lunedì 30 maggio 2011

Intervista ai Razzapparte

 Intervista tratta da CasaPerno&Zora #4 (2006)

1- Quando e perché diventasti skinhead? Cosa significava per te anni fa e cosa significa adesso?
Quando ho iniziato a rasarmi ascoltavo già della musica skinhead (reggae, oi!...) ed ero attirato sia dallo stile che dalla storia di questa sottocultura per non parlare dei valori che il culto skinhead porta con sé sin dagli albori: quanto di buono abbiamo ereditato dai mods (“vivere puliti in circostanze difficili”), il sapere divertirsi, lo spirito di gruppo, l'essere autentici, lo stare per strada (anche se credo di sapere qualcosa in più sullo stare nei bar! eheheh) ed altre cose, come ad esempio il senso di appartenenza che magari oggi vivo in maniera differente ma che sono ancora una parte importante della mia vita.
2- Dicono che l’abito non fa il monaco, ma secondo alcuni fa lo skinhead. Quanto è importante per voi lo stile? Esso è veramente indispensabile?
Skinhead è una sottocultura e lo stile ne è una parte fondamentale. Nessuno dice che esista solo questo o che bisogni consultare “Spirit Of 69” ogni volta che ci si veste per uscire ma non posso fare altro che provare rabbia quando vedo gente che non dimostra il minimo rispetto per se stessa e si definisce “skinhead”. L'idea alla base del nostro stile è quella di avere un aspetto duro e pulito (“dress hard, dress smart”) che esteriorizzi con coscienza e orgoglio la propria appartenenza sociale; uno può benissimo non ritrovarcisi e magari sentirsi affascinato da altri aspetti della sottocultura ma questo non lo rende certo uno skinhead! Io stesso da qualche anno in qua seguo meno alla lettera i “dettami” dell'abbigliamento skin, credo che sia una cosa naturale, so chi sono e il fatto che non sembro venir fuori da un romanzo di Richard Allen non fa venir meno il mio senso di identità. Per inciso la maggior parte delle persone che frequento non sono né skin né punk, so cosa voglio dai miei amici e non sarà certo il fatto che non hanno un armadio pieno di Ben Sherman a condizionarmi.
3- Quali sono stati i principali ostacoli che hai saltato in questi 10 anni?
Visto che parli di “10 anni” credo che la domanda riguardi i Razzapparte anche se ormai sono undici anni che siamo attivi come band. Boh, non saprei dire, forse la nostra collocazione geografica non ci ha aiutato molto e negli ultimi anni c'è stato il fatto di non avere una scena locale che ci sostenesse anche se ultimamente nuovi ragazzi si sono avvicinati alla musica punk e skin e questo non può che farci piacere e darci nuova energia.
4- Cosa pensi dei movimenti quali Sharp e Rash? Credi che possano aiutare o che siano soltanto un modo per etichettare i ragazzi e dividerli ancora di più?
Questo è un discorso complesso e non vorrei correre il rischio di essere frainteso. Noi non discriminiamo nessuno ad eccezione dei boneheads, questo perché non sono skins ma soltanto fanatici razzisti vestiti – ed anche male! – da skinheads. Allo stesso modo non vogliamo avere nulla a che fare con chi se la fa con questa feccia: se le idee e le azioni infami dei nazisti non ti infastidiscono, beh, forse non sei meglio di loro. Detto questo non credo che in un mondo perfetto “SHARP” o “RASH” verrebbero considerate delle etichette e questo vale in special modo per il termine “SHARP” che non è nato per descrivere “un tipo di skinhead” ma per unire skins dalle idee differenti contro gli usurpatori white power. Fare riferimento alla “SHARP” o alla “RASH” significa partire dalla constatazione giusta o sbagliata che sia, che si dovrebbe fare qualcosa di più come skinheads... Non si tratta quindi di essere “un RASH” o “uno SHARP” ma di combattere come skin per qualcosa che va oltre la propria appartenenza stilistica. Noi ci siamo sempre sentiti più vicini alla SHARP anche se questa, almeno come organizzazione, in Italia non esiste più da un pezzo. Crediamo che ogni skin dovrebbe combattere chi cerca di strumentalizzare la sua musica e il suo stile in nome di una folle politica razzista!
Il fatto che molti si dicano “redskins”, “apolitici” e via dicendo non ci crea alcun problema e non dovrebbe farlo per nessuno, almeno fino a quando non ci si riconosce esclusivamente in un filone della cultura skin dimostrando disprezzo per il resto. Apparteniamo a uno stile glorioso, vecchio di quarant'anni e ricco di sfaccettature, perché appiattire il tutto alimentando una visione a compartimenti stagni della nostra storia e delle diverse realtà skinhead??
5- Pensate che la politica debba restare fuori dalla musica?
Crediamo che sia assurdo e persino castrante suonare cosiddetta “musica di protesta” senza lasciar trasparire le proprie idee, politiche o sociali che siano. Abbiamo sempre avuto un approccio “morbido” in tal senso preferendo evitare certi slogan e cercando di avvicinare anche ragazzi che non hanno le nostre stesse idee, questo non per reclutarli (non siamo una band che fa propaganda) ma perché crediamo che non sia necessario essere comunisti o anarchici per essere persone in gamba.
Affrontiamo anche tematiche politiche ma questo non ci rende una band militante, siamo distanti anni luce da quel tipo di approccio, anche se alcune di quelle bands ci piacciono, un esempio per tutti i Brigada Flores Magon che producono ottima musica e dimostrano di non avere interesse solo per l'aspetto politico della faccenda. Avete mai letto il testo di “Rock or Die”?
6- L’autoproduzione (soprattutto all’inizio) quanto è una scelta e quanto una esigenza?
Bella domanda! Onestamente credo che in molti casi sia più un'esigenza ma d'altra parte sono convinto che le produzioni indipendenti siano il canale migliore per certi tipi di musica, questo con tutti i limiti che vi possono essere soprattutto dal punto di vista distributivo. Al di là di tutto, penso che sia il sogno di tutti vedere il proprio materiale stampato da etichette come Step-1 o Captain Oi!, si tratta di “grosse indie” non compromesse che pubblicano musica di qualità e sanno come distribuirla, ma si tratta appunto di un sogno per la maggior parte delle bands, compresa la nostra.
7- Come dovrebbe essere il vostro pubblico preferito?
Beh, essendo una skunk band ci piace avere attorno molti punks e skins ma ci piace anche l'idea originale dell'oi! per cui la nostra è la musica delle classi lavoratrici e non di pochi intimi. In alcune città è possibile vedere anche mods ed hardcore kids ai concerti oi! e questo non può che farci piacere! “Subculture kids” a parte, vorremmo vedere un pubblico più assortito ai concerti oi! e ci sembra che da questo punto di vista la situazione sia migliorata negli ultimi anni, almeno dalle nostre parti... Merito dei kids o di MTV?!
8- Ora che esistono molte ottime webzines, secondo te ha ancora importanza creare delle fanzines?
Non so dove vediate “molte ottime webzines”, mi passate gli indirizzi? Eheheh... A parte gli scherzi le fanzines ci piacciono ed hanno sempre il loro fascino anche se non so quante di quelle in circolazione lasceranno un segno... A me piaceva molto “Pinhead Generation”, anche dal punto di vista grafico. So che è difficile chiedere a un fanzinaro dei nostri giorni di tornare alle forbici e alla colla ma magari evitare le sterili impaginazioni fatte con Word aiuterebbe.
9- Come è nato il progetto della COTD? Lo sai che grazie a te gli Stab sono ritornati sui palchi , hai in mente di fare altre miracolose riesumazioni? Stai lavorando a qualche produzione?
City Of The Dead è nata innanzitutto per fare uscire il nostro CD “Servi o Ribelli”. Avevo già avuto un'etichetta, la “Resta Rude Recs.”, ma era un'esperienza chiusa e non pensavo che avrei ricominciato. Alcuni mesi dopo, invece, visto che conoscevo Romano già da tempo e che ho sempre avuto 'sta fissa di ristampare il materiale degli Stab mi sono deciso a chiederglielo e loro hanno accettato!
Appena uscito il CD gli Stab hanno fatto un concerto tra amici al Vecchio Son di Bologna e poi la presentazione vera e propria insieme a noi al 4-Fun di Rimini. Devono averci preso gusto visto che hanno deciso di continuare! Dopo di loro c'è stata la ristampa su CD di “1982” dei Rappresaglia e poi la compilazione “We Don't Like You!”; mentre scrivo sto aspettando dalla fabbrica “Uonna Club” dei Klaxon, un gran bell'album contenente lo stupendo EP “The Kids Today” insieme ad altri pezzi rari o addirittura inediti. Mi piace lavorare a ristampe e raccolte, ricercare il vecchio materiale, le recensioni, i flyers... e infatti i prossimi CD conterranno due rare demo di puro e autentico skinhead oi!, aspettate e vedrete. Tornando agli Stab uscirà presto il loro EP “Johnny Too Bad”, un tributo punk-rock alla reggae music in coproduzione tra COTD ed altre etichette.
10- A chi sputeresti in faccia se ne avessi l’occasione?
Sicuramente a Ian Stuart, ma credo che di profanazione di tombe se ne intendano più i suoi amichetti in nero che non noi.
11- La tua band è una prova reale che skins e punks possono convivere bene insieme, è stato così fino dall’inizio? Ci sono mai stati screzi o incomprensioni tra di voi?
Sì, ma non certo per le nostre appartenenze stilistiche! Io e Puccio siamo skinhead, Stefanino è un punk, Fiore uno straight edge mentre Emanuele pur ascoltando anche la nostra musica non fa riferimento ad alcuna sottocultura. Crediamo che siano più importanti le cose che uniscono che quelle che dividono, non ci piace ragionare in termini di “punk” o “skin”.
12- Da piccolo avresti mai pensato di diventare un cantante di una oi! band? Cosa volevi diventare da piccolo?
Volevo diventare capitano dell'Enterprise, sapevo di essere più bello e soprattutto più simpatico di Kirk, per non parlare di Picard, ma vabbè, la vita a volte è ingiusta.
13- ”Soffro lo stress, soffro lo stress, sono stanco ed ho il fiatone”, dice una tua canzone….era una semplice presa in giro o anche una band come la tua è minacciata dallo stress?
Beh, pur avendo subito qualche modifica quella canzone è in realtà dei Velvet, ci sembrava sufficientemente autoironica e si prestava a farne una versione punk-rock, inoltre alcuni componenti dei Velvet vengono dalla scena punk quindi non credo che sarebbero dispiaciuti dalla nostra cover.
14- Affrontiamo il lato privato: quali sono i tuoi interessi oltre la musica?
Beh, come Perno sa bene sono un grande appassionato di Star Trek anche se il fatto che la maggior parte dei fans sia composta da persone grasse e con la fissa dei giochi di ruolo mi mette un po' a disagio. Cinematograficamente parlando mi piacciono molto il cinema trash e i vecchi film dell'orrore... Sapete, sono pur sempre uno skinhead ed è quindi normale che sia un po' limitato dal punto vista culturale! Ahahah! Poi mi piace studiare la storia della Tuscia, la mia terra, e della mia città in particolare, i dialetti e la poesia locale, inoltre mi interesso di IT e di grafica, ma in definitiva la maggior parte del mio tempo libero viene assorbita dalla musica, reggae e punk-rock in particolare.
15- Sei un bravo cuoco o non ti riesce neanche di fare un semplice tea? E quando siete in tour come vi arrangiate?
Con il tè, come per il caffè, sono un maestro, per il resto sto superando lentamente la soglia della sopravvivenza (datemi tempo, sono un po' lento nell'apprendimento!), il vero cuoco tra noi è Emanuele, lui sì che è bravo a cucinare. L'unico vero tour che abbiamo fatto è stato con una band straniera, un autentico incubo ma non certo per il cibo!
16- Che lavoro fate per campare (alla faccia della privacy, domanda con risposta opzionale)?
Stefanino operaio, io normalmente operaio anche se al momento sono senza contratto (grazie ancora sig. Biagi, te possino crepà! ops, troppo tardi!), Fiore e Puccio lavorano all'università, Emanuele fa l'imbrojapopolo e gli riesce pure bene.
17- Come è nato il nome Razzapparte? Cosa significa? Chi è questa Razza a parte?
“Razza a parte” è stata una delle nostre prime canzoni, è un'espressione che fa riferimento a persone fuori dalla norma e sembra che ci calzi alla perfezione! All'inizio ci chiamavamo Slag! ma in seguito abbiamo adottato il nome “Razzapparte” proprio per via di quel pezzo.



18- Il vostro cd “Servi e Ribelli” mi ha colpito molto per la grande accuratezza del booklet, oltre per la bellezza delle song, il prossimo album sarà un degno successore? Ci puoi anticipare qualcosa?
Grazie per i complimenti!! Il prossimo album sarà meno influenzato dall'hardcore e più vicino alle sonorità oi! tradizionali, anche se con forti iniezioni hard-rock; avrà inoltre un suono più omogeneo rispetto a “Servi o Ribelli” che era stato registrato in due sessioni differenti nell'arco di due anni.
Stiamo lavorando alla stesura finale dei pezzi proprio in queste settimane, speriamo di poter entrare in studio al più presto. L'album conterrà anche una cover e i rifacimenti di alcuni pezzi registrati dalle vecchie line-up che a nostro parere avrebbero meritato una produzione migliore.
19- Com’è la situazione “nel posto dove vivi”? Ci sono band e kids che si sbattono? Ci vuoi segnalare qualcuno?
Qua non c'è una vera scena ma ci sono vari ragazzi interessati alla musica di strada. Oltre a noi sono attivi i Tear Me Down e le Punkonote, un gruppo punk-rock il cui chitarrista Angelo è diventato praticamente il sesto Razzapparte visto che è sempre pronto a salvarci quando uno dei nostri per qualche ragione non può suonare! Poi c'è il settimo Razzapparte, Alessio, ci segue ovunque anche se credo che sia più interessato al lato alcolico della storia!
20- Come è nato il nome della COTD? Ti sei affacciato al balcone di casa con i Clash sullo stereo o c’è dell’altro?
La prima che hai detto! I Clash sono la mia band preferita e quando mi affaccio al balcone vedo sì una città che amo... ma si tratta pur sempre di una “città dei morti”! Viterbo ha avuto una storia importante e per certi versi gloriosa ma nell'alto medioevo è piombata nel torpore in cui si trova tuttora. E' pur sempre una bella città, la mia città, e non mi piace chi se ne lamenta senza fare niente per cambiarla!
21- Quali band vi hanno maggiormente ispirato e quali vi sono entrate dirette al cuore?
Credo che qua la risposta cambi di persona in persona e che le bands siano un po' troppe da elencare... I generi che più ci influenzano sono l'oi!, il punk-rock, il NYHC, in piccola parte il reggae e lo ska ma se parli di bands e preferenze personali la risposta si fa veramente troppo lunga!
22- Delle band attuali del panorama nazionale chi apprezzate di più?
Escludendo i gruppi storici direi Youngang, Banda del Rione, Five Boots (se solo fossero un po' più attivi!), Prisoners, Uguaglianza e Brigata ParcoFlorida, ma ci sono anche nuove oi! bands come Mob, Chaoskins e Razzatrista... Per quanto riguarda reggae e ska ci sono gli Shots In The Dark di Roma; esistono altri gruppi che suonano bene la musica giamaicana ma credo che la maggior parte di loro non abbia molto a che fare con la nostra scena.
23- Ora che il Maurizio Costanzo Show non viene più trasmesso su canale 5, come farete? Siete tristi? Volete andare in altre trasmissioni?
Ridurre lo show di quel maiale piduista ad una misera striscia mattutina è stata la nostra più grande vittoria! Pensa che ci aveva invitati alla sua trasmissione per ripicca (come ormai tutti sanno Puccio ha avuto una breve ma intensa storia con la De Filippi) ma come si è visto non gli è convenuto! Il nostro prossimo obiettivo è la chiusura di Buona Domenica: è già pronto un commando pronto ad occupare in diretta gli studi di Canale 5 e a rapire Roberta Capua e Debora Caprioglio, ovviamente non a scopo di estorsione.
24- Mi è piaciuta molto la canzone “Dietro le sbarre”, com’è nato il testo? Come mai avete deciso di scriverlo?
“Dietro le sbarre” è apparsa originariamente come traccia nascosta nel nostro EP “Gente Senza Poesia” e poi nella compilazione “Viterbo HardCore”, in seguito abbiamo deciso di riarrangiarla e registrarla di nuovo per includerla in “Servi o Ribelli”. La versione più recente è stata inclusa anche in un CD benefit che dovrebbe uscire a giorni. Il testo si basa sull'idea che una società non possa essere libera se richiede l'esistenza di un'istituzione atroce come il carcere per mantenere una sorta di pax sociale... Sono la minaccia costante della privazione della libertà e l'esercizio della violenza di stato a “tenere buone” le persone e non certo il senso di responsabilità che si suppone esista in una società in cui vengano soddisfatti i bisogni dei suoi appartenenti. Se poi vedi la composizione di classe della popolazione carceraria non credo che ci voglia molto a capire che le cose non stanno come ci vogliono far credere, che c'è qualcosa che non va.
25- Manda un saluto, un grido, un insulto, un ringraziamento, un complimento…..tutto quello che vuoi pur di chiudere questa intervista
Un saluto a tutti i ragazzi che ci hanno sostenuto in questi anni e a chi non ci ha voltato mai le spalle. Un ringraziamento a Perno e a Zora per essersi interessati a noi e per le domande stimolanti!
Poi invitiamo tutti i kids a venirci a vedere dal vivo se passiamo dalle loro parti... Potete tenervi informati sulla nostra attività visitando www.RAZZAPPARTE.net e www.COTD.it dove trovate anche il nostro materiale (CD, spille, t-shirts). Un abbraccio e a presto, KEEP THE FAITH!!...

Line-up: Flavio – voce; Stefanino e Fiore – chitarre; Puccio – basso; Emanuele – batteria.
www.razzapparte.net, info@razzapparte.net

Andrea 'Perno' Salutari
Ferrari Pamela



Razzapparte - Razza a parte

Razza a parte! Oi! Oi! Oi! Spikehead, skinhead!
Noi siamo una razza a parte, ci volete sempre così
Ubriachi nelle strade mentre decidete per noi
Noi siamo uno splendore che voi gettate via
Rinchiusi nelle scuole e nella periferia
Razza a parte! Oi! Oi! Oi! Spikehead, skinhead!
Tira su le bretelle e allaccia gli scarponi
Sei bollato come fascio dalla stampa e televisione
Noi siamo uno splendore fatto d'orgoglio ed onore
Noi siamo una razza a parte, voi create confusione
Razza a parte! Oi! Oi! Oi! Spikehead, skinhead!
Noi siamo figli di questo paese
Che non si nutrono di mode e discoteche
Noi siamo una razza a parte, ci volete sempre così
Crocifissi nelle strade di quartieri abbandonati
Razza a parte! Oi! Oi! Oi! Spikehead, skinhead!

martedì 24 maggio 2011

Intervista ai Tennentz Colombo

Intervista ad una delle miglior street punk band del panorama italiana del nuovo millennio. Già pubblicata su punkadeka.it e su CasaPerno&Zora #10 (2007)

1- In ambito nazionale come vedete la scena oi!. Si discute sempre del basso valore delle giovani band, le quali non riescono a trovare quel mix di credibilità, longevità, ma soprattutto non trovano uno stile personale (voi ci siete riuscite a mio parere). Insomma, è del tutto vero che spesso l’oi! italiano è solo un “trito e ritrito”?
Sinceramente la scena oi! italiana a volte piu’ che messa male a livello musicale mi pare messa male a livello umano, faide da cortile e invidie varie mi lasciano perplesso, il proliferare di internet ha di fatto reso possibile lo sviluppo incontrollato di “infamate” anonime che il piu’ delle volte la gente completamente priva di spirito critico prende per oro colato, se ci pensi è un vero peccato, anche perché pur considerando pura utopia l’”if the kids are united” di quasi 30 anni fa mi piacerebbe vedere una scena meno frammentata…. Musicalmente secondo me non siamo messi cosi’ male, le band rispetto un tempo sono moltiplicate e chiaramente la qualità ne ha risentito ma gente come Youngang non ha niente da invidiare a nessuno. Se penso invece a band nuove, mi vengono in mente gli Automatica Aggregazione, ci abbiamo suonato insieme e pur non conoscendoli mi han fatto un’ottima impressione.

2- Partiamo subito col vostro nuovo album, già recensito da noi. (davvero ben fatto). Siete passati da un’autoproduzione ad Anfibio Records e sul booklet sono comparsi i testi e le traduzioni in inglese, questo perché l’album girerà molto all’estero? Il lavoro vi ha soddisfatto?
Intanto ringrazio di cuore il buon Cristian che ci ha supportato e sta dando un’ottima distribuzione al disco, non sappiamo bene cosa abbiamo fatto per meritarci la sua considerazione ma ne siamo ben lieti.La presenza dei testi in inglese va inquadrata in quest’ottica, sapevamo che lui ci avrebbe fornito dei contatti per date all’estero pertanto abbiamo optato per questa cosa.Personalmente il lavoro mi soddisfa, certo alcune canzoni piacciono meno ma nel complesso mi piace.Fondamentalmente penso che se fosse stato di un altro gruppo mi sarebbe piaciuto e questa e’ una piccola vittoria!

3– L’album è dedicato a Pier, essendo io molto distante dall’universo ultrà non ne so nulla, anche se posso immaginare, ce ne vuoi parlare?
Ti dico semplicemente che il dedicare il cd a Pier è stato un atto che ci è venuto spontaneamente ma che allo stesso abbiamo sentito di dover fare verso una persona davvero speciale, un esempio da seguire per noi che ci è stato tolto troppo presto.

4– E rimanendo in tema, cosa ne pensate della bufera calciopoli e della nuove norme di sicurezza?
Ormai il calcio ricorda troppo da vicino la politica, troppi soldi hanno creato un enorme circolo vizioso, le fondamenta su cui poggia sono completamente permeate di una forma gravissima di clientelismo, secondo me calciopoli non ha sorpreso nessuno e solo qualche illuso può pensare che il marcio sia stato totalmente cacciato dal calcio buttando fuori Moggi. Ben inteso che io sono contentissimo che la triade sia stata tolta dalle palle.

5– Nei testi del vostro ultimo album prevale un gran senso di disagio verso la società. Quasi un senso di schiavitù ed impotenza. E’ davvero così che vi sentite?
Il disagio che provo è dettato dal fatto che a volte mi rendo conto che la mia vita non è realmente nelle mie mani, non so se ti capita mai, ma a me sembra che certe cose mi accadano senza che effettivamente le decida io ma mi vengano imposte dalla società, certo questa sensazione non è permanente e non è che mi faccia pensare al suicidio ogni tre minuti, però a volte emerge e mi angoscia non poco.

6– Tra le mie preferite c’è “Sogni di Ribellione”. Ascoltando parecchio oi!, posso dire di essere divertito dalla situazione. Sembra che ogni gruppo sia pronto a distruggere il mondo intero, ma l’illusione non dura tanto. E’ stato duro scrivere quel pezzo e proporlo nei live? Vuoi spiegare il testo ai nostri lettori?
Mi fa piacere che SDR sia una tra le tue preferite, quando l’ho scritta ho riflettuto sulla condizione mia e di tanti altri ragazzi che pur contestando questa società ad un certo punto capiscono che volenti o nolenti a qualche compromesso devono scendere, la contestualizzazione che ne fai devo dire calza a pennello. Se sia stata dura presentarla nei live? Diciamo di sì, ma piu’ che altro perché nessuno la cagava e per noi era un gran pezzo!

7– La canzone “In Fuga” credo possa appartenere a tutti i giovani ragazzi della nostra età, ma non credete che più si fugga da una cosa e più questa ci venga incontro senza lasciarci via di scampo?
Cazzo!Domandona! Però dissento dalla tua visione, a dire il vero nei testi mi ritrovo ad essere piu’ pessimista che nella realta’. “In Fuga” e’ molto pessimista, il non riuscire a fuggire da quello che ti opprime emerge in maniera chiara, ma ora come ora ti direi che uno può cambiare il proprio status o che almeno bisogna lottare.

8– Nella scena le cose non stanno girando per il meglio e questo credo un po’ ovunque. Nella vostra piccola Martellago, che aria si respira sempre se di aria buona ce ne sia ancora.
Martellago e’ un buco, non c’e’ nessuna scena, la media della cultura musicale e’ bassa, Martellago e tutta la zona da cui veniamo e’ anche la causa per cui abbiamo cominciato a suonare relativamente tardi, qui le novita’ musicali e comunque i tipi di musica “non omologata” arrivano dopo (se arrivano), pertanto ogni qualvolta qualcuno mi chiede qualcosa sulla scena nel paese da cui veniamo la prima reazione e’ un sorriso, quindi in sostanza qui da noi aria da respirare, buona o cattiva, non ce n’e’ mai stata.


9– Negli ultimi anni le vendite di cd o comunque del materiale sonoro è calato. Questo anche a causa della diffusione libera e gratuita (per fortuna) degli mp3. Non credete che per molti l’mp3 si sia trasformato da un mezzo di diffusione ad un fine? Dico questo perché sento molti ragazzi che non vogliono pagare una cosa che possono avere gratis.
Non mi pongo il problema, io ho sempre visto la musica come un divertimento, se la gente vuole comprare il cd ben venga, se dopo aver scaricato il cd vengono al concerto, va bene comunque, se penso a ragazzini che scaricano il nostro cd perché ne hanno sentito parlar bene non posso che essere felice, a noi è sempre bastato rientrare delle spese e anche se purtroppo non sempre ce la facciamo questa è la nostra filosofia.
Il punto è che poca gente a questo mondo se può aver la stessa cosa gratis o pagando, sceglie la seconda strada solo per supportare la scena, io amo particolarmente i booklet pertanto tendo a comprare originale ma non sono nella posizione migliore per criticare chi fa un’altra scelta.

10– La tecnologia ci ha ormai resi suoi schiavi. Non credete che ormai siamo arrivati a un punto di non ritorno? Quale sarà il prezzo che pagheremo per tutto? Non ci sta soffocando?
Non sono la persona piu’ indicata, la tecnologia personalmente non mi sta soffocando, internet a casa non ce l’ho, ho provato a creare un mio myspace ma non sono stato in grado, il cellulare il piu’ delle volte ha la batteria scarica o non c’ha soldi, preferisco ancora leggere un libro o un giornale pertanto per il momento non sono ancora accerchiato.

11– Ritornando all’ambiente oi!, negli ultimi anni le reunion stanno prendendo un po‘ il sopravvento. Quasi solo a questi eventi si possono vedere centinaia di ragazzi tutti insieme sotto un palco. Vi siete mai posti il problema, la nostra è “solo una scena di ricordi?”
Le reunion effettivamente sono tante, solitamente sono condite da performance live improponibili, ma io ne approfitto esclusivamente per farmi bei giri con gli amici e grandi bevute.Angelic a Genova senza Mensi, concerto ignobile loro (Youngang e Reazione invece grandiosi!) ma grande serata! Sham a Brescia senza Pursey, concerto dimenticabile ma altra grande giornata con tanti amici.
Scena di ricordi? E’inutile negare che con molta probabilità bands come quelle dei primi anni ottanta non ne avremo piu’ ma non sottoscriverei il fatto che sia una scena solo di ricordi.

12– Di recente ho visto l’esibizione live degli Sham 69 senza Pursey alla voce ed è stata molto deludente. (va beh che a me non erano piaciuti neanche con Pursey anni fa). Ma quale tipo di credibilità può avere la loro If The Kids Are United ora che il leader della band è stato cacciato?
If the kids are united? Ma, diciamo basterebbe If the kids non si rompono il cazzo a vicenda per stronzate e si starebbe già un gran bene! Mi pare un adattamento niente male!




13– Restando in tema ve li immaginate i Klasse Kriminale senza Marco e i Los Fastidios senza Enrico? Cosa pensate di queste due band, che nel bene e nel male stanno rappresentando la musica street punk italiana all’estero. E di conseguenza un vostro parere sulle loro etichetta, Havin&Laugh e Kob.
Ma partiamo dalla fine, dalle etichette, la Havin&laugh pur avendo delle uscite a dir poco “non molto frequenti” ci ha regalato delle chicche non da poco, lo split KK-Oppressed, l’ultimo con i Gonads ma soprattutto la compilation Stay Punk che aveva dei pezzi fantastici e nomi veramente altisonanti, poi non mi sembra abbia prodotto altre bands (ma non vorrei dire delle cagate!!!!) pertanto poche uscite ma molto di qualità .La KOB invece ha avuto uscite numerosissime da non riuscire a starci dietro, i primi cd di oi! nostrano che ho comprato erano praticamente tutti KOB, i primi Los, lo split los/FFD, Electric caravans dei KK, i Reazione e anche il punk dei Derozer. Che dire grandi CD per un’etichetta che sicuramente negli anni non si è risparmiata.Chiaramente non tutte le uscite mi sono piaciute e negli anni qualche caduta di stile secondo me c’e’ stata ma solo chi non fa un cazzo non sbaglia mai. Per quanto riguarda le bands non me le immagino senza i rispettivi leader, anche se dopo le reunion dei Doors senza Jim Morrison, dei Dead Kennedys senza Jello Biafra chi può sorprendersi piu’ di un cazzo? Le ultime uscite dei gruppi non mi sono piaciute, per i Los sono rimasto a Siempre Contra che tranne un paio di pezzi secondo me non valeva i precedenti, ma i Los già con Guardo Avanti hanno cambiato genere di netto, pertanto con tutto il rispetto per il passato ora come ora preferisco ascoltare altro. Per i KK il discorso è un attimino diverso, il cd di un paio d’anni fa non mi ha convinto, proprio a livello di pezzi, aspetto comunque l’ultimo che dovrebbe uscire a breve, speriamo bene!

14– Siamo alla fine, cosa vi augurate per il futuro? Concerti, concerti e sempre più gente interessata alla musica di strada?
Mi auguro di suonare in giro fino a quando ne avremo voglia, di riuscire a mantenere una totale non curanza verso i cliché prestabiliti, di riuscire a fare pezzi nuovi sempre piu’ validi.

15- Siamo arrivati veramente alla conclusione di questa intervista, questo è uno spazio tutto per voi, fatene quel che volete.
Salutiamo tutti i ragazzi che ci hanno supportato ai concerti (potrei citarli tutti nome per nome da quanti sono), e chi ci ha fato suonare in giro e te Perno, per l’intervista, ma in generale tutti quelli che credono che oltre Moccia esista qualcosa.



Tennentz colombo - Sogni di ribellione

Sogni di ribellione ti sei trovato a pensarci a come speravi di essere contro questa società. Sogno di ribellione ci speravi di riuscirci a non farti contagiare da questa società. C'hai sperato, c'hai provato ma adesso brucia di più essere inserito in un bel gioco più grande di te.
Sogni di ribellione di quando a 20anni vivevi da randagio sempre contro le autorità.
Essere inquadrato tutto leccato tutto lustrato essere inquadrato in questa società
Sogni di ribellione per un ragazzo come tu e me sogni di ribellione sogni di ribellione. Essere inquadrato tutto leccato tutto lustrato essere inquadrato in questa società

Salutari "perno" Andrea
Ferrari Pamela

sabato 14 maggio 2011

Vittorio Arrigoni: un vincitore

Guerriglia alla prigionia dell'Informazione. Contro la corruzione dell'industria mediatica, il bigottismo dei ceti medi, l'imperdonabile assopimento della coscienza civile. La brama di Verità prima di ogni anelito, l'abrasiva denuncia, verso la dissoluzione di ogni soluzione precostituita, L'infanticidio di ogni certezza indotta. La polvere nera della coercizione entro le narici di una crisi di rigetto. L'abbuffata di un pasto nudo, crudo amaro quanto basta per non poter esser digerito.
Guerrila Radio - Il blog di Vittorio Arrigoni 





Così come i palestinesi traggono nuova linfa di rivincita da ogni sconfitta, nuovo rigore e sostanza dal sangue dei loro morti, del mio sangue sono disposto a sporcare le coscienze dei miei possibili aguzzini, sinché il sangue non sarà il rosso della loro vergogna sinché il sangue non sarà il semaforo rosso alla loro violenza sinché il sangue non sarà il colore del tramonto della malattia dell’odio.

Queste parole sono di Vittorio Arrigoni, le ho scelte con cognizione, con quella consapevolezza che solo il dolore ti trasmette, poche parole come pietre che aprono la seguente nota frutto della collaborazione tra questa pagina e il gruppo "Restiamo umani". L'intento è di far circolare il più possibile la verità sulla figura di Arrigoni, spazzando via gli echi verbali dei meschini servi del nulla, buoni solo a produrre materiali da discarica. Il testamento di un uomo così va salvato e gelosamente custodito perché questo sacrificio è patrimonio etico da trasmettere agli altri uomini e alle generazioni di domani. L'argomento può diventare certo enorme, ma so che chi ci leggerà sta, come ostentatamente stava Vittorio, dalla parte sbagliata, vuole far parte della famiglia umana come diceva lui, e dunque a nulla vale fornire ulteriori charimenti in merito alle bieche strumentalizzazioni che, su questo caso, sono state fatte e più si faranno nei giorni a venire. Quel suo dolente monito alle coscienze di chi non ha saputo restare umano parla e continuerà a parlare.


Quando inizia la famigerata operazione "Piombo fuso" Arrigoni fedele a sé stesso, alla sua coscienza, resta a Gaza, la situazione è estremamente pericolosa e lui è per forza di cose spaventato. Ha intorno a sè l'indicibile, lo testimonia, ma in Italia scarseggiano sostegno o protezione e, fatti salvi il Manifesto e Giulietto Chiesa, in molti lo reputano scomodo, la trasmissione ANNO ZERO non fa eccezione e non lo manda in onda. Dare voce a chi aveva come unica intenzione quella di documentare l'orrore di quella operazione di pulizia etnica sarebbe stata tappa obbligata per ogni vero giornalista, ma le ragioni dei forti, si sa, hanno sempre il dominio della scena e Vittorio scrive:
"Prendi dei gattini, dei teneri micetti e mettili dentro una scatola" mi dice Jamal, chirurgo dell’ospedale Al Shifa, il principale di Gaza, mentre un infermiere pone per terra dinnanzi a noi proprio un paio di scatoloni di cartone, coperti... di chiazze di sangue. "Sigilla la scatola, quindi con tutto il tuo peso e la tua forza saltaci sopra sino a quando senti scricchiolare gli ossicini, e l’ultimo miagolio soffocato." Fisso gli scatoloni attonito, il dottore continua "Cerca ora di immaginare cosa accadrebbe subito dopo la diffusione di una scena del genere, la reazione giustamente sdegnata dell’opinione pubblica mondiale, le denunce delle organizzazioni animaliste…" il dottore continua il suo racconto e io non riesco a spostare un attimo gli occhi da quelle scatole poggiate dinnanzi ai miei piedi. "Israele ha rinchiuso centinaia di civili in una scuola come in una scatola, decine di bambini, e poi l'ha schiacciata con tutto il peso delle sue bombe. E quale sono state le reazioni nel mondo? Quasi nulla. Tanto valeva nascere animali, piuttosto che palestinesi, saremmo stati più tutelati."

A questo punto il dottore si china verso una scatola, e me la scoperchia dinnanzi. Dentro ci sono contenuti gli arti mutilati, braccia e gambe, dal ginocchio in giù o interi femori, amputati ai feriti provenienti dalla scuola delle Nazioni Unite Al Fakhura di Jabalia, più di cinquanta finora le vittime. Fingo una telefonata urgente, mi congedo da Jamal, in realtà mi dirigo verso i servizi igienici, mi piego in due e vomito. (Vittorio Arrigoni, Gaza, 8 gennaio 2009) .



In quello stesso gennaio 2009 la dignità di Vittorio non cede nemmeno di fronte all' incredibile corso degli eventi che lo vede persino finire in prigione in Israele. Nell'isolamento a cui sembra condannato, è Giulietto Chiesa che pubblica in Italia il carteggio drammatico con Arrigoni e che scrive a Frattini per chiedere aiuto.

Caro Giulietto,
ti sono grato per l'inquietudine, equivalenza di un empatia rara in questi tempi, per essere rimasto umano.
Dici bene, la guerra non è terminata. Solo i morti ne hanno visto la fine, per i vivi non c'è tregua che tenga alla battaglia quotidiana per la sopravvivenza.
Le reiterate e costanti minacce di morte rivolte a me e ai miei compagni dell'International Solidarity Movement se non destassero reale preoccupazione, le avremmo considerate trofei. Evidentemente a chi olia gli ingranaggi della macchina della morte israeliana dà estremamente fastidio chi da questa parte si impegna così estenuamente per la pace e i diritti umani.
Il nostro non sarà un sacrificio invano se consentirà uno stato di allerta verso questo di lembo di terra martoriata e il suo milione e mezzo di abitanti. Una popolazione palestinese che non chiede altro se non di poter godere degli stessi diritti degli israeliani, dei diritti di qualsiasi altro popolo del pianeta.
Mi auguro che Frattini, da te sollecitato, distolga un attimo lo sguardo da Sderot e rivolgendolo verso di me si accorga dell'ammasso informe di macerie a cui è ridotta Gaza, e delle lunghe file di minuscole bare bianche contenenti le spoglia di centinaia di bimbi uccisi. Al ministro chiedo che venga concentrata maggiore attenzione e stima verso le migliaia di operatori umanitari distribuiti nei luoghi più caldi del pianeta, magari la stessa cura e ammirazione espressa dal governo ai soldati italiani ipotetici esportatori di democrazia in Afghanistan oggi come in Iraq ieri. Non esigiamo una medaglia, chiediamo solo più protezione.
Sulla mia schiena bruciano ancora i dieci punti di sutura necessari a ricucire una ferita riportata a settembre, in seguito ad un assalto dei marines israeliani. Ero semplicemente al largo del porto di Gaza con degli amici pescatori. A Novembre, sempre in acque palestinesi, soldati israeliani mi hanno sparato, rapito, quindi rinchiuso in una pidocchiosa prigione a venti chilometri da Tel Aviv. Dietro le sbarre, il consolato mi fece avere un paio di vestiti di ricambio. Ho ancora la ricevuta, un mese di tempo per ripagarli.
Sul mio ferimento e successivo rapimento, nulla, non un fiato dal suo governo, Ministro Frattini.
Alla Farnesina non si è mossa un foglia. Ora vogliono uccidermi, le assicuro che prestando i soccorsi sulle ambulanze in questo ultimo mese mi sono reso conto quanto siano essi puntigliosi e puntuali nel sopprimere vite umane. Con il consenso del suo presidente Berlusconi che non ha mancato più volte di tifare per le bombe. Lei lo sa che spesso fra macerie trovavamo i corpi ridotti in poltiglia? i frammenti di ossa più grandi potevano stare in un cucchiaino, lo riferisca al suo presidente.
Pensateci, magari la prossima volta che rigirate lo zucchero sorseggiando un caffè assieme.
Vogliono ucciderci, ministro Frattini, veda un po' lei se è il caso di trovare cinque minuti di tempo per me sulla sua agenda fitta di incontri diplomatici.

Giulietto, un abbraccio.
Restiamo umani.




Ogni uomo deve scegliersi la maniera di essere efficace al miglioramento del mondo, siamo certi di questo, ognuno di noi deve impegnarsi a non strisciare, a non servire, dobbiamo riuscire ad essere scomodi, a diffondere parole che esortino, c'è da fare quel che da molto tempo questo paese, come molti altri cittadini del mondo non fanno più, lottare per cancellare l'indifferenza.
E' bellissima questa figura di Vittorio, ci commuove perché risplende intensa come "un girasole impazzito di luce", ci trae dall'ombra in cui le nostre menti di norma vegetano spaventate dalla stupidità dilagante, ci fa vergognare di essere complici di una amoralità che non paga mai, che chiederà pegno di sè, l'ha già fatto ciclicamente e assai crudelmente.

Articolo preso dalla pagina "Dalla Parte Sbagliata" in Facebook




Io che non credo alla guerra, non voglio essere seppellito sotto nessuna bandiera. Semmai vorrei essere ricordato per i miei sogni. Dovessi un giorno morire – fra cent'anni – vorrei che sulla mia lapide fosse scritto quello che diceva Nelson Mandela: "Un vincitore è un sognatore che non ha mai smesso di sognare". Vittorio Arrigoni: un vincitore

lunedì 9 maggio 2011

Peppino Impastato, una vita contro la mafia


"Stamattina Peppino avrebbe dovuto tenere il comizio conclusivo della sua campagna elettorale.

Non ci sarà nessun comizio e non ci saranno più altre trasmissioni. Peppino non c'è più, è morto, si è suicidato. No, non sorprendetevi perché le cose sono andate veramente così. Lo dicono i carabinieri, il magistrato lo dice. Dice che hanno trovato un biglietto: "voglio abbandonare la politica e la vita".
Ecco questa sarebbe la prova del suicidio, la dimostrazione. E lui per abbandonare la politica e la vita che cosa fa: se ne va alla ferrovia, comincia a sbattersi la testa contro un sasso, comincia a sporcare di sangue tutto intorno, poi si fascia il corpo con il tritolo e salta in aria sui binari. Suicidio.

Come l'anarchico Pinelli che vola dalle finestre della questura di Milano oppure come l'editore Feltrinelli che salta in aria sui tralicci dell'Enel. Tutti suicidi. Questo leggerete domani sui giornali, questo vedrete alla televisione. Anzi non leggerete proprio niente, perché domani stampa e televisione si occuperanno di un caso molto importante. Il ritrovamento a Roma dell'onorevole Aldo Moro, ammazzato come un cane dalle brigate rosse. E questa è una notizia che naturalmente fa impallidire tutto il resto. Per cui chi se ne frega del piccolo siciliano di provincia, ma chi se ne fotte di questo Peppino Impastato. Adesso fate una cosa: spegnetela questa radio, voltatevi pure dall'altra parte, tanto si sa come vanno a finire queste cose, si sa che niente può cambiare. Voi avete dalla vostra la forza del buonsenso, quella che non aveva Peppino. Domani ci saranno i funerali. Voi non andateci, lasciamolo solo. E diciamolo una volta per tutte che noi siciliani la mafia la vogliamo. Ma non perché ci fa paura, perché ci dà sicurezza, perché ci identifica, perché ci piace. Noi siamo la mafia. E tu Peppino non sei stato altro che un povero illuso, tu sei stato un ingenuo, sei stato un nuddu miscato cu niente."

[Salvo Vitale] - [Discorso fatto alla Radio Aut la notte della morte di Peppino Impastato]

Peppino Impastato - La biografia

Nasce a Cinisi il 5 gennaio 1948 da Felicia Bartolotta e Luigi Impastato. La famiglia Impastato è bene inserita negli ambienti mafiosi locali: si noti che una sorella di Luigi ha sposato il capomafia Cesare Manzella, considerato uno dei boss che individuarono nei traffici di droga il nuovo terreno di accumulazione di denaro. Frequenta il Liceo Classico di Partinico ed appartiene a quegli anni il suo avvicinamento alla politica, particolarmente al PSIUP, formazione politica nata dopo l'ingresso del PSI nei governi di centro-sinistra. Assieme ad altri giovani fonda un giornale, "L'Idea socialista" che, dopo alcuni numeri, sarà sequestrato: di particolare interesse un servizio di Peppino sulla "Marcia della protesta e della pace" organizzata da Danilo Dolci nel marzo del 1967: il rapporto con Danilo, sia pure episodico, lascia un notevole segno nella formazione politica di Peppino. In una breve nota biografica Peppino scrive:

"Arrivai alla politica nel lontano novembre del '65, su basi puramente emozionali: a partire cioè da una mia esigenza di reagire ad una condizione familiare ormai divenuta insostenibile. Mio padre, capo del piccolo clan e membro di un clan più vasto, con connotati ideologici tipici di una civiltà tardo-contadina e preindustriale, aveva concentrato tutti i suoi sforzi, sin dalla mia nascita, nel tentativo di impormi le sue scelte e il suo codice comportamentale. E' riuscito soltanto a tagliarmi ogni canale di comunicazione affettiva e compromettere definitivamente ogni possibilità di espansione lineare della mia soggettività. Approdai al PSIUP con la rabbia e la disperazione di chi, al tempo stesso, vuole rompere tutto e cerca protezione. Creammo un forte nucleo giovanile, fondammo un giornale e un movimento d'opinione, finimmo in tribunale e su tutti i giornali. Lasciai il PSIUP due anni dopo, quando d'autorità fu sciolta la Federazione Giovanile. Erano i tempi della rivoluzione culturale e del "Che". Il '68 mi prese quasi alla sprovvista. Partecipai disordinatamente alle lotte studentesche e alle prime occupazioni. Poi l'adesione, ancora na volta su un piano più emozionale che politico, alle tesi di uno dei tanti gruppi marxisti-leninisti, la Lega. Le lotte di Punta Raisi e lo straordinario movimento di massa che si è riusciti a costruirvi attorno. E' stato anche un periodo, delle dispute sul partito e sulla concezione e costruzione del partito: un momento di straordinario e affascinante processo di approfondimento teorico. Alla fine di quell'anno l'adesione ad uno dei due tronconi, quello maggioritario, del PCD'I ml.- il bisogno di un minimo di struttura organizzativa alle spalle (bisogno di protezione ), è stato molto forte. Passavo, con continuità ininterrotta da fasi di cupa disperazione a momenti di autentica esaltazione e capacità creativa: la costruzione di un vastissimo movimento d'opinione a livello giovanile, il proliferare delle sedi di partito nella zona, le prime esperienze di lotta di quartiere, stavano lì a dimostrarlo. Ma io mi allontanavo sempre più dalla realtà, diventava sempre più difficile stabilire un rapporto lineare col mondo esterno, mi racchiudevo sempre più in me stesso. Mi caratterizzava sempre più una grande paura di tutto e di tutti e al tempo stesso una voglia quasi incontrollabile di aprirmi e costruire. Da un mese all'altro, da una settimana all'altra, diventava sempre più difficile riconoscermi. Per giorni e giorni non parlavo con nessuno, poi ritornavo a gioire, a riproporre: vivevo in uno stato di incontrollabile schizofrenia. E mi beccai i primi ammonimenti e la prima sospensione dal partito. Fui anche trasferito in un. altro posto a svolgere attività, ma non riuscii a resistere per più di una settimana: mi fu anche proposto di trasferirmi a Palermo, al Cantiere Navale: un pò di vicinanza con la Classe mi avrebbe giovato. Avevano ragione, ma rifiutai.

Mi trascinai in seguito, per qualche mese, in preda all'alcool, sino alla primavera del '72 ( assassinio di Feltrinelli e campagna per le elezioni politiche anticipate ). Aderii, con l'entusiasmo che mi ha sempre caratterizzato, alla proposta del gruppo del "Manifesto": sentivo il bisogno di garanzie istituzionali: mi beccai soltanto la cocente delusione della sconfitta elettorale. Furono mesi di delusione e disimpegno: mi trovavo, di fatto, fuori dalla politica. Autunno '72. Inizia la sua attività il Circolo Ottobre a Palermo, vi aderisco e do il mio contributo.Mi avvicino a "Lotta Continua" e al suo processo di revisione critica delle precedenti posizioni spontaneistiche, particolarmente in rapporto ai consigli: una problematico che mi aveva particolarmente affascinato nelle tesi del "Manifesto" Conosco Mauro Rostagno : è un episodio centrale nella mia vita degli ultimi anni. Aderisco a "Lotta Continua" nell'estate del '73, partecipo a quasi tutte le riunioni di scuola-quadri dell'organizzazione, stringo sempre più o rapporti con Rostagno: rappresenta per me un compagno che mi dà garanzie e sicurezza: comincio ad aprirmi alle sue posizioni libertarie, mi avvicino alla problematica renudista. Si riparte con l'iniziativa politica a Cinisi, si apre una sede e si dà luogo a quella meravigliosa, anche se molto parziale, esperienza di organizzazione degli edili. L'inverno è freddo, la mia disperazione è tiepida. Parto militare: è quel periodo, peraltro molto breve, il termometro del mio stato emozionale: vivo 110 giorni di continuo stato di angoscia e in preda alla più incredibile mania di persecuzione"
Nel 1975 organizza il Circolo "Musica e Cultura", un'associazione che promuove attività culturali e musicali e che diventa il principale punto di riferimento por i giovani di Cinisi. All'interno del Circolo trovano particolare spazio ìl "Collettivo Femminista" e il "Collettivo Antinucleare" Il tentativo di superare la crisi complessiva dei gruppi che si ispiravano alle idee della sinistra "rivoluzionaria" , verificatasi intorno al 1977 porta Giuseppe Impastato e il suo gruppo alla realizzazione di Radio Aut, un'emittente autofinanziata che indirizza i suoi sforzi e la sua scelta nel campo della controinformazione e soprattutto in quello della satira nei confronti della mafia e degli esponenti della politica locale. Nel 1978 partecipa con una lista che ha il simbolo di Democrazia Proletaria, alle elezioni comunali a Cinisi. Viene assassinato il 9 maggio 1978, qualche giorno prima delle elezioni e qualche giorno dopo l'esposizione di una documentata mostra fotografica sulla devastazione del territorio operata da speculatori e gruppi mafiosi: il suo corpo è dilaniato da una carica di tritolo posta sui binari della linea ferrata Palermo-Trapani. Le indagini sono, in un primo tempo orientate sull'ipotesi di un attentato terroristico consumato dallo stesso Impastato, o, in subordine, di un suicidio "eclatante".

Nel gennaio 1988 il Tribunale di Palermo invia una comunicazione giudiziaria a Badalamenti. Nel maggio del 1992 il Tribunale di Palermo decide l’archiviazione del “caso Impastato”, ribadendo la matrice mafiosa del delitto ma escludendo la possibilità di individuare i colpevoli e ipotizzando la possibile responsabilità dei mafiosi di Cinisi alleati dei “corleonesi”. Nel maggio del 1994 il Centro Impastato presenta un’istanza per la riapertura dell’inchiesta, accompagnata da una petizione popolare, chiedendo che venga interrogato sul delitto Impastato il nuovo collaboratore della giustizia Salvatore Palazzolo, affiliato alla mafia di Cinisi. Nel marzo del 1996 la madre, il fratello e il Centro Impastato presentano un esposto in cui chiedono di indagare su episodi non chiariti, riguardanti in particolare il comportamento dei carabinieri subito dopo il delitto. Nel giugno del 1996, in seguito alle dichiarazioni di Salvatore Palazzolo, che indica in Badalamenti il mandante dell’omicidio assieme al suo vice Vito Palazzolo, l’inchiesta viene formalmente riaperta. Nel novembre del 1997 viene emesso un ordine di cattura per Badalamenti, incriminato come mandante del delitto. Il 10 marzo 1999 si svolge l’udienza preliminare del processo contro Vito Palazzolo, mentre la posizione di Badalamenti viene stralciata. I familiari, il Centro Impastato, Rifondazione comunista, il Comune di Cinisi e l’Ordine dei giornalisti chiedono di costituirsi parte civile e la loro richiesta viene accolta. Il 23 novembre 1999 Gaetano Badalamenti rinuncia alla udienza preliminare e chiede il giudizio immediato. Nell’udienza del 26 gennaio 2000 la difesa di Vito Palazzolo chiede che si proceda con il rito abbreviato, mentre il processo contro Gaetano Badalamenti si svolgerà con il rito normale e in video-conferenza. Il 4 maggio, nel procedimento contro Palazzolo, e il 21 settembre, nel processo contro Badalamenti, vengono respinte le richieste di costituzione di parte civile del Centro Impastato, di Rifondazione comunista e dell’Ordine dei giornalisti.
Nel 1998 presso la Commissione parlamentare antimafia si è costituito un Comitato sul caso Impastato e il 6 Dicembre 2000 è stata approvata una relazione sulle responsabilità di rappresentanti delle istituzioni nel depistaggio delle indagini.
Il 5 marzo 2001 la Corte d'assise ha riconosciuto Vito Palazzolo colpevole e lo ha condannato a 30 anni di reclusione. L'11 aprile 2002 Gaetano Badalamenti è stato condannato all'ergastolo. Badalamenti e Palazzolo sono successivamente deceduti.
Il 7 dicembre 2004 è morta Felicia Bartolotta, madre di Peppino.

Biografia presa direttamente dal sito Peppino Impastato una vita contro la mafia

domenica 8 maggio 2011

Punk, figlio ribelle di una generazione arrabbiata

Articolo tratto da CasaPerno&Zora #12 (2008)

Fino agli inizi del secolo scorso, la musica era prevalentemente un bene di consumo riservato alle elitè (eccezion fatta per i canti popolari, che non avevano però dignità accademica). Ma è con la diffusione delle registrazioni fonografiche che il popolo comincia ad appropriarsi di codesto linguaggio. I primitivi canti del proletariato suburbano e contadino iniziano ad articolarsi in tecniche, forme e contenuti nuovi. Generi come il blues o il jazz escono dai ghetti in cui avevano gestato per due secoli ed iniziano una loro evoluzione inter-razziale e di massa. I bianchi dei quartieri operai, i giovani che vivono il disagio di una società stantia e patriarcale si ritrovano in molte delle problematiche intrinseche nelle "lamentazioni degli Afro-americani", se ne appropriano e le mutano nella forma più inerente al loro orizzonte culturale. Nasce così dopo un travaglio di circa quattro decenni, la musica rock, espressione di ribellione ai costrutti sociali dell'uomo occidentale.
Passano gli anni ed in almeno un ventennio questa musica che doveva essere semplice, popolare, ribelle, si imborghesisce, diventa la colonna sonora dei salotti bene, sempre più raffinata, ricercata: i suoi cantori vivono come divinità in ville che assomigliano sempre di più a dei tabernacoli, immensamente lontani dalle matrici proletarie da cui provengono.

Il disagio, il degrado, la povertà, l'emarginazione rimangono così privi della loro voce, impotenti, traditi dalle gole che dovevano modulare il loro lamento. Monta la furia, la rabbia, la voglia di impossessarsi di uno strumento musicale anche se non se ne conosce il funzionamento; ed ecco che il lamento muta in grido selvaggio. Si denuncia il tradimento del Rock, padre vecchio e malato che concepisce un figlio inquieto, la sua antitesi, la sua negazione, il suo assassino.
L'onda del punk travolge inarrestabile convenzioni, schemi, istituzioni che il rock non aveva neppure immaginato di sfiorare. La musica è proletaria, proletari sono i problemi. I proletari possono e devono cantare la loro rabbia anche se non sanno suonare. Poco importa se il risultato è esteticamente poco bello: degrado ed emarginazione non possono essere descritti con sofisticati bizantinismi. Bisogna sbattere in faccia tutto il disgusto per le realtà quotidiane, per le esecrabili fondamenta su cui poggia il ventre molle dell'impero borghese. Disgustare diventa la parola d'ordine, annientare i parametri dell'estetica borghese (e per estetica si intende la visione stessa della realtà borghese, indi la realtà borghese stessa), recuperare ciò che il consumismo scarta perchè sgradevole e poco funzionale ai dogmi dell'immagine, rivalutarlo in nuove forme e visioni del bello e dell'essenziale, dare nuove funzioni ai vecchi oggetti (gli anfibi, misere scarpe a basso costo, calzature da lavoro, diventano pratici indumenti di tutti i giorni, così come le economiche catene sostituiscono la costosa gioielleria o la bigiotteria che ne riproduce le forme). Rivive il motto della scapigliatura milanese che un secolo prima in Italia ,di fronte all'autoritarismo ed ai tradimenti del neo-unificato regno, gridò: "NON TROVANDO RAGION D'ESSER NEL BELLO, NOI CI ABBRACCEREMO AL BRUTTO".

La scintilla si accende, quasi inconsapevole nel cuore dell'impero. E’ il 1974 e i Ramones (dei quali chi vi scrive ebbe la fortuna di assistere al concerto del ventennale nel 1994) imbarbarendo quelli che erano i normali archetipici estetico/musicali del rock 'n roll made in U.S.A. creano senza saperlo quello che sarà il terremoto generazionale che scuoterà i rapporti sociali del XX secolo molto più a fondo di qualunque altro aggregato subcultura giovanile che fino ad allora si era sviluppato in infinite varianti dalla seconda metà degli anni ‘90.
La vita non è un raggio di sole, la vita non è amore e di conseguenza non è amore "tutto ciò che voglio”!

"Quello che voglio è qualcosa di totalmente nuovo, in quanto mai così chiaramente rivelato, quello che voglio è poter dire che il mondo che mi avete costruito intorno mi fa schifo, quello che voglio è poter odiare le regole e le loro risultanti che mi avete imposto, rubandomi la possibilità di scegliere; schiavo delle vostre decisioni, dei vostri pregiudizi, dei vostri valori, delle vostre ipocrisie; "tutto quello che voglio è odio".

Dai testi ancora ingenui pur nella loro disillusione dei primi pionieri americani, trasferendosi in Inghilterra, nel cuore della vecchia Europa che si prepara all'avvento della signora Tatcher, la nuova creatura prende quello che in maniera pomposamente marxiana, potremmo definire coscienza di se, delle sue origini, del suo substrato finanche della sua classe. Una classe che in nessun altro luogo come nella patria della prima rivoluzione industriale, assaggia da sempre sulla sua pelle i morsi del progresso. Una classe priva delle aspettative del grande sogno liberale, in cui in esso non è previsto nessuno spazio nè futuro. Una classe che non cerca il dialogo conciliante in quanto consapevole di non essere mai stata veramente ascoltata, ma che ora vuole limitarsi solo ed esclusivamente a dire la sua, fiera ed orgogliosa.

NOI CI ABBRACCEREMO AL BRUTTO cambia e si evolve, diventa prima persona conscia, diventa: NOI SIAMO IL BRUTTO, siamo tali per la nostra condizione, siamo tali perchè tali ci avete reso voi, ergo NOI VI ODIAMO, NOI ODIAMO TUTTI.

Tranne rare eccezioni (divenute poi più frequenti negli anni ‘90) si caratterizza dal punk inglese un discorso ben consapevole di essere destinato ad attirare l'antipatia delle classi egemoni perchè mira a scardinarne alle fondamenta le sue stesse radici, mira ad abolire fino al più semplice dei parametri interpretativi quello "stato presente di cose" da cui ha avuto origine. Non l'annoiata e retrograda provincia americana, ma le periferie metropolitane delle aree industriali che pulsano la loro inquietudine sotto i casermoni di cemento che le caratterizzano. La musica terribilmente distorta, propria di un orecchio che ben conosce le cacofonie del mondo della manodopera a basso costo, dei lavoratori in serie che soppiantano definitivamente l'artigianato dal secondo dopoguerra. Non è il pietismo ipocrita della guerra del Vietnam... la prima guerra umanitaria della storia che colora il nuovo linguaggio, è brutale, violento, volgare. L'eccesso nel vestire simbologie forti, il richiamo al sesso esplicito, sono la metafora di tutto ciò che avviene tra le mura domestiche di una casa bene di Kensington,come nei corridoi del potere a Buckingam Palace, ma non viene detto, se non debitamente addolcito, anche nelle sue connotazioni peggiori.

L'elogio della rivolta viene cantato pubblicamente e senza pudori per forma violenta che assume, perchè altro non è che una violenza di rimando a quella subita (gun of Brixton).
Persino nella sua espressione a tutti nota come la più commerciale, quella dei Sex Pistols, Malcom Mclaren non inventa nulla di campato in aria, si limita a decodificare e a rendere commerciabili tutta una serie di pulsioni palpabili e presenti a monte nell'aria del Regno unito dalla fine delle sdolcinate illusioni hippy. Nel suono abbiamo l'evoluzione, non più la scimmia abbruttita e aggressiva del vecchio rock americano, punk si allarga, punk è contagio, di più è contaminazione. Forte della sua carica rivoluzionaria, il punk esce dai recinti dei vecchi giri di chitarra e basso in 4/4 e comincia a fagocitare ogni suono, influenza, stile.
Tutto è convertibile e buono all'uso, persino i suoni soft delle prime tastiere elettroniche diventano acide lame sgradevoli a coloro che cercano un melodico accompagno a sorpassate liriche amorose di cui il momento non ha più bisogno. Sono gli Stranglers, i Lord of the new churc, figli del punk della prima generazione che sta già divorando i suoi figli.

Punk in quanto rottura delle regole, non può avere una regola, in quanto distruzione e negazione degli stili, si insinua in tutti gli stili, per mostrarne il loro lato selvaggio, per oltraggiarli e oltraggiare chi li ascolta. A distanza di 30 anni ci si chiede con un sorriso cosa avranno pensato Frank Sinatra e il suo pubblico bene di gestori di casinò e famiglie middle class in gita domenicale a Las Vegas, sentendo l'inno del perbenismo autocratico americano "My way" strappato dalle melodie calde e vellutate di "the voice" per essere sputato contro le pareti direttamente dalle casse nelle urla acide dell'interpretazione di quel pezzo di Nina Hagen. Siamo entrati negli anni ‘80, il punk si adatta, si evolve, si insinua nelle sue sfaccettature wave e decadenti alla cultura dell'effimero. Come al solito in ritardo, ma sbarca anche in Italia. E’ il momento della "attack punk records" etichetta indipendente, legata alla Crass records dalle chiare connotazioni politiche, il ritornello "io sono un anticristo" che canticchiava Rotten non va più bene, deve essere rielaborato nell'Italia del pentapartito che celebra 40 anni di governo Dc. Di un Craxi che assurge al potere svendendo gli interessi di classe delle origini del Psi, per creare la Milano da bere, lo yuppismo maccheronico,i rolex e le modelle che affollano i letti dei radical chic illuminati che seguono i passi di Agnelli e si rilassano con Pasolini, tutto sembra un onirico palazzo dei divertimenti con le fondamenta di argilla che preserva se stesso e i suoi nuovi valori ben accucciato all'ombra di un ombrello N.A.T.O. che in buona sostanza non disgusta nemmeno quel Berlinguer che già strizzava l'occhio al modernismo selvaggio bollando come "guerre tra poveri" le istanze che esplodevano qua e là sull'epidermide di un sistema economico, vetrina dell'opulenza occidentale che pur tuttavia non era sostenibile ancora per molto. Ora la cosa che fa scandalo non è proclamarsi anticristo, quello che succedeva nei salottini posti nel retropalco dei congressi di partito, avrebbe già di suo fatto inorridire qualunque coscienza, no ora il nemico era un altro e l'oltraggio era dichiararsi dalla sua parte. Andare coi propri desideri oltrecortina, e rifiutare quanto di opulento veniva offerto attraverso i teleschermi delle nuove tv commerciali private (nasce allora il circuito televisivo Mediaset) per "rifugiarsi sotto il patto di Varsavia con un piano quinquennale e la stabilità"..... il resto di quella storia la conosciamo tutti.





Dagli anni ‘90 in poi prende piede il fenomeno dell'apolitica militante, il crollo delle ideologie viene fatto passare come una liberazione e finalmente anche il punk, il figlio ribelle di una generazione arrabbiata perchè disillusa, può tornare all'ovile. Nasce il grunge da Seattle, con le sue lamentazioni malinconiche, le tematiche sono rigorosamente politically correct e persino l'estetica viene rielaborata e celebrata dai grandi stilisti. Ciò che doveva creare disgusto ed esprimere il diniego dei valori consumistici, finisce sulle passerelle dell'alta moda, e ciò che era nato sulle strade come libera espressione della propria creatività, finisce catalogato negli stilemi delle tendenze giovanili, i manualetti dei piccoli punk che indicano negozi e capi di vestiario da possedere a costi di mercato, il tutto con la finalità di avere "uno stile" e in conclusione il modo di vedere diventa moda.
Si fa largo attraverso la stravaganza preconfezionata il disperato desiderio di omologazione, che ci caratterizzi come ribelli, magari da stadio, in fondo una sana ribellione calcistica non richiede il tedioso e consapevole impegno della sovversione politica e può essere anche perdonata come veniale disobbedienza giovanile.

Marco P38punk

mercoledì 4 maggio 2011

Intervista agli Stab

Gli Stab hanno rappresentato la migliore espressione italiana di una certa tradizione punk che, partendo dal messaggio e dalla musica dei Clash, dei Ramones e degli Stiff Little Fingers, è saputa andare oltre toccando nuove tematiche e rielaborando il punk '77 in maniera creativa pur senza allontanarsi troppo dalle sue vecchie sonorità...
La band si è formata a Bologna nell'88. Ripropongo una vecchia intervista pubblicata su CasaPerno&Zora #3 (2005)


1- Molti vi considerano i Clash italiani, questo vi aggrada e vi rende fieri o svilisce voi e il vostro lavoro?
Essere considerati i Clash italiani, è sicuramente un  gran complimento, per chi come noi ha da sempre amato e ha tratto fonte d’ispirazione dai Clash, ma in tutta onestà, penso ci siano altri gruppi migliori degli Stab che possono vantare questo onore, vedi i Klaxon, per esempio, comunque ci fa’ sicuramente piacere, e non svilisce il nostro lavoro, solo che non pensiamo di esserlo tutto qui.
2- Com’è nato il vostro nome? Che significato ha?
Ma guarda, cercavamo un nome corto facile da ricordare, poi significa mi sembra… pugnalata… nel senso del gesto, non come va di moda oggi da infami, ma  metaforicamente verso cio’ a cui siamo contro.
3- Piccola curiosità di Zora, com'è nata la canzone "Rap Cola". Ci spieghi in breve il suo significato.
Allora, musicalmente volevamo fare un pezzo con sonorità, la sparo grossa tipo, Jam, Red Skin, insomma con una sonorita’60, il testo poi se la prende con chi all’epoca faceva rap sull’onda della moda, e ce la menava perché suonavamo ancora con sonorità punk rock o combat rock. Insomma un modo di riaffermare che gli Stab hanno sempre fatto ciò in cui credevano o gli piaceva e sempre  “fuori dal branco”, tanto per citarsi addosso.
4- Vedi delle sostanziali differenze in questo ambiente, dai vostri inizi ad adesso?
Guarda è un discorso lungo e complesso, anche perchè onestamente non frequento molto la scena punk/oi, se non quando suono o se vado a qualche concerto, quindi dare un giudizio è duro, di certo le cose cambiano, e ogni generazione vive le cose a suo modo, già quando formammo gli STAB, non c’era più l’energia  degli anni ’70, ’80, anzi a parte pochi il punk rock lo seguivano in pochi, il trend era l’HC, RAP, crossover e soci, solo gli skin e un po’ di appassionati dimostravano un certo interesse, almeno così ci sembrava. Oggi mi sembra che in Italia ci sono dei bei gruppi  e ci siano anche ragazzi che si sbattono, ma non posso parlare di ciò che non conosco a fondo, le mie sono solo impressioni.
5- Com'è nata la discografia sotto la COTD? Vi ha contattati Flavio (Razzapparte) o siete stati voi?
Flavio ha la colpa di averci resuscitati, e da bravo “medium” ci ha contattato lui, all’inizio doveva essere solo la ristampa del materiale e un paio di concerti….. poi c’è tornata la voglia di suonare… e adesso siamo qui, domani chissà.
6- Sei un bravo cuoco? I tuoi piatti preferiti? E bibita preferita?
AHAHAHAH! No! Non so cucinare, ma mi piace mangiare bene, come si può vedere! Beh direi un po’ tutto, di solito mi piace mangiare le “cucine” dei luoghi dove vado, anche cibo esotico o strano, ma in linea di massima la cucina italiana è la migliore, Bibite? Birra Guinness e rosse, e poi il vino…. Rosso! Preferisco i Piemontesi, i Toscani e il Cannonau.
7- Se non ricordo male "Albana" l'hai scritta tu, com'è nata la canzone?




E’ nata da un periodo triste della mia vita, in realtà è una canzone d’amore, ero stato lasciato e bevevo per dimenticare…. è una canzone d’amore per una donna persa e per quello che facevo e sentivo di conseguenza.
8- Ti è mai capitato di vedere la scena come una famiglia? O anche voi vi sentite degli orfani?
A costo di ripetermi gli STAB, per natura sono sempre stati ai margini della scena, certo con i ragazzi conosciuti ai concerti o di altri gruppi, in giro per l’Italia sono nate belle amicizie, alcuni sono dei veri fratelli, quindi in quel senso una scena o una crew, può essere una famiglia, ma molto spesso diventa un ghetto e allora…. meglio correre liberi. Orfani? E di che? Credo fermamente nell’unicità’ di ognuno, quindi sono nato orfano ma con un mondo di fratelli, per ogni età della mia vita. Di maestri, padrini,o generali, ne faccio volentieri a meno.
9- Io amo molto la canzone "punk77", vuoi spiegare brevemente ai nostri lettori il motivo della creazione di questa song?
Un po’ di nostalgia, un po’ d’incazzatura, agitare bene e servire con del rock’n’roll. Penso che il testo parli da sè….. una lacrima ai bei tempi andati e un riaffermare il nostro credo fare solo ciò che si sente con il cuore, anche se il tempo ti cambia, la strada è sempre una,  restare liberi e se stessi.
10- Nella creazione del testo di "urla" vi ha in qualche modo condizionato Garageland? Quali gruppi hanno accompagnato la vostra adolescenza?
Urla l’ha scritta Romano, e dà voce a situazioni che abbiamo vissuto in prima persona e viste tante volte anche in altri ragazzi, i Clash fanno sempre capolino nelle nostre canzoni, come ti ho già detto sono il nostro grande amore ,ma non solo, i gruppi fondamentali oltre loro direi: Sex Pistols, SLF, Ramones, Sham 69, Damned, Jam, Dead Kennedys, Germs, X, e tante altre punk band, personalmente poi, ho sempre amato il r’n’roll, nel senso generale, del termine, quindi aggiungerei Gene Vincent, Eddie Cochran, The WHO, Beatles, e la lista sarebbe lunga…. ah dimenticavo anche Madness e Special per lo ska.
11- Quali giovani punk band italiane state apprezzando, per sonorità e contenuti, in quest'ultimo periodo?
Direi sicuramente  Prisoners, Youngang, Banda del Rione, Razzapparte, F.O.G, Generacion Rebelde, Brigata Alcolica Attitudine,Woptime, TUNAS, MR.Tomato. Poi in assoluto queste band che giovani non sono…. Klaxon, Rappresaglia, Banda Bassotti, e il vecchio Steno e i Laida.
12- Cosa pensate delle band più politicizzate? Credete che l'impegno debba andare anche oltre "birra oi! & divertimento"? (naturalmente mostrando sincerità)
Ho sempre pensato che l’importante sia essere onesti, comunque non ho nessuna pregiudizio in nessun senso, mi piacciono le persone vere che parlano di cose che gli appartengono, si può cantare di politica di vita reale o di cose meno “impegnate” e avere in tutti i casi un effetto positivo su chi ti ascolta. Di contro se si assumono pose o se si segue il trend del momento prima o poi ti sputtani….. quanti “rivoluzionari”abbiamo visto su MTV, o dare  via il culo per campare di musica? Troppi non credi? Del resto la politica fa parte della vita, quindi ben venga chi ha un’idea e la esprime senza vergogna o paura.
13- Cosa pensate dell'(ab)uso di droghe (alcol compreso)? Non trovate strano vedere molti kids cantare "nessuna pietà" dei Colonna Infame? Visto che molti di loro bevono, eccome.......
Allora abbiamo preso tutti le nostre sbronze, finendo su pavimenti o in mezzo a prati, quindi non essendo dei “puri”, non possiamo certo giudicare gli altri, cosa che non facciamo mai. Io ho una mia idea sulle droghe e sulle dipendenze in genere, e piu’ o meno è questa:
Droghe leggere e  alcool, nella misura in cui non c’è abuso o dipendenza psicologica, sono una questione puramente personale, se ti va di farti una canna o di bere un bicchiere in piu’, fatti tuoi, le droghe pesanti sono merda in assoluto! Odio queste droghe e mi fa schifo chi le usa, nel senso che oggi, la scusa: non sapevo le conseguenze… ecc. ecc. , non regge, oggi chi si buca o sniffa coca o si cala pasticche sa benissimo a cosa va incontro, ridursi come zombi, o causare casini perché sei fatto, fa di te una merda! Nelle società più sane in passato come oggi, l’uso delle droghe è riservato a categorie di persone, speciali, che sanno come gestirle, vedi sciamani o simili, nella nostra società decadente, l’uso delle droghe è l’ennesima arma per fregare il popolo e per aumentare il guadagno di cricche maledette. Perciò sempre e comunque contro questa merda!
14- Le risse ai concerti sembrano non finire mai, ma non credi che spesso ci roviniamo il divertimento da soli? Se non riusciamo a gestirci neanche un concerto dove possiamo arrivare?
Le risse ci sono sempre state, fanno parte della vita , non solo ai concerti ma ovunque, certo non sono un vanto, o una cosa di cui andare fieri, capitano, e vanno gestite al meglio, se si può. Altra cosa è il mito della rissa, il partire già con l’idea di fare a botte, fa parte di quella mancanza di prospettive e di obiettivi che caratterizza gran parte della società, cosi’ come sconvolgersi prima dei concerti o prima di andare a ballare, cazzo! Io bevo e se il vino è buono mi sbronzo pure, ma nel corso di una serata fra amici, in compagnia, e allora ci sta, ma bere di tutto e arrivare ai concerti fatti da bestie, non vedendo e non capendo un cazzo francamente non lo capisco, sarà la vecchiaia? Per quello che riguarda gestire i concerti non ho ricette, molto spesso ieri come oggi, scene e movimenti sono stati rovinati da pochi stupidi, ma è anche vero e l’ho visto di persona a Viareggio, che a volte la provocazione è cosi palese che sei costretto a menare,dovremmo forse fare concerti a numero chiuso? A Clan? Non mi piacerebbe per niente, penso che la soluzione sia un minimo di servizio d’ordine, non fasci palestrati, che rompono il cazzo a tutti, ma ragazzi della scena stessa, penso a skin, che di solito sono i piu’ “prestanti” che tengano a bada i cagacazzi, è l’unica, insieme a un po’ d’informazione e di obiettivi reali, non solo stereotipi anglosassoni.
15- Avete ancora fiducia nel musica punk? Credete che qualcosa si può ancora fare?
A 40 anni ho sempre meno fiducia nei “movimenti”, ma sempre piu’ nelle persone, punk o non punk, tutti possiamo fare qualche cosa, basta volerlo, del resto il mondo sta andando in merda, la guerra è ovunque, ci sono milioni di persone che stanno male, di fronte a questo ha poca importanza cosa ascolti o come hai i capelli, c’è bisogno di lottare uniti, e di rimboccarsi le maniche, per una volta oltre gli slogan e le mode rock.
Comunque per restare in tema, bè sicuramente l’effetto dirompente  e provocatorio il punk l’ha esaurito da un pezzo! Oggi l’estetica e la musica sono state metabolizzate dal sistema, e rese accettabili, ma nonostante questo, chi sceglie di essere punk, skin, o di esprimere la sua individualità fa una scelta coraggiosa e contro tendenza, per questo vediamo nei ragazzi anche molto giovani, che vengono ai nostri concerti una parte di noi, un comune sentire, che ci fa ben sperare, anche se noi oramai, non siamo piu’ punk o cosa. Siamo delle persone normalissime di 40 anni, lavoratori con famiglia o no, che lottano per sopravvivere e che con la musica cercano ancora di divertire e di dire la loro. Speriamo almeno di dare qualche input positivo.
16- Grazie ancora, per la disponibilità, di pure quello che vuoi, un insulto, un saluto, una pubblicità, un abbraccio......
Grazie a voi, per l’interesse verso la band, grazie a tutti quelli ”che urlano ancora” sopra e sotto i palchi. Gli  STAB, sono ancora qui grazie a tutti voi che ci supportate, un solo consiglio: Restate liberi, e siate sempre voi stessi, oltre le mode o le “scene”. Ciao e a presto sotto o sopra altri palchi.

Andrea 'Perno' Salutari
Ferrari Pamela




Stab - Come i nostri vecchi

Non mi faccio,
non vendo sogni economici
non è d'oro la mia pelle
sono solo un figlio incazzato della classe operaia.
Tradito da bugie, venduto per idee
che hanno ridotto in merda la terra dei nostri padri
morti per un sogno antico chiamato libertà
morti per un sogno chiamato libertà

Non voglio pagare le tue colpe
non voglio tacere nascosto nel buio.

Ora cosa resta alla luce dei vostri sporchi giochi?
Ritorneremo ancora sulle nostre montagne
e capirete il prezzo della libertà
capirete il prezzo della libertà

Non voglio pagare le tue colpe
non voglio tacere nascosto nel buio.

Guida i miei passi l' ombra sicura
dei nostri vecchi morti lassù
e oggi come ieri una sola consegna
resistere forti senza paura

Non voglio pagare le tue colpe
non voglio tacere nascosto nel buio.