martedì 12 gennaio 2016

Rifondazione dice addio a Falce Martello

Quindici. Sono le scissioni ufficiali avvenute in Rifondazione Comunista, l'ultima è avvenuta nei giorni scorsi. Qui sotto il documento (non integrale) di Sinistra Classe Rivoluzione

Il documento di Sinistra Classe Rivoluzione (1)
La caratteristica più evidente della situazione italiana è l’assenza di una forza politica, di un partito che sia un riferimento credibile per i lavoratori e gli sfruttati.  Allo stato comatoso della sinistra politica si accompagna inoltre la profonda crisi di strategia della Cgil, incapace di opporsi all’offensiva di Renzi e di Confindustria. Non ritorneremo qui sulle ragioni vicine e lontane di questo stato di cose. Basti registrare che oggi la parola “sinistra”, compresa quella che si definisce “comunista”, è agli occhi di milioni di persone associata con l’immagine di piccoli congreghe ossessivamente dedite alla scalata di piccoli spazi elettorali, lontane da qualsiasi seria pratica di lotta, incapaci di esprimere una analisi credibile della crisi del capitalismo e tantomeno un programma capace di indicare la via d’uscita. Che questa immagine appaia ingenerosa verso quei tanti compagni e compagne che continuano a prodigarsi in mille forme di militanza e di lotta contro questo sistema (fra questi, e certo non per ultimi, i militanti di Rifondazione comunista), non fa altro che sottolineare le colpe imperdonabili dei gruppi dirigenti.
In principio fu la Sinistra Arcobaleno. Poi la Federazione della sinistra. Poi Rivoluzione civile. Poi l’Altra Europa (e in mezzo a queste altre esperienze già dimenticate quali Alba, Cambiare si può, ecc.). Ognuna di queste operazioni di trasformismo politico è finita in lacrime, al di là dell’avere raccolto pochi o pochissimi voti. E ogni volta, puntualmente, il gruppo dirigente del Prc ha riproposto la stessa identica ricetta. [...]
Un partito di massa dei lavoratori nascerà in Italia solo sull’onda di grandi movimenti dei lavoratori stessi e degli altri settori oppressi da questo sistema economico. Questa è la lezione della storia e anche dell’esperienza recente di altri paesi europei. Un movimento di massa non nasce per desiderio di qualcuno e neppure solo perché sarebbe astrattamente necessario. Le condizioni della sua maturazione sono in gran parte oggettive e certamente fuori dalla portata delle attuali forze della sinistra in Italia. [...] Un movimento di massa non può essere suscitato a piacere, ma si può e si deve facilitarne lo sviluppo e soprattutto lavorare per garantire le condizioni di una sua vittoria. [...] Sono necessari militanti non screditati dalle sconfitte passate, liberi dal cinismo e dalla disillusione che oggi caratterizzano la gran parte della militanza della sinistra. Ma soprattutto militanti animati da una fiducia profonda, ragionata e incrollabile nella capacità della classe lavoratrice di cambiare il mondo, una volta che sia organizzata e consapevole dei propri compiti. [...] Il Prc ha dimostrato di non avere le forze per risalire una corrente avversa e, al contrario, se ne è fatto trascinare. C’è stato un forte crollo organizzativo, nel numero di iscritti, nella presenza militante, nel radicamento nella società e in particolare nelle fabbriche e nei luoghi di lavoro, così come fra i giovani. Ma il crollo più grave è stato quello politico. L’esperienza di questi anni (almeno gli ultimi sette) dimostra al di là di ogni ragionevole dubbio che tutto il gruppo dirigente nazionale e la gran parte di quelli locali così come dei militanti di base ha assunto la prospettiva di liquidazione del proprio stesso partito.

L’ultima tappa di una marcia tanto lunga quanto poco gloriosa è l’avventura di Sinistra Italiana. Riassumiamo brevemente. Il Prc decide di aderire a un appello (“Noi ci siamo”) con un voto a maggioranza nel Comitato politico nazionale del 7-8 novembre. Tale appello implica l’adesione del partito a un ennesimo “nuovo soggetto” della sinistra italiana. Su tale proposta si procede a una consultazione della base. Nelle stesse ore nelle quali venivano prese queste decisioni, il “nuovo soggetto” si materializzava con la sigla di Sinistra Italiana, che riunisce Sel e parte dei fuoriusciti dal Pd (Fassina, D’Attorre, ecc.). Passano pochi giorni e costoro, forti della visibilità conferitagli dal gruppo parlamentare, dettano le loro condizioni: il nuovo partito è fatto, chi vuole sciolga la propria formazione e vi aderisca.
Seguono lettere, comunicati, appelli, polemiche, lamenti e ingiurie, e intanto il Prc continua a “consultare” i propri militanti su una proposta che non esiste più. Ebbene, nonostante tutto questo, neppure un sussulto di reazione viene a galla e la proposta del Cpn viene approvata, stando ai dati ufficiali, da oltre il 70 per cento dei circa 5mila compagni che votano.

Ferrero giura e spergiura che il Prc non si scioglie “né oggi né domani”, ecc. Ma ciò che conta non sono le intenzioni e le dichiarazioni, bensì la logica inesorabile delle scelte compiute. Si può infatti non partecipare a una assemblea, non sottoscrivere un appello o fare una polemica sui social network. Ma quando arriveranno le elezioni politiche (e anche le amministrative), Rifondazione avrà solo la scelta tra non esserci (ovvero improvvisare una lista e prendere se va bene l’1 per cento) o supplicare in ginocchio qualche candidatura nelle liste di Sinistra Italiana. Se per qualche motivo Ferrero non vorrà farlo, lo farà qualcun altro al posto suo.
Oggi la “sinistra” è quindi Sinistra Italiana, è il Prc non potrà che esserne forza di complemento. [...]
Una forza politica non si costruisce solo col dibattito, devono condurre un lavoro sistematico e coordinato per radicarsi nel movimento operaio e fra i giovani. Nessuno di questi due compiti oggi è assolto dal Prc in quanto tale, né il partito è più una sede nella quale sia possibile porre questa esigenza.
Un partito che rinuncia al proprio ruolo, che si concepisce solo come parte inevitabilmente subalterna di altre tendenze politiche, perde il motivo di esistere. Può forse durare come apparato, come struttura organizzativa, ma come forza politica è condannato. [...]
Si interrompe qui, quindi, la nostra militanza nel Partito della Rifondazione comunista, al quale non rinnoveremo l’adesione per il 2016.





Quale rafforzamento, quale rilancio?
Negli stessi giorni in cui il PRC approvava il documento per "rilanciare il processo di costruzione del soggetto unitario della sinistra e rafforzare il partito" (2) un altro pezzo del partito (8% nell'ultimo congresso) abbandonava definitivamente. Un primato, quello delle scissioni, che anno dopo anno, viene rafforzato. A tutte queste vanno aggiunte quelle non ufficiali, da destra e da sinistra. Ma soprattutto quelle invisibili, ossia i tanti, troppi compagni che abbandonano silenziosamente e individualmente un partito che negli ultimi dieci anni ha perso quasi il 90% dei suoi iscritti e tutta la sua forza propulsiva. Una deriva che sembra non avere fine.

Andrea 'Perno' Salutari

6 commenti:

  1. Scusate compagni, ma non ho compreso bene. Falce e Martello lascia il PRC ma per andare dove? Tentare di presentarsi autonomamente alle prossime elezioni (ennesimo partitino dello 0,...)? Aderirà alla SI? Cerecherà di aggregare i vari partitini che continuano a a denominarsi "comunisti"? Rimarrà fuori dalle competizioni elettorali e si limterà, per il momento, solo all'azione sul territorio nell'intento di un maggiore radicamento nella classe operaia? La mia non è una domanda polemica ma solo per capire. Anche io nel 2015 sono stato iscritto al PRC, per il 2016 devo ancora decidere se rinnovare l'iscrizione.

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    1. Romeo, escludo che aderiscano a Sinistra italiana o che agiscano in maniera autonoma come nuovo partito. Ipotizzo che sposteranno la loro azione politica nel mondo del lavoro, in particolar modo nella CGIL e nella FIOM.
      Ho pubblicato il loro comunicato semplicemente come spunto di riflessione.

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  2. "Ma quando arriveranno le elezioni politiche (e anche le amministrative), Rifondazione avrà solo la scelta tra non esserci (ovvero improvvisare una lista e prendere se va bene l’1 per cento) o supplicare in ginocchio qualche candidatura nelle liste di Sinistra Italiana. Se per qualche motivo Ferrero non vorrà farlo, lo farà qualcun altro al posto suo."
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    Processo alle intenzioni, spero che chi ha scritto questo si dimetterà da ogni carica in Sinistra Classe Rivoluzione quando si vedrà chiaramente che Rifondazione non ha nulla a che fare con l'operazione di Sel.

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    1. Le elezioni amministrative e i candidati sindaci nelle principali città stanno già evidenziando queste "intenzioni". Sostenere liste civiche con candidati sindaci di Sinistra Italiana, da Torino a Roma ad esempio.
      Non hanno certo scoperto l'acqua calda.

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    2. A Roma??? L'unico caso è Torino, a Bologna scelgono tra due candidati di cui una di Rifondazione. A Napoli De Magistris.

      Vediamo di essere più corretti...

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    3. Bologna e Napoli non le avevano neanche citate.
      A Roma (se non ci saranno novità) il candidato è Fassina, a Napoli c'è De Magistris, ma la lista è proprio come a Torino: "Napoli in Comune" con egemonia di Sinistra Italiana.
      In nessuna città Rifondazione Comunista fa liste sue, ma sostiene sempre candidati altrui in liste civiche (anche a Bologna) dove non compare nè la parola comunista, nè la parola sinistra. Quindi la critica di Falce&Martello è già confermata ancora prima di nascere, visto che Sinistra Italiana nascerà a dicembre.
      Capisco che la cosa può dar fastidio, ma la realtà è questa.

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