domenica 9 ottobre 2011

Rifondazione Comunista fuori dalla Nato e dall'Unione Europea (doc3)

Molti compagni mi hanno chiesto un'opinione sull'imminente VIII congresso della Rifondazione Comunista. Continuo a pensare che sia necessario ed indispensabile creare una forza politica con prospettiva socialista. Sovranità nazionale,  nazionalizzazioni e controllo diretto dello stato nelle aziende di interesse strategico. Questi sono alcuni temi che a me interessano.
Il documento 3 secondo il mio punto di vista. (le parti in corsivo sono interamente tratte dal documento).


Documento 3
Un cenno sui danni della crisi del capitalismo…
La crisi economica finanziaria attuale sta evidenziando con nitidezza, agli occhi di milioni di proletari, il carattere barbarico e incivile del sistema capitalista: si producono per poi distruggerle, quantità enormi di generi alimentari e di medicine, mentre intere popolazioni muoiono di fame e di banali malattie. Si producono quantità enormi di armi, per decimare intere popolazioni e rapinarle delle loro materie prime, mentre altre popolazioni vengono decimate dall’inquinamento ambientale. Tutto ciò mentre nei paesi industrialmente più sviluppati, il lavoro precario impedisce a intere generazioni di pensare al proprio futuro e la disoccupazione colpisce una persona su tre, mentre gli operai occupati sono costretti a lavorare in condizioni di stress inauditi e per salari da fame. Questo è quello che il sistema capitalista riesce ad offrire all’umanità per il XXI secolo e che anche l’ultima manovra governativa conferma drammaticamente.

Rifondazione strumento per l’alternativa.
L’VIII Congresso del PRC si svolge in un contesto di profonda crisi del sistema capitalistico, una crisi economica, sociale, ambientale e culturale che riconferma in tutta la sua gravità la necessità della costruzione dell’alternativa di sistema. Per tenere aperta questa prospettiva, il PRC resta ad oggi uno strumento ed uno spazio organizzato fondamentale, nonostante i gravi problemi di linea politica e di orientamento strategico, e malgrado le pesanti difficoltà che caratterizzano la situazione attuale.
Rifondazione, allo stato attuale, è uno spazio sempre meno organizzato, dove però continuano a vivere anime realmente rivoluzionarie e pronte alla lotta. Quotidianamente disinnescate dalla nostra classe dirigente. Ma fuori dal PRC c’è il deserto, in rifondazione la semina è ancora possibile. Siamo tutti qua per questo.

Nessuna alleanza con il Partito Democratico.
“La proposta di un Fronte Democratico col PD, finalizzata a costruire un’alternativa a Berlusconi, fuori dalla realtà, sbagliata e subalterna proprio perché la questione democratica è in questa situazione sempre più legata a quella sociale, e non può essere risolta da una coalizione di centrosinistra e da un partito, il PD, che dimostrano ogni giorno di essere subalterni alle “direttive” delle banche e interni alle compatibilità del capitalismo (crisi, guerre “umanitarie”, lotte operaie, fiat, grandi opere, privatizzazioni, questione morale..) […] L’esigenza non più rinviabile di una sinistra anticapitalista indipendente ed alternativa anche al PD spiega il vizio di origine ed il fallimento della Federazione della Sinistra, una scelta che ha prodotto dissenso e disorientamento in moltissimi compagni/e, vissuta come l’esplicito tentativo di liquidare l’esperienza comunista in Italia.”
Anche qui si parla di una generica sinistra anticapitalista e non di una prospettiva socialista. Non credo che la subalternità al PD venga dettata dalla sola tattica (forzata) elettorale, ma dalla sua strategia. E voler fare la sinistra del PD storicamente non ha portato alcun risultato. Negli ultimi 20 anni la sinistra radicale, facendo le sommatorie, non ha mai superato la modesta soglia del 10%.
Penso che il problema fondamentale non sia la scelta elettorale, ma l’identità e la progettualità del progetto. Certo, diventa inutile tornare in parlamento se non si ricostruisce il partito di lotta con al centro del proprio programma la sovranità nazionale, le nazionalizzazioni delle aziende di importanza strategica, lo smembramento della legge 30, il blocco delle delocalizzazioni, ecc

Contro l’imperialismo.
La guerra rappresenta un’esigenza intrinseca al sistema stesso: essa è lo strumento di annessione/controllo di aree turbolente e non normalizzate, è una “soluzione” funzionale allo stesso sistema capitalistico che vede il settore militare come uno dei più importanti settori produttivi e rappresenta pertanto un pilastro delle politiche imperialistiche. Non a caso gli USA hanno una spesa militare enorme, che raggiunge la metà di tutti gli investimenti militari planetari: gli Stati Uniti mantengono l’egemonia mondiale grazie a questo apparato politico-militare.
Il tema delle guerre imperialiste risulta sempre delicato, soprattutto in un partito dove gli stessi dirigenti fanno, a loro insaputa, il gioco degli americani. Pensiamo a Ferrero che manifesta con i ribelli libici o alla Belligero che alimenta il falso mediatico Sakineh. Rifondazione e i comunisti si sono sempre schierati contro la guerra, ma tutti ricordiamo le espulsione dei senatori Turigliatto (PRC) e Rossi (Pdci) durante il governo Prodi, perché coerentemente votarono contro la guerra in Afghanistan. Ora che il centrosinistra non vuole più strumentalizzare il movimento della pace contro le guerre (ricordate il biennio 2004-2005?), noi saremo nuovamente costretti a votare a favore di queste guerre. Sarebbe opportuno non ricommettere lo stesso errore.

Fuori dalla Nato.
Anche l’Italia e l’UE giocano un ruolo imperialistico: da noi, è in particolare il Partito Democratico il maggiore rappresentante del ruolo imperialistico europeo e italiano (non dimentichiamo le esaltate parole del Presidente Napolitano, schierato con i bombardamenti in Libia). Anche l’Italia sta operando per ritagliarsi un nuovo ruolo e spazio politico. E’ necessario impedire la militarizzazione del territorio, l’estensione di basi militari esistenti o l’apertura di nuove; bisogna tornare alla richiesta fondamentale dell’uscita dalla NATO.[…]
I vincoli economici e finanziari imposti ai vari Paesi, la forte concentrazione monopolistica, il dominio e la ricerca del massimo profitto della grande borghesia, stanno mettendo seriamente in pericolo la stessa sovranità dei singoli Stati dell’Unione. La vicenda greca ne è solo l’esempio più palese e tende a riprodursi anche in altri paesi, ivi compresa l’Italia
Uscire dalla Nato, ma anche dall’Unione Europea è una posizione forte, ma indispensabile. Riprenderci la sovranità nazionale, contro la Nato della morte e l’Unione Europea dei banchieri. Temi che hanno consenso popolare e la bellissima battaglia del No Dal Molin lo ha dimostrato.


Non pagare il debito.
Occorre chiamare la parte più avanzata del proletariato, della classe operaia, italiana ed europea, a unirsi per dire NO! al governo unico delle banche, al massacro sociale ed alla devastazione ambientale, per rompere questa gabbia imperialista e per costruire un’Europa di cooperazione tra i popoli, pace e lavoro, un’Europa dove le tasse siano messe sui profitti, le rendite ed i patrimoni e non sui salari, stipendi e pensioni. Di fronte ai nuovi diktat della BCE, a cui si inchinano sia i governi di centrodestra che quelli di centrosinistra, riteniamo urgente lanciare la parola d’ordine di non pagare il debito e/o rivendicarne una concreta moratoria. Cancellare il debito significa togliere l’acqua con cui si abbevera la grande borghesia.
Completamente d’accordo, non serve aggiungere altro.

Costruzione dell’unità dei comunisti.
Non vi è unità dei comunisti senza autonomia politica e culturale. E’ possibile costruire una solida unità solo nella chiarezza della linea politica, di una linea indipendente e alternativa al centrosinistra, di una coerente pratica sociale e gestione democratica dell’organizzazione.
Non siamo d’accordo per questo con la scelta fatta dai compagni de l’Ernesto di confluire all’interno del PdCI senza affrontare le grosse contraddizioni teoriche e politiche di questa formazione, divenuta sempre più un involucro vuoto, e senza rimettere in discussione il contenitore politicista della Federazione della Sinistra. Nel PdCI non si parla più di partito di lotta e di governo, ma, salvo rare eccezioni, si pratica solo l’attività di governo in tutte le giunte dove il PD non mette il veto
Il tema dell’unità dei comunisti e di tutte le realtà politiche che guardano al socialismo deve essere primario per riconquistare un minimo di credibilità ed ottenere maggior coesione e forza. La forma federativa della FdS sta dimostrando il suo fallimento a causa della conflittualità concorrenziale tra i partiti e movimenti. Il che rappresenta appieno lo stato delle realtà che si rifanno al comunismo in Italia. La scelta dei dirigenti dell’ex corrente Ernesto, prima scissione interna della FdS, ha dimostrato che gli stessi promotori dell’Unità dei comunisti hanno preferito dividere ulteriormente i due principali partiti comunisti d’Italia. Ma in politica si pensa ancora che le scissioni e tutto il veleno che ne portano possano unire. Follia. Credo che sia indispensabile creare un nuovo partito unito che guardi al socialismo, ma che non sia una fusione a freddo tra due o più partiti, con delle quote dirigenziali studiate a tavolino. Servirebbe una reale costituente per ripartire da zero: uniti, ma rinnovati. Utopia pura.


Un programma coerentemente rivoluzionario e comunista.
Unire e far crescere le diverse lotte di resistenza alla crisi rappresenta il compito immediato per sviluppare un forte movimento di opposizione sociale e politico contro le manovre antipopolari
Non pagare il debito, nazionalizzare le principali banche, colpire la speculazione finanziaria e l’evasione fiscale, tassare i grandi patrimoni ed i redditi alti, tagliare le spese militari e ritirarsi subito dagli scenari di guerra
-La centralità di una linea politica anticapitalista e di una pratica di opposizione, elaborate e verificate nel vivo della lotta di classe e del radicamento sociale rappresenta un primo elemento di garanzia;
-La critica alla “doppiezza” tra enunciazioni “rivoluzionarie” e pratica politica opportunista, diventa una necessità per recuperare una sostanziale coerenza tra fini e mezzi della azione politica, tra programma e scelte istituzionali
-l’organizzazione del partito e lo stile di lavoro devono essere coerenti con le finalità del nostro programma politico. La democrazia interna, la partecipazione di base nella definizione delle scelte, la formazione dei programmi di lavoro e dei gruppi dirigenti
- La formazione politica e la socializzazione delle esperienze, rivolta in particolare ai giovani ed ai militanti impegnati nel lavoro di massa, sono indispensabili per la crescita di un gruppo dirigente diffuso, esperto ed affidabile
Concordo perfettamente su questa linea.
1) Lotta di classe con una linea politica anticapitalista.
2) Autocritica interna per aver sfornato una classe dirigente in gran parte opportunista, in gran parte uscita dal partito.
3) Coerenza tra quello che si dice e che si fa e valorizzazione della democrazia interna.
4) Formazione, e aggiungerei rinnovamento, dalla teoria alla pratica. A partire dai giovani.

Conclusione.
Il terzo documento (Targetti) vuole ricostruire la Rifondazione Comunista per l’alternativa, contro i partiti liberisti italiani, contro l’imperialismo. Per l’uscita dalla Nato e la cancellazione del debito, contro la BCE e la precarietà. Per la costruzione di un partito comunista unito con un programma coerentemente rivoluzionario.

2 commenti:

  1. Compagno, noi purtroppo fatichiamo a vedere anche in questo documento riferimenti espliciti alla sovranità nazionale e all'antimperialismo.
    Apprezziamo l'apertura a temi fondamentali come l'organizzazione e la linea politica ( che fanno del Prc sostanzialmente un partito non comunista ) ma non vediamo nessuna proposta concreta.
    Non sappiamo cosa voteranno i nostri compagni che militano nel Prc ( che non sono ancora stati sospesi...) ma crediamo sia il caso di preparare un' "exit strategy".
    Noi abbiamo iniziato.

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  2. Personalmente trovo questo documento più digeribile del primo, ma concordo su quanto dici.

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