Guido Picelli era essenzialmente un antifascista, un uomo di azione e di passione che lasciò il segno, al punto da far scrivere di sè: «Con buona pace di Giuseppe Verdi, è stato l'unico parmigiano (e forse anche l'unico italiano) ad essersi meritato ben tre funerali di Stato. Uno più oceanico dell'altro» Gazzetta di Parma 5 gennaio 2010.
Creare l’unione di tutte le forze divise e disperse, sulla base di
un accordo, che miri ad un solo obiettivo e per quel fine a tutti
comune: Libertà e la difesa della vita. (Picelli)
Picelli nasce a Parma il 9 ottobre del 1889 in una famiglia umile, come tante. Comincia quindi giovanissimo ad apprendere un mestiere, quello dell'orologiaio, che abbandona a 17 anni per seguire una compagnia di attori girovaghi. In seguito, l'opposizione al fascismo e l'impegno politico militante occuperanno la sua esistenza ma l'amore per il teatro non verrà mai meno.
Giovanissimo si iscrive al Partito socialista italiano e con l'entrata dell'Italia nella Grande Guerra, da convinto neutralista, si arruola volontario nella Croce rossa, ma viene ugualmente spostato in fanteria come sottotenente di complemento. L'esperienza del fronte, che gli varrà una medaglia di bronzo al valore, sarà determinante per l'acquisizione di quelle doti organizzative e militari che si paleseranno durante le Barricate antifasciste del 1922.
La prima guerra mondiale è per Guido la scintilla che infiamma il suo impegno politico e, dal primo dopoguerra, diviene promotore e protagonista nella sua Parma di una sezione della Lega proletaria, si adopera per l'assistenza agli ex combattenti e alle loro famiglie e, nel 1920, viene arrestato quale membro delle Guardie Rosse per aver sabotato la partenza di granatieri verso l'Albania. Nel '21 c'è la sua candidatura di protesta al Parlamento nelle file socialiste. Alle elezioni politiche ottiene più di 20.000 preferenze e la partecipazione festosa della città alla sua inevitabile scarcerazione.
Picelli è dunque lontano dall'immagine del politico 'teorico', la sua militanza è pratica, a contatto con il popolo, ed è per queste caratteristiche che in quegli anni è schedato dalla polizia come 'socialista rivoluzionario', con simpatie comuniste, partito a cui si avvicinerà da indipendente, la sua domanda di iscrizione è respinta per differenze di visione sul come rispondere al fascismo. Fondatore degli Arditi del popolo a Parma, Picelli è infatti a favore di una risposta armata allo squadrismo.
Noi siamo una forza; Una forza terribile che deve ancora entrare in azione. Il nemico lo sa
e ci teme, ma occorre organizzarla e disciplinarla. Occorre l'unità d' azione. (Picelli)
Organizza gli Arditi assieme all'anarchico Antonio Cieri, e innalza le famose Barricate di Parma nell'agosto 1922, per respingere l'invasione della città da parte dei fascisti. 350 arditi, affiancati e sostenuti dalla popolazione, compresi alcuni religiosi per tacito assenso del vescovo di Parma, riescono a mettere in fuga migliaia di camicie nere comandate prima da Roberto Farinacci, poi sostituito da Italo Balbo per volontà dello stesso Mussolini, il quale teme la sconfitta.
Una delle grandi intuizioni umane, prima che politiche, di Picelli fu quella di creare un fronte unico antifascista con anarchici, comunisti, popolari, repubblicani e socialisti.
Anche dopo quell'episodio di resistenza vittoriosa, ma purtroppo isolata, Guido Picelli continua la sua opposizione al fascismo. In occasione del 1 maggio del 1924 ad esempio, poco prima dell'omicidio Matteotti, dell'Aventino e della definitiva instaurazione del regime, per protestare contro l'abolizione per decreto della Festa dei lavoratori, issa sul palazzo di Montecitorio la bandiera rossa.
Sono numerosi gli aneddoti con protagonista Picelli che ancora si raccontano nella sua città, e in tutti si sottolineano le sue doti umane, il carisma, la sua oratoria e il suo stile di vita, semplice, che ne fecero un personaggio popolare e amato. Tanti sono anche gli aneddoti che lo vedono sbeffeggiare il fascismo, favorito sicuramente anche dall'immunità parlamentare di cui godeva negli anni dell'arditismo, e grazie alla quale le carcerazioni erano di breve durata. Ma Picelli era sempre in prima linea e pagava di persona, come dimostrano i vari arresti e i diversi tentativi di attentati nei suoi confronti.
Dall'instaurazione della dittatura Picelli non rallenta la sua attività. Convinto della necessità di contrastare il fascismo, crea e mantiene i collegamenti tra gli oppositori politici nelle varie città italiane, per costruire una rete resistenziale. Quando nel '26 il neo regime avvia la caccia agli oppositori, Picelli viene fatto arrestare e inviato al confino per 5 anni, prima a Lampedusa poi a Lipari.
Oggi la situazione non si risolve con le riunioni e coi congressi,
ma solamente con l'Unità, con la mobilitazione e l'inquadramento delle
nostre forze, con l' azione diretta. (Picelli)
Scontata la pena, nel '32 espatria in Francia da cui viene espulso per la sua propaganda antifascista e i suoi animati comizi. Inizia così una peregrinazione che lo porterà prima in Belgio e poi in Urss.
In Russia è incaricato di insegnare strategie e tecniche militari alla scuola per i rivoluzionari di tutto il mondo, tiene i contatti tra gli esuli italiani e collabora a varie riviste politiche. In questo periodo scrive anche tre lavori teatrali. Inevitabile è tuttavia il suo non allineamento allo stalinismo, viene infatti interrogato dalla polizia segreta e perde il lavoro. Picelli è ormai controllato e inevitabile pare il suo prossimo invio in un gulag Nel 1936 riesce tuttavia a lasciare l'Urss per Parigi, dove entra in contatto con i comunisti spagnoli del Poum (partito operaio di unificazione marxista) e dove decide di partire per la Spagna. Il Poum, assieme agli anarchici, verrà preso di mira nei giorni della guerra civile spagnola dagli stalinisti, determinando una lotta intestina alle forze antifranchiste che, spaccando di fatto il fronte unico, favorirà la vittoria del golpe e l'assassinio di molti antisovietici.
I contatti di Picelli con il Poum sicuramente mettono in moto piani e intrighi di cui forse in parte si rende conto, preferisce così aderire come volontario alle brigate internazionali, e assume il comando del IX° battaglione che arriverà a contare 500 miliziani. Tante sono le battaglie vittoriose, ma una gli costerà la vita.
Guido Picelli muore il 5 gennaio 1937, a 47 anni,sul fronte di Siguenza, colpito da un proiettile. La notizia si diffonde rapidamente e dove passa la salma, Madrid, Valencia e Barcellona, si organizzano dei funerali di Stato che si trasformano in immense manifestazioni antifasciste.
Durante la Resistenza in Italia il nome di Picelli diviene un simbolo per tanti partigiani. A Parma viene formato il Battaglione Picelli suddiviso in due formazioni di cui una al comando di Dante Castellucci 'Facio' – la cui vicenda meriterebbe uno spazio maggiore - . In Friuli viene formata la divisione Picelli-Tagliamento e la 157ª Brigata Garibaldi a lui intitolata.
Oggi, a ricordare Guido restano vie, piazze e libri in tutta Italia, ma il vero monumento fu la scritta che celebrò la vittoria delle barricate e che comparve sull'argine del fiume cittadino anni dopo: "Balbo hai passato l'Atlantico ma non hai passato la Parma”. (1)
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