Il collettivo Kalashnikov ha preso forma nel corso degli anni '90 sul sudicio pavimento di uno squat milanese, quando tre adolescenti con la maglietta dei Wretched si sono incontrati e hanno deciso di condividere le proprie passioni e i propri sogni suonando. Da allora molte cose sono cambiate, ma ancora oggi i kalashnikov fanno musica, disco dopo disco, animati da ideali anarco-libertari e in totale spirito d.i.y...Seguiteli sul loro blog kalashnikov collective
Intervista tratta da CasaPerno&Zora #11
1- Iniziamo con le presentazioni. Ricordo che la prima volta che ho sentito il vostro nome “Kalashnikov” ho pensato ad una band hardcore tirata (mitragliatrice), con suoni grezzi e forti (come dei colpi) e con testi ultra politicizzati. Poi invece vi ho ascoltato e sono entrato nel mondo del vostro sound. Riassumete in breve che cos’è il progetto Kalashnikov e quali caratteristiche ha.
Il nome Kalashnikov è nato come una specie di reazione in quanto dodici anni fa, (noi ci siamo formati nel ’96, quindi praticamente una generazione fa), c’era stato un grosso boom della scena punk hc in Italia, trainata dai grandi nomi americani che avevano sfondato in quel periodo (vedi Green day, Offspring) e c’era un grosso entusiasmo in quel periodo. Dopo la metà degli anni ’90 la scena si era praticamente sgonfiata, molti hanno visto l’opportunità di fare business all’interno del punk, hc (Shandon e realtà di questo genere), hanno visto che si poteva approfittare del carrozzone per poter in qualche modo guadagnarci. A noi questa cosa puzzava molto di tentativo all’italiana di andare dietro ai soliti modelli, per reazione abbiamo creato un progetto con un nome che in qualche modo non c’entrasse nulla alla tendenza dell’epoca. In quel periodo si guardava molto all’America, nomi americani, in inglese, noi abbiamo scelto un nome russo che rimandava a un immaginario completamente opposto rispetto a quello che riguardava gli altri. Kalashnikov è un nome russo e in quel periodo andavo molto la scena californiana (spiaggia, sole, donne bellissime) e c’erano tanti gruppi che sfruttavano questo immaginario e noi abbiamo scelto un immaginario completamente diverso, la Russia, freddo, grigio, neve. È una reazione a una direzione che stava prendendo la scena che non ci piaceva assolutamente, da lì è nato il nome Kalashnikov. Poi c’erano altri riferimenti, ad esempio negli anni ’80 c’erano gruppi che utilizzavano nomi di armi come i Lanciafiamme, che utilizzavano questo immaginario molto crudo, ed è in qualche modo paradossale ma stimolante dal punto di vista immaginifico utilizzare in un contesto anarcopunk, pacifista, utilizzare il nome di un’arma, qualcosa che cambia il senso al significato del termine che rimanda a un immaginario bellico, nel nostro caso rimanda a un immaginario totalmente differente.
2- I vostri album sono molto caratteristici e questo lo si nota anche al primo impatto visivo. Io ne ho solo 3, ma come non fare l’esempio di “Romantic songs o dissedence” (con zine allegata), o l’ultimo “Dreams for super defeated heroes” che è la più bella cosa che io abbia mai visto (per un cd ovviamente). Quanto è importante valorizzare le piccole cose che stanno dietro ad un album come questo? E com’è nata l’idea di questo fantastico booklet, lo scopo era quello di unire la bellezza di due arti (disegno e musica) in un unico lavoro?
Io penso che viviamo in un’epoca in cui ormai i dischi non hanno più senso, perché alla fine tu compri un disco di merda di un gruppo qualsiasi in un negozio e hai il cd con la musica, un booklet che ha i testi a malapena e non significa nulla a parte la musica che contiene. Io penso che nel nostro ambiente, diy, punk hc, che noi viviamo da tanti anni, il significato dei dischi deve essere stravolto, i dischi sono una specie di luogo dove uno esprime le proprie idee su determinate cose, sono delle cose da leggere, da sfogliare, da approfondire, da capire, devono essere una specie di punto di incontro tra musica, un libro, un’opera grafica, non devono avere confini, devono essere oggetti che vanno posseduti per essere capiti, non basta semplicemente mettere in mp3 la musica che c’è dentro, devono essere qualcosa di più. Per quello noi abbiamo deciso di fare un disco fuori dalla norma, è di più di quanto ci si aspetterebbe, perché uno da un cd si aspetta solo la musica ed è sbagliato, l’hc, il punk, il diy hanno come scopo la comunicazione, il dialogo. Non basta solo la musica, perché la gente l’ascolta e gli entra da una parte e gli esce dall’altra, per quello noi abbiamo deciso di utilizzare il disco per dire qualcos’altro oltre alla musica. Aggiungere il significato alla musica e arricchirla.
3- Restando in tema di omologazione. Quali sono le principali e costanti difficoltà in Italia a suonare punk in maniera originale? Ho sempre avuto la sensazione che in questo ambiente sempre meno gente è predisposta a sentire qualcosa di nuovo, ma che sia alla ricerca del clone del clone, sia nei testi, che nelle musiche. Questo potrebbe spiegare in parte il trend delle frequentissime reunion (dalle più piccole alle più gloriose band del passato, uno dice “tanto vale mi ascolto la band originale”, anche se della band non è rimasto nulla, se non il ricordo)
Qui sarò molto breve, è così. Non c’è molto da aggiungere. Se uno suona la stessa cosa che ha suonato quello prima, tutto sommato va bene e alla gente piace e si diverte, se suoni qualcosa di diverso è molto più difficile. Il vero problema è che fino a poco tempo fa la gente andava al concerto solo per l’occasione, anche se non conosceva i gruppi, adesso la gente si sposta o va a vedersi un gruppo solo se lo conosce, e la gente sembra essere sempre meno interessata a scoprire cose nuove. Questo secondo me avviene perché c’è l’idea che non si possa più incidere sulla realtà, come una sorta di rinuncia. “E’ già stato detto tutto” e non si ha la fiducia di cambiare questo mondo.
4- Ho notato che tra i vari gruppi punk che popolano la rete voi siete uno dei pochissimi a non avere il tanto famosissimo Myspace; approfondendo la ricerca sono riuscita a trovare un vostro blog, davvero molto interessante e anche aggiornato. Come mai la scelta di aprire un blog piuttosto che un myspace? La cosa è stata casuale oppure è stata voluta per un vostro motivo particolare? E come vi rapportate con internet e con le sue varie sfaccettature?
Esiste il nostro myspace, molto poco frequentato. Io avevo molti dubbi sul myspace, mi sembrava una cazzata ed è una cazzata secondo me. Appiattisce assolutamente la percezione del gruppo, sono tutti uguali i siti myspace, non c’è differenza tra un gruppo e l’altro, o per lo meno io non la percepisco. Però per capire cose fosse il myspace io mi sono iscritto e ho messo la mia paginetta e l’ho lasciata lì per alcuni mesi, anche perché non me ne fregava un cazzo. Poi mi continuavano ad arrivare richieste di amicizia e io dicevo “mi sembra brutto rifiutare” e allora è andato a finire che abbiamo creato questa pagina perché avevamo molte più persone che arrivavano a noi tramite myspace, piuttosto che da altri canali. La cosa interessante è che comunque il blog è una forma più meditata, su myspace tu ti colleghi e in 10 secondi tu vedi “nome, genere, vedi cosa fanno, guardi due foto e te ne vai”. Il blog è una cosa più simile ad un libro, più riflessivo, una forma di comunicazione più articolata
5- Dopo ben 10 anni di attività, 4 cd alle spalle e una miriade di compilation, cosa cerchi ancora in questa scena punk? Non sei ancora saturo di questo ambiente? Credi che tu possa dare ancora qualcosa e ricevere altrettanto in cambio da questa scena? E che cosa vuoi dare e ricevere?
Vivrò per sempre in questa scena (che poi non mi piace chiamarla scena), è una cosa più complessa di quello che vuol dire il termine scena, in realtà sono le persone come il Perno, la Zora, noi, i ragazzi che son qua, non mi stancherò mai di andare in giro a suonare in Italia, in Europa e conoscere persone, che comunque in qualche modo condividano la nostra musica, la apprezzano. Solo se tu interpreti male questo ambiente puoi stancartene secondo me. Se ti aspetti qualcosa da questo ambiente e non lo ricevi, allora rimani deluso e non ci vuoi più stare dentro, ma se tu ci stai dentro solo per farne parte o pensare di dare qualcosa ci sarebbe sempre qualcosa da dare e quindi vai avanti. Qui è bellissimo (siamo alla serata del 28 maggio di Rovato), abbiamo mangiato, chiacchierato, condiviso passioni, e già così senza aver suonato è bellissimo. Non vedo cosa ci sia di deludente in una situazione del genere, è bellissimo, non mi stancherò mai.
6- Precariato, lavoro nero, continue morti bianche e insicurezza sull’ambiente di lavoro, in Italia la situazione in ambito lavorativo non è delle più rosee, come credete che si possa evolvere nei prossimi 10 anni, siamo già nella merda oppure questa è una passeggiata di salute rispetto a quello che potrà accadere in un futuro prossimo? E parlando di morti bianche come avete vissuto la tragedia delle Thissen Krup di Torino? Come sempre se ne parla tanto e dopo dieci giorni tutti se ne sono già dimenticati.
Il problema della sicurezza sul lavoro è legato alle tipologie di contratto e di lavoro. Se tu hai degli operai che ti lavorano saltuariamente nei giorni alterni, disperati, è ovvio che succedano queste cose, in Italia si sa, siamo nel paese del “ah, non è colpa mia, io non c’entro” e tutti che si scaricano il barile, non c’è una coscienza etica negli ambienti del lavoro, nell’ambiente politico, non mi sorprende che ci sia l’allarme delle morti bianche, e soprattutto che ci sia “dopo che accadano”. In Italia prima che ci si preoccupi (per finta) deve esserci un grosso incidente.
7- Ogni cosa sta andando a catafascio, quali sono per voi i validi motivi per cui vale la pena vivere?
Ti faccio un esempio, quando sei sul treno finchè il treno va perfetto nessuno si parla, stanno tutti lì morti, quando si ferma il treno tutti iniziano a parlare, e lì poi ci si confessa e nascono dei rapporti umani che soprattutto nelle città sono molto rari. Quando le cose non funzionano le persone parlano e si confrontano tra di loro e c’è sicuramente un arricchimento e le cose forse possono cambiare. E’ meglio che tutto vada a catafascio piuttosto che funzioni, va bene così, il mondo deve crollare e poi dopo forse si starà meglio.
8- Tempo fa ho avuto uno scambio di opinione con il vicepresidente dell’associazione culturale “Fanzine italiane”. Secondo lui non serve più dividere il materiale cartaceo in Fanzine e Punkzine visto che il movimento contro culturale punk è morto. Siete d’accordo con lui? (comunque sia parecchia fanzine punk utilizzano la sua bacheca).
Io voglio solo aggiungere che si “inculi”. Non so cos’è, non so chi è, però leggendo questo pensiero credo che sia un rincoglionito.
9- Il capitalismo sta invadendo sempre di più la nostra società, nonostante le notevoli critiche cresce sempre più. Secondo voi ci sono alternative di vita al capitalismo?
Ci sono delle alternative, però dipende da come vengono interpretate queste alternative. Alternative istituzionali non ne esistono, qualsiasi tipo di amministrazione non funziona, ci si possono ritagliare degli spazi in questo marasma in qualche modo liberati, però sono delle parentesi all’interno del sistema. L’importante è che cosa si cerca da una situazione liberata, bisogna avere chiaro cosa uno cerca di alternativo rispetto ad un sistema capitalista, se uno cerca i rapporti umani sinceri, devo dire che si possono trovare anche all’interno di questa realtà, non è che deve crollare il mondo del capitalismo per avere una vita migliore. Il capitalismo non è una cosa che copre tutto il mondo, ci sono degli spazi liberi, bisogna solo cercarli e crearli, costruirli.
11- L’Unita ha pubblicato un articolo sul punk italiano dando una certa importanza al movimento, a me sembra che il punk sia solo una cosa da concerto che non un movimento di idee attive al di fuori del contesto del sabato sera. Voi come la vedete?
Buona parte è così, sta alle persone che frequentano l’ambiente far uscire il punk da questo tipo di immaginario del divertimento, dello sballo, è nostra responsabilità dare un’altra immagine del punk, ovvio che poi alla fine l’argomento è piuttosto sputtanato. Dopotutto il punk che cos’è? E’ un etichetta sotto cui uno si riunisce per sentirsi migliore, per sentirsi parte di una comunità, di una storia, ma alla fine “chi se ne frega”. Troviamo anche un altro termine.
12- Da sempre avete sostenuto e portato avanti lo spirito diy, sia coi cd che con le cassette. Che cosa significa il diy sia nelle produzione che soprattutto nella distribuzione del materiale, il fai da te paga?
Significa mandare a fare in culo tutto le icone del mercato tradizionale, qualsiasi cosa che caratterizzi il mercato musicale deve essere ribaltato, tutto deve essere ribaltato. Il DIY dovrebbe ragionare sotto questa mentalità, deve essere tutto ribaltato, il profitto, l’immagine, il marketing, il divismo. Il Diy deve essere davvero un’alternativa, altrimenti è una versione sfigata di quello che c’è sopra. Se tu fai l’ambiente delle rockstar sfigate non serve a niente, mi sembra una cosa ridicola. Non è raro trovare persone del giro del DIY che ragionano nella logica “spese, profitto, quanti dischi vendo, quanti soldi ci guadagno, la distribuzione non funziona, devo fare più pubblicità”. Questo non deve essere una logica, la logica deve essere quella della condivisione.
Anche il fatto di far pagare i dischi, fanzine e tutto quello che tu produci è sbagliato secondo me, tutto dovrebbe funzionare tramite il baratto per creare una logica alternativa rispetto al sistema, altrimenti che senso ha? Allora la logica è la stessa, io produco un cd, lo pago a 3 euri, lo rivendo a 5, e dov’è la differenza tra quello che lo compra a 7 e lo vende a 10? E’ la stessa cosa! Per me le regole devono essere assolutamente sovvertite, i dischi dovrebbero essere scambiati, se uno vuole il mio disco e viene con un salame io gliene regalerei 10 per dire. Qui poi c’è il classico aneddoto del Garibaldi, quando abbiamo messo l’offerta libera all’ingresso di un fest DIY. Lì c’è stato il panico, dal ragazzo che diceva “che figata, non pago” ed è entrato gratis a chi è andato in panico perché magari aveva solo 10 euri, li ha messi lì e si vergognava a chiedere il resto. La pratica del prezzo libero è una pratica fondamentale che qui in Italia non viene utilizzata perché lì poni la persona di fronte al “problema di dare un valore alla cosa che compri”. Lo devi dare tu un prezzo alle cose, se io trovo che una cosa ha un grande valore gli do un grande prezzo, se la cosa per me ha un basso valore gli do un basso prezzo, se ad uno gli metto il mio cd a prezzo libero e lui mi da 10 centesimi vuol dire che quella cosa lì la valuta una stronzata e magari spende 8 euri per una birra.
13- L’intervista è ormai terminata, scegliete voi come chiudere.. saluti, baci, consigli o un messaggio da tramandare nel tempo!
Un ringraziamento sentito al grande Perno e alla grande Zora, o alla grande Zora e al grande Perno, senza fare delle gerarchie che non ci piacciono. Ciao a tutti e grazie, ci vediamo alla prossima volta.
Andrea 'Perno' Salutari
Pamela Ferrari
kalashnikov - Belfast brucia negli occhi di Sara
Caffè nero, un cielo di cenere
Sara tira le tende sintetiche
la neve ricopre la strada gelata
è giunto il momento
l'attesa è bastata!
Neve scende sopra le case
Sara, china, raccoglie la borsa
chiude la porta
un giro di chiavi
tutto è silenzio...
Sara ha l'orgoglio di un popolo di fate
il sangue dei fratelli massacrati dalla guerra
nel fondo dei suoi occhi ci son lacrime d'argento
per tutti quegli amici morti sul cemento...
Dentro il caffè l'atmosfera è tranquilla
forse il suo cuore sta battendo più forte
uno sguardo veloce e Sara entra nel bagno
apre la borsa, ecco il regalo!
Piccoli cavi collegati all'ordigno
mani gelate stanno tremando
tensione, esplosivo, il timer fissato
Sara scappa, SARA SCAPPA!
Sirene lontane, le grida smorzate
nel vento il boato del sangue versato
la neve che scende in un coma profondo
un'altra ferita, un'altra ferita...
Belfast risuona di mille silenzi,
di pietre scagliate, di vane preghiere
la guerra irlandese ha ucciso abbastanza
la guerra irlandese ha ucciso abbastanza!
Sara ha l'orgoglio di un popolo di fate
il sangue dei fratelli massacrati dalla guerra
nel fondo dei suoi occhi ci son lacrime d'argento
per tutti quegli amici morti sul cemento...
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