dire che di amici vecchi e di nuovi se ne incontrano sempre in vari contesti, soprattutto nei concerti, che sicuramente sono diventati fin troppi e con meno partecipazione ed interesse, ma noi siamo sempre qui. Dopotutto noi amiamo questa musica, questo stile di vita ed è normale che proviamo, ognuno coi suoi mezzi, a diffonderla. E sai perché? Perché non siamo persone “egoiste”. Le cose belle, anche se non purissime, devono essere condivise in modo tale che diventino ancora più belle.

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