Autunno 2013: i partiti della vera o presunta sinistra vanno ai congressi con la netta sensazione del "il meglio è passato". Anch'io, nel mio piccolo, farò la mia parte da bravo cittadino impegnato. Ma prima di esporre la mia posizione voglio sapere una cosa, la chiedo a voi perchè tipicamente sono sempre l'ultimo a sapere le cose su di me. Sono o non sono un "infiltrato" di Rifondazione Comunista?
Oggi ho denunciato che vi sono manovre di infiltrazione da parte dei servizi nei confronti di Rifondazione. L’ho fatto perché se qualcuno ha idea di far succedere qualcosa di strano, sappia che siamo al corrente delle loro manovre. Loro si muovono nell’ombra, nell’ambiguità e lavorano per far casino. Noi siamo per la luce, la chiarezza, le battaglie alla luce del sole (Paolo Ferrero).
La battaglia congressuale, alla luce del sole, inizia nel migliore dei modi.
La maggioranza di Ferrero alza la soglia di presentazione dei documenti dal 3% al 10%. La base del partito, quella base militante che non sta mai con le mani in tasca, supera il problema. Servivano 500 firme per presentare un documento alternativo, in pochi giorni ne sono arrivate quasi 900.
A quel punto alcuni fedeli della maggioranza di Ferrero si rinchiudono in qualche oscura stanzetta e iniziano a telefonare, uno ad uno, ai quasi 900 firmatari sperando in qualche errore, in qualche firma falsa, in qualche ripensamento, senza trovarne però alcuno.
Sono forse queste le "battaglie alla luce del sole"? L'assenza di fiducia reciproca tra i compagni è segnale di logorazione interna di un partito che ha perso la retta via, non solo politica, ma anche morale.
Molti mi hanno chiesto quale documento sosterrò. La risposta penso sia ovvia. A differenza delle "trottole politiche", io ho la mia posizione ferma perchè sono certo delle mie convinzioni, o per lo meno, non sono ancora stato smentito dalla storia recente.
Sosterrò e voterò il documento 3 per una svolta radicale e radicata, perchè alla codardia del "lasciamo (quasi) tutto uguale" preferisco "il coraggio del cambiamento".
Voterò il documento 3 perchè una prospettiva a medio lungo termine è indispensabile ed è evidente a tutti come la linea della maggioranza, anno dopo anno, muta continuamente mostrando una debolezza di prospettiva.
Ecco perchè parlo di rinnovamento, azione, formazione e prospettiva per salvaguardare il nostro patrimonio culturale e lottare per sovvertire il sistema vigente.
Ora che il documento 3 è stato presentato si è tornato ai vecchi metodi: dare dell'infiltrato o dell'estremista a chiunque non sia allineato con i capi del partito.
Cosa sia un infiltrato o un'estremista è opinabile. Io ricordo che l'attuale segretario di Rifondazione Comunista negli anni '90 festeggiava la caduta del Muro di Berlino e del Socialismo Reale, quando era ministro (insieme a persone come Mastella) della Repubblica Italiana, affermava di essere più valdese che comunista, due anni fa sosteneva il fronte antiberlusconiano con il PD, quel PD che prima con Monti e ora con Letta è alleato del PDL.
Chi è o che cos'è un infiltrato? Eviterei queste inutili diatribe e accuse. Iniziamo a parlare dei contenuti del documento congressuale, qui sotto da me riassunto. Il mio invito è quello di leggerlo e votarlo. Leggerlo è un atto dovuto, votarlo è una vostra libera scelta.
Concludo dicendo che sono davvero nauseato da dirigenti, anche storici, e da semplici iscritti che allegramente e senza ritegno affermano che voteranno il documento 1 anche senza averlo letto, perchè così gli è stato detto di fare. E' forse questo il livello del nostro dibattito? Se è così bisogna dirlo chiaramente: si merita l'estinzione. Buona lettura.
Per la Rifondazione di un Partito Comunista (documento 3)
Unire la classe, organizzare il conflitto, costruire l’intellettuale collettivo
Mi sono convinto che anche quando tutto è o pare perduto, bisogna rimettersi tranquillamente all’opera, ricominciando dall’inizio. Mi sono convinto che bisogna sempre contare solo su se stessi e sulle proprie forze, non attendersi niente da nessuno e quindi non procurarsi delusioni. Che occorre proporsi di fare solo ciò che si sa e si può fare e andare per la propria via.
Antonio Gramsci (dalla lettera al fratello Carlo del 12/09/1927)
I. La crisi economica e politica
La crisi ha la sua origine profonda nella controrivoluzione neoliberista in atto a partire dal 1973, per rispondere all’avanzata del movimento operaio, attraverso la quale le classi dominanti del mondo occidentale hanno imposto nei propri Paesi un progressivo spostamento della ricchezza dal basso verso l’altro, ingenerando una spaventosa divaricazione tra salari e profitti, una continua perdita di potere d’acquisto e come se non bastasse un aumento dei tassi di disoccupazione soprattutto tra i giovani. Un sistema di bassi salari che è riuscito a non collassare fino al 2008 solo grazie alle politiche di credito facile del sistema bancario, che tuttavia si sono convertite in un gigantesco e non solvibile debito privato delle famiglie. Tutto ciò ha prodotto tre fattori di risposta alla crisi e al progressivo restringimento dei margini di profitto per i capitalisti:
a) Un aumento della concorrenza internazionale tra i poli e le potenze capitaliste per la spartizione delle aree geo-strategiche e delle risorse del pianeta allo scopo di mantenere, o conquistare, posizioni di supremazia sul mercato globale internazionale
b) L’affermarsi di un modello produttivo flessibile in tutti i Paesi capitalisti, basato sulle caratteristiche di una filiera produttiva distribuita ormai a livello internazionale (e non più concentrata solo su base nazionale), su forti incentivi alle delocalizzazioni e alla deregolamentazione del mercato del lavoro
c) Un aumento smisurato del capitale speculativo rispetto a quello produttivo. Con la saturazione dei mercati, le imprese monopoliste rispondono al restringimento dei margini di profitto nell’economia reale spostando capitali sempre più ingenti verso quella speculativa. In Italia questo processo è stato accompagnato da una politica di forte privatizzazione e svendita delle risorse e del patrimonio pubblico
2. La gestione capitalistica della crisi
Disoccupazione di massa e licenziamenti, salari da fame, devastazione dei territori, militarizzazione e missioni di guerra… sono queste le direttrici lungo la quale i capitalisti cercano di uscire dalla crisi che li attanaglia: una crisi strutturale di sovrapproduzione di merci e di capitali che si avvita su se stessa da trent’anni.
Ma ben lungi dal risolvere la crisi, questi fattori stanno ridisegnando gli equilibri internazionali e interni dei singoli Paesi capitalistici in chiave regressiva senza poter dare più alcuna prospettiva di miglioramento delle proprie condizioni di vita alla stragrande maggioranza della popolazione.
Nei Paesi come l’Italia il debito pubblico ed i vincoli della moneta unica vengono utilizzati come arma di ricatto sui lavoratori dipendenti e precari per imporre ulteriori restrizioni salariali, la cancellazione del welfare (il salario indiretto) e la svendita dei settori strategici. Nel nostro continente le politiche di austerity vengono imposte dalla Troika (UE-BCE-FMI), attraverso i trattati di Maastricht e di Lisbona, oltre che tramite misure come il Fiscal Compact, riducendo la sovranità popolare residua alla scelta di quale boia insaponi la corda per il collo del moderno proletariato.
Ci troviamo insomma anche noi nella situazione drammatica (e pericolosa) che Gramsci descriveva con le parole: “Il vecchio è morto e il nuovo non può nascere”.
La delegittimazione del sistema politico si rivolge così verso differenti forme di rifiuto populistico che si scagliano contro la degenerazione e la corruzione del sistema dominante, senza legarle alle questioni sociali che sono alla base delle sofferenze delle masse salariate che pagano i costi della crisi.
Le classi dominanti ridisegnano allora anche la geografia politica imponendo le ricette della BCE, attraverso governi di eccezione permanente (di “emergenza nazionale”, di “alternanza” o di “larghe intese”) che sembrano caratterizzare l’ingresso in questa sorta di Terza Repubblica.
3. L’analisi della composizione di classe
Per recuperare un rapporto organico con la nostra classe di riferimento è indispensabile che il partito si doti di un’analisi del capitalismo contemporaneo, dei rapporti e della composizione attuale del blocco sociale di riferimento, di un’analisi di come oggi si articola la lotta di classe nei luoghi fisici e materiali del conflitto, in primis nelle fabbriche e nelle periferie metropolitane, ripristinando la pratica delle inchieste operaie
Nostro obiettivo dev’essere quello di riallacciare i legami con milioni di operai, lavoratori subordinati, precari e lavoratori immigrati che ogni giorno, consapevolmente o inconsapevolmente, mettono in discussione l’esistenza stessa del capitalismo.
Le varie forme di lotta, se lasciate sole e frammentate, non hanno vita facile e duratura, prive spesso di una direzione generale, di obiettivi precisi e di una identità autonoma, mentre le classi dominanti si sono dotate di tutti gli strumenti politici, organizzativi, giuridici e culturali per condurre una vera e propria lotta di classe dell’alto, con l’obiettivo di battere e dividere le lotte.
Il nostro compito, come Partito, non è semplicemente quello di avere una presenza nelle lotte, ma di contribuire alla ricomposizione di un ampio blocco sociale intorno alla classe lavoratrice, nelle sue varie e nuove articolazioni, dare un sbocco politico alle rivendicazioni sindacali, trasformando la lotta economica in lotta politica, far crescere una coscienza complessiva e di classe.
4. La necessità di un’alternativa di sistema.
La proprietà privata dei mezzi di produzione e l’appropriazione da parte di un pugno di monopoli della ricchezza prodotta da milioni di persone costituisce ormai un evidente ostacolo per la dignità e per il progresso umano. Noi pensiamo che questa crisi economica, sociale, ambientale e morale non si possa risolvere mantenendo le compatibilità con il sistema capitalistico e neppure semplicemente correggendo le politiche iper-liberiste di questi ultimi vent’anni, con semplici palliativi di sostegno al consumo, con nuove regole per contenere la competizione tra poli e interessi capitalistici concorrenti oppure riducendo i costi e la corruzione della politica. Le ipotesi socialdemocratiche e neomoderate sono in crisi perché il capitale non ha oggi la possibilità di redistribuire il “surplus” che produce (per il disequilibrio tra capacità produttiva e possibilità di consumo, caratteristico del modello capitalista) ed è anzi in preda a una feroce guerra internazionale tra potenze e frazioni della borghesia per accaparrarsi fette dei profitti una a danno delle altre.
Tuttavia proprio la mancanza di una proposta di radicale alternativa, basata su una lettura di classe della crisi, alimenta nei settori sociali subalterni l’illusione che la soluzione risieda nelle ricette economiche e populiste fornite dai media borghesi.
L’unica via d’uscita a sinistra da questa crisi capitalistica è l’uscita dal capitalismo stesso e l’adozione di un nuovo modello sociale e di produzione.
Superare qualsiasi forma di subalternità rispetto al progetto “euro-capitalista” del PD, rompere con qualsiasi forma di internità o di ambiguità nei rapporti col centrosinistra, rappresentano condizioni essenziali per costruire quella alternativa di classe e di sistema, che non è più solo una giusta prospettiva ideale, ma che comincia già oggi ad essere una necessità pratica per continuare a vivere in maniera dignitosa.
5. Maggioritario, sovranità popolare ed istituzioni
Le istituzioni, e quindi le elezioni, riflettono i rapporti di forza nella società ed è a partire da questi che si misura il consenso. Troppe volte abbiamo dimenticato questo banale elemento di analisi marxista e abbiamo tentato l’autoconservazione a partire dalla presenza istituzionale. Dobbiamo invertire questa tendenza fallimentare e ripartire dal radicamento sociale e dall’internità ai conflitti, chiarendo una volta per tutte che il Parlamento è per noi un mezzo e non il fine. La presenza istituzionale, se correttamente utilizzata, può e deve rafforzare le lotte popolari e rappresenta una articolazione importante (ma non centrale) per far avanzare il nostro progetto politico. Battersi contro il sistema maggioritario e per il proporzionale è parte della lotta più generale per la democrazia, per il diritto alla rappresentanza del conflitto sociale e contro la separatezza della politica dalla vita quotidiana delle persone..
Per definire la rappresentanza è fondamentale il coinvolgimento dei territori, e dei luoghi della pratica politica, per segnare una concreta coerenza tra candidature ed esperienze di lotta, dimostrare una reale diversità dalla cosiddetta“casta”e rompere con la logica del “porcellum”.
6. Alternativi al centrosinistra
La situazione generale è tale da risolvere anche la tradizionale discussione sul problema delle alleanze politico-elettorali, che ha diviso la sinistra di opposizione e i comunisti e che è stata spesso alla base di numerose scissioni.
Le motivazioni a sostegno delle alleanze col centrosinistra (in primis il fronte anti-Berlusconi) sono tutte venute meno man mano che il PD ha accentuato la sua complicità e organicità alle politiche neoliberiste, già negli anni passati. Il sostegno al Governo Monti ed alle sue politiche antipopolari insieme a Berlusconi (attacco all’art.18, controriforma del mercato del lavoro e delle pensioni, taglio della spesa sociale e patto di stabilità, politiche fiscali..), la manomissione della Costituzione per adeguarla ai diktat della BCE, fino ad arrivare all’attuale governo di larghe intese Letta–Alfano, che cerca di completare l’opera sotto la regìa presidenzialista di Napolitano, rappresentano un riposizionamento strategico del centrosinistra, incompatibile per chi intenda lavorare ad una alternativa di sistema. Non a caso quasi tutte le esperienze di alleanza col centrosinistra, stanno logorando ormai da tempo la nostra credibilità in ampi settori popolari e rappresentano uno dei fattori della nostra crisi politico-organizzativa.
II. La Rifondazione Comunista oggi
7. Imparare dalle sconfitte per ricostruire un ruolo utile dei comunisti
Ricostruire oggi un ruolo utile dei comunisti significa dotarsi di una rinnovata analisi del capitalismo e dei nostri compiti di rivoluzionari nella crisi. Non dobbiamo aver paura di andare alla radice dei nostri errori.
Non basta più parlare in modo generico della rifondazione comunista. Possiamo e dobbiamo salvare il patrimonio del PRC, mettere in sicurezza la sua autonomia politica ed organizzativa da ogni ipotesi liquidazionista. Ma questo sarà possibile solo rilanciando una forte iniziativa, un vero e proprio movimento per rifondare/ricostruire un partito comunista, degno di questo nome, quale indispensabile strumento politico-organizzativo, nel vivo dello scontro di classe, insieme ai movimenti anti-austerity e in alternativa a tutti i poli della governabilità nel nostro paese,. significa contribuire con un proprio autonomo ruolo alla riaggregazione di uno schieramento anticapitalista, quale terreno concreto nel quale i comunisti possono dimostrare un proprio ruolo utile e credibile. Significa porsi in netta alternativa a tutti i poli della governabilità capitalistica nel nostro Paese e non come la loro stampella sinistra..
Unire i comunisti. Non servono fusioni a freddo o la mera unità di gruppi dirigenti, bisogna innanzitutto cominciare a unire le linee e le pratiche sociali prima dei contenitori.per risolvere in positivo i nodi di fondo, alla base di sconfitte e scissioni, come la rottura della subalternità al centrosinistra e delle compatibilità col capitale finanziario europeo, un indirizzo sindacale comune per tutti i comunisti/e, un investimento “nei” movimenti e non “sui” movimenti, una nuova democrazia operaia e comunista.
8. Un Partito nuovo: rifondare la coscienza di classe mentre rifondiamo il Partito
L’attuale frammentazione della nostra classe, indotta intenzionalmente e con successo dal dominio capitalistico, può essere contrastata efficacemente e rovesciata solo da un Partito capace innanzitutto di capire i profondi cambiamenti che stanno attraversando il mondo del lavoro. Principale obbiettivo deve essere il radicamento, eventualmente elaborando opportune e inedite forme organizzative. A partire dalle condizioni di sfruttamento dei lavoratori, il Partito deve ricostruire una coscienza delle contraddizioni insite nel capitalismo, una coscienza di classe e da qui l’organizzazione politica autonoma del nuovo proletariato: un nuovo partito comunista.
L’organizzazione del Partito deve poter aderire plasticamente alle nuove forme di organizzazione del lavoro, e a tal fine abbiamo bisogno di forme organizzative nuove e antiche al tempo stesso, cioè cellule o collettivi o nuclei comunisti in ogni luogo di lavoro e anche in ogni “ambiente” in cui vive la nostra classe. Ovunque ci sono comunisti, lì sorga una cellula!
9. L’ organizzazione di classe
Dal punto di vista organizzativo, concepire il Partito come intellettuale collettivo pone l’esigenza di formare di militanti per essere in grado di svolgere un ruolo di direzione politica sui territori e nel vivo delle lotte. In questo modo è possibile eliminare la notevole separazione, oggi esistente, tra analisi, elaborazione politica e pratiche sociali e di lotta nei territori. Una verifica dell’attuale struttura territoriale si rende ormai necessaria. Occorre promuovere una vera e propria autoriforma politica ed organizzativa.
A) I Circoli e le Sezioni territoriali, oltre a svolgere una funzione peculiare e preziosa di “Case del popolo” per favorire ogni forma di aggregazione popolare e di classe, dovranno fungere da luogo che annoda e coordina queste nuove, necessarie, istanze di base nelle quali rifondare una presenza comunista organizzata interna alla società capitalistica attuale
B) Il metodo dell’inchiesta e le pratiche di radicamento. Una costante attività di inchiesta a partire dai territori e nel vivo delle lotte si rende necessaria per capire quale sia la composizione di classe, la struttura della produzione, il grado di integrazione sociale delle comunità migranti
C) L’autofinanziamento: è di vitale importanza dare dimensione organizzata all’autofinanziamento: occorre creare un circuito centralizzato delle feste di Liberazione e utilizzare diversamente i circoli territoriali anche a scopo economico.
D) Comunicazione, informazione, propaganda. Dopo la drastica riduzione della nostra presenza mediatica, dobbiamo imparare a sopravvivere politicamente pur in mancanza di tali strumenti informativi (anche in relazione alla chiusura di Liberazione in formato cartaceo, la cui riapertura deve comunque restare un obiettivo irremovibile). Occorre dotarci di un autonomo sistema di informazione e di comunicazione, e per questo lo sforzo di “Liberazione” non può continuare ad essere ignorato dal Partito.
10. Il Partito e la questione del potere
Il problema dei marxisti in Italia non è solo organizzativo, ma essenzialmente di impostazione teorica. Gli ideali rivoluzionari alla base della Rivoluzione d’Ottobre non sono oggi assunti come riferimento dalle classi subalterne, principalmente, perché i comunisti non sono stati in grado di dare continuità e di compiere il processo della rifondazione di un partito ispirato alla teoria di Marx, Lenin e Gramsci.
11. La democrazia comunista, pre-condizione necessaria
Il tema della democrazia non è un problema come tutti gli altri ma è la pre-condizione necessaria per poter affrontare la questione della ricostruzione del Partito e della formazione di un nuovo gruppo dirigente: la democrazia comunista è infatti il nome che prende la questione del rapporto contraddittorio che esiste fra classe e partito e fra la base militante ed i gruppi dirigenti, a tutti i livelli di responsabilità.Le attuali degenerazioni correntizie però non sono nulla di tutto questo, sono altra cosa da un confronto plurale sulle opzioni strategiche tra aree programmatiche, impegnate a ricercare sintesi e verifiche continue. Hanno assunto le caratteristiche di cordate funzionali solo ad autopromuovere un proprio mini-gruppo dirigente senza nessuna connessione con l’autocritica, la verifica del lavoro e delle capacità nella realtà, ma basate unicamente sulla logica della cooptazione. Per questi motivi la nostra lotta contro le degenerazioni correntizie è da intendersi unicamente per promuovere una rinnovata democrazia comunista, una coerenza di fondo tra organizzazione, stile di lavoro e finalità della nostra azione politica:
a) verifica periodica del lavoro svolto dai dirigenti da parte dell’organo che li ha eletti (vincolo di mandato);
b) ragionevole rotazione degli incarichi, limite ai mandati (specie istituzionali) ed al cumulo degli incarichi; ;
c) creazione a tutti i livelli delle condizioni di una effettiva partecipazione delle compagne per rimettere in discussione il carattere maschile e patriarcale, presente anche nella organizzazione del Partito;
d) pubblicità di tutti gli atti politici del Partito, per quanto possibile, e libero accesso di tutti i compagni/e ai luoghi di discussione politica e ai media di cui dispone il Partito;
e) formazione politica continua e ricorrente in ogni momento della vita di ciascun/a militante, soprattutto tra i giovani ed i neo-iscritti, per la promozione di una nuova leva di quadri comunisti;
f) autofinanziamento del partito sempre più legato al lavoro di massa e sempre meno alle presenze istituzionali.
12. Sindacalismo di classe e questione operaia
Il nostro principale lavoro deve essere quello di riproporre moderne forme consiliari e di democrazia diretta come espressione vera dei lavoratori (e non strutture controllate dalle centrali sindacali). Non dobbiamo abbandonare il progetto ambizioso di lavorare alla ricostruzione di pratiche vertenziali comuni, di un movimento sindacale unitario e di classe, e tutti i comunisti ovunque organizzati devono coordinarsi per avanzare nella realizzazione di questo progetto per superare la frammentazione attraverso orientamenti, obiettivi e pratiche sindacali comuni, svincolate dalla competizione tra diverse sigle.
Più in generale sui temi del lavoro e sulle iniziative lanciate in merito dal Partito, è necessario preparare e convocare almeno ogni anno una Conferenza nazionale dei lavoratori e delle lavoratrici comunisti.
13. Il radicamento sociale
Rifondare e ricostruire un Partito Comunista significa fare i conti con il radicamento nelle classi lavoratrici anche fuori dai contesti della produzione. Si impone una rinnovata iniziativa di presenza sociale con prospettive di massa. Per troppo tempo abbiamo delegato a forme mediatiche e “sentimentali” la ricerca di consenso, affidandoci al carisma dei capi. Questo meccanismo debole e labile si è rivelato non solo insufficiente, ma persino dannoso: le scelte sbagliate prima e l’autoconservazione poi, hanno screditato in un colpo solo tanto i capi quanto l’intero Partito.
Le pratiche sociali possono e devono contribuire alla costruzione di movimenti anticapitalisti e forme di autoorganizzazione, all’interno dei quali i comunisti possono recuperare il contatto con ampi settori popolari, con il duplice obiettivo di fornire strumenti di resistenza immediata e di orientamento più generale. Pertanto, l ‘iniziativa sociale non può essere lasciata alla spontaneità dei singoli compagni, ma va pianificata e coordinata a tutti i livelli dandogli continuità e senso politico.. Rifondazione Comunista dovrà a breve dotarsi di un programma complessivo per il radicamento sociale, di ricomposizione della propria iniziativa sociale e di unità con le iniziative autorganizzate sviluppatesi in questi anni. Un Partito rinnovato in tutti i suoi aspetti dovrà saper fare i conti con l’infinita rete di esperienze culturali, mutualistiche, solidaristiche che in questi anni non solo non siamo stati in grado di egemonizzare efficacemente, ma nemmeno di unire e ricondurre verso obiettivi politici di ampio respiro. La ricostruzione delle “casematte” e la loro riconquista deve essere un binario sul quale si deve misurare tutto il Partito e sul quale si impernia la nostra capacità di attrarre forze alla nostra causa sul terreno della quotidianità e della concretezza.
14. La formazione ed il partito come intellettuale collettivo
La formazione dev’essere lo strumento per dotare il Partito di un gruppo dirigente all’altezza della fase e della lotta di classe, abbandonando definitivamente i criteri di selezione adottati finora, basati sulla spartizione pattizia e sull’appartenenza a correnti o cordate.
Il Partito deve farsi, gramscianamente, “intellettuale collettivo”, fucina delle lotte e luogo di elaborazione teorica e di un’analisi di classe, indispensabile a guidarci nella prassi quotidiana. Si darebbe così una risposta alle istanze di maggiore coinvolgimento dal basso.
La fase che ci troviamo ad affrontare ci ripropone con forza l’attualità del conflitto capitale-lavoro, ed i comunisti devono essere preparati, dal punto di vista politico, teorico ed organizzativo, alla lotta di classe. Ora più che mai è necessario non solo stare nelle lotte, ma portarvi una proposta concreta e credibile, che torni a farci percepire come il soggetto di riferimento delle classi subalterne.
III. Conflitti e internità ai movimenti
15. Fuori dai diktat della Troika, contro l’Euro e per una strategia di uscita dal monetarismo euroliberista
Il contesto attuale rende ormai più che palese che parlare ad oggi di “Europa dei popoli” non fa alcuna chiarezza e semmai offusca il vero ruolo dell’Unione Europea. Nella coscienza di un assetto profondamente sbilanciato (di fatto a favore del capitale tedesco) che tale istituzione ha acquisito, il nostro scopo deve essere quello di mettere a profonda critica le logiche stesse su cui questa Europa si mantiene. Dobbiamo tornare a parlare con chiarezza di possibili alternative alla moneta unica, che facciano tornare in capo agli Stati ed alla sovranità popolare le scelte di politica economica ma anche monetaria e fiscale
A partire dunque da parole d’ordine come: la decisa messa in discussione dell’Euro (che non può più essere un tabù se davvero pensiamo che non possa esistere sovranità popolare senza un’effettiva sovranità su moneta e economia), l’abolizione dei trattati di Maastricht e seguenti, la difesa del potere d’acquisto dei salari che dobbiamo lavorare per costruire un grande e unitario movimento di classe che travalichi i confini nazionali in un’ottica apertamente internazionalista, con particolare attenzione anche al Mediterraneo, impegnandoci a trovare sponde di dialogo anche al di fuori della Sinistra Europea, con i Partiti comunisti degli altri Paesi europei ed in particolare dell’Europa meridionale.
16. Solidarietà internazionale e antimperialismo
Dobbiamo lottare concretamente contro la propaganda mediatica occidentale e ricostruire relazioni e confronto con altre forze comuniste ed anticapitaliste nel mondo, con le associazioni progressiste di migranti, con le associazioni pacifiste e internazionaliste. Riprendere il filo della solidarietà alla resistenza palestinese, alla rivoluzione cubana, alle lotte popolari in America Latina, all’autodeterminazione dei popoli (sahrawi, curda, ecc…), approcciare con maggiore razionalità alle differenti e a volte contradditorie esperienze di socialismo a livello planetario, costruire reti di informazione e solidarietà con i processi di emancipazione.
In questa ottica, Rifondazione Comunista deve saper leggere la pericolosa situazione che si sta creando sullo scacchiere dell’oceano Pacifico sempre più militarizzato da USA e Giappone
Il PRC si batte per la ripubblicizzazione dell’industria bellica nazionale e per concreti progetti di riconversione, per estrometterla dal mercato internazionale degli armamenti indirizzato dai trattati Nato, e contro il ruolo imperialista del capitale italiano: dobbiamo pretendere il controllo popolare sulla industria bellica e la sua riconversione, la sospensione di pratiche di sfruttamento e di colonizzazione delle imprese italiane all’estero. Il movimento sviluppatosi contro le installazioni Muos in Sicilia, che segue di qualche anno quello contro la base militare di Vicenza e si accosta a quello storico contro le basi USA in Sardegna, offre l’occasione di riorganizzare e riaggregare il fronte pacifista su parole d’ordine generali che solo i comunisti possono elaborare: per questo il PRC se ne fa convintamente promotore in tutto il Paese. Infine, il PRC rinnova il suo impegno all’interno dell’Incontro Internazionale dei Partiti Comunisti ed Operai e quello dei Giovani Comunisti nella Federazione Mondiale della Gioventù Democratica.
17. La questione meridionale oggi
Una nuova questione meridionale investe, quindi, il nostro Paese e il Partito della Rifondazione Comunista deve avere la capacità di portarla al centro del dibattito politico con la consapevolezza che la possibilità di frequentare una scuola dignitosa, curarsi senza problemi e potersi realizzare nel lavoro non possono dipendere dalla parte del Paese in cui si nasce. È in un contesto come questo, infatti, in cui l’assenza di occupazione è sintomo di una più generale assenza dello stato, che proliferano e affondano le loro radici ad una profondità sempre maggiore le organizzazioni che di volta in volta assumono i nomi di Cosa nostra, ‘Ndrangheta, Camorra o Sacra corona unita. Nomi a cui siamo abituati da anni di cronaca nera, dietro i quali si nascondono realtà che sorgono in aperto contrasto con lo stato proprio perché scontrandosi sul terreno dalle stesse prerogative riescono a garantire un controllo capillare del territorio
18. La contraddizione di genere e l’emancipazione della donna
La più violenta conseguenza del ruolo sociale della donna e della sua “inferiorità fisica” è il fenomeno del femminicidio. Questo stesso termine è spesso al centro di discussioni teoriche da parte dei media borghesi che inculcano dubbi riguardo la sua legittimità. È pratica diffusa cercare di sostituirlo con termini come “delitto passionale”, più consoni a una rubrica di gossip e cronaca nera, ma che altro non sono che tentativi di negarne la valenza politica. Il Partito della Rifondazione Comunista, deve farsi promotore di una visione di classe del fenomeno. Un partito comunista deve saper affrontare la questione di genere non come guerra fra sessi, ma in un’ottica di classe, come aspetto determinante della lotta contro il capitalismo e tutte le forme di sfruttamento.
Il proletariato non raggiungerà una effettiva liberazione, se non sarà contemporaneamente conquistata una completa libertà per le donne.
19. Per una nuova resistenza antifascista e antirazzista.
Contro il fascismo bisogna lottare ininterrottamente tutto l’anno, radicando il nostro Partito ed una visione anticapitalista e rivoluzionaria tra le nuove generazioni ed i lavoratori con un intenso lavoro politico, culturale ed organizzativo, coordinando le proprie forze sui territori, nelle sezioni dell’Anpi, nelle reti antifasciste autorganizzate, nel tentativo di costruire il più vasto schieramento sociale contro i rigurgiti reazionari.
Il nostro obiettivo dev’essere quello di costruire una mobilitazione continua contro il fascismo ed i pericoli che incombono sulla nostra Costituzione, denunciando con forza anche la collusione di apparati repressivi dello Stato con le organizzazioni eversive della destra, destando le classi lavoratrici dal torpore di questi decenni e spingendole all’impegno politico, per contrastare le derive reazionarie del capitalismo e riaffermare nell’antifascismo la coscienza politica del popolo italiano.
Il PRC e tutto il movimento antifascista si deve assumere l’impegno di portare avanti in tutte le istanze la campagna per lo scioglimento delle organizzazioni neo-fasciste e neo-naziste senza concessioni alla politica della cosiddetta “riconciliazione nazionale”.
20. I movimenti sociali: saperi, acqua, grandi opere
In generale Rifondazione Comunista deve adeguare la propria analisi dei movimenti sociali, scegliere di lavorarci all’interno per superarne i limiti particolaristici e, spesso, la composizione interclassista, ma deve anche dimostrare coerenza con le scelte istituzionali (non di rado siamo alleati con il PD che è controparte di questi movimenti!). Il compito di lunga lena dei comunisti deve essere quello di conquistare sul campo un ruolo dirigente ed egemonico dei fronti di lotta, lavorando per un loro concreto collegamento e adoperandosi per una ricomposizione di classe.
21. Una nuova politica energetica e ambientale
Per eliminare gli enormi sprechi materiali e delle risorse naturali, caratterizzanti l’anarchia del mercato capitalistico, bisogna quindi rimettere all’ordine del giorno la questione della nazionalizzazione dei principali centri industriali del Paese, rendendo chiaro il messaggio che l’ecologismo e l’ambientalismo hanno senso solo in un’anticapitalista e di classe, che rimetta in discussione i rapporti di produzione.
Uguale discorso va svolto per il settore energetico, il quale per troppi anni è stato lasciato in balia della sorte senza l’emanazione di un Piano energetico nazionale che permettesse di raggiungere degli obiettivi strategici di grande importanza per lo Stato come l’indipendenza energetica (entro i limiti del possibile) e l’abbattimento sia delle emissioni inquinanti che dei costi dell’energia.
Conclusioni
Riteniamo fondamentale investire sulla costruzione teorica ed organizzativa della rifondazione comunista, valorizzandone il patrimonio di esperienze e militanza. Siamo comunisti, perché riteniamo assolutamente necessario sviluppare l’opposizione di classe e delineare un’alternativa di sistema, che punti all’abbattimento dello stato di cose presenti e ponga concretamente la questione del potere.
Rifondare un partito comunista degno di questo nome e costruire uno schieramento anticapitalista.
Di queste due cose abbiamo bisogno, non di una sola!, Il nodo politico della fase attuale lo si può sintetizzare nella necessità di modificare gli attuali rapporti di forza e rilanciare il ruolo dei comunisti in settori consistenti della classe, legandoli a un progetto di trasformazione sociale.
Per questo abbiamo bisogno di una svolta radicale di linea politica e di gruppi dirigenti, di una analisi aggiornata del capitalismo e di un programma di fase, per ricostruire con tenacia e coerenza autentici legami con i lavoratori e con un ampio blocco sociale, contribuendo ad elevarne la coscienza di classe.più generale..,
Lottiamo per un nuovo socialismo, ispirato all’internazionalismo ed alla fratellanza universale dei popoli contro l’imperialismo, che guardi alle esperienze di questo nuovo secolo come ad una nuova linfa, che diventi patrimonio comune insieme all’esperienza ed all’eredità delle lotte rivoluzionarie dei secoli scorsi.
Lo spazio per restare in mezzo al guado non c’è più, spazzato via dalla crisi e dalla necessità delle classi dominanti di ridisegnare una nuova geografia del dominio politico e sociale con cui tentare di rilanciare i loro profitti e la competitività
Potete leggere il documento integrale qui
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