sabato 7 febbraio 2015

Crisi, Euro, Italia, Europa. Come uscirne?

Sabato 31 gennaio si è svolto a Roma il Seminario di Rifondazione Comunista "Crisi, Euro, Italia, Europa". Il sito del "Coordinamento Nazionale Sinistra contro l'euro" ha pubblicato gli interventi integrali di Ugo Boghetta e Dino Greco qui sotto riportati.
Un seminario importante, interessante, vitale.
Verrebbe da chiedersi perchè Rifondazione ha aspettato più di un anno per organizzarlo visto l'importanza del tema. Mi domando perchè, da sempre, la discussione sulla sovranità monetaria è anestizzata. Ma qualcosa si muove, forse è troppo tardi. Ma qualcosa si muove.
La vittoria di Syriza e lo scontro frontale con l'UE proiettano, ancora una volta, il tema della sovranità in cima alla nostra agenda politica.
Buona lettura, che questi due interventi possano costruire la base di una discussione interna che non è più rimandabile. Il tempo è ORA!
Chc

Crisi, Euro, Italia, Europa. Intervento di Ugo Boghetta

Che cosa caratterizza la politica di Syriza, quello che dice sull’Europa e sull’euro, oppure la centralità dell’interesse di classe dei lavoratori e quello nazionale del popolo greco in coerenza con il radicamento ottenuto contro i Memorandum? È questa impostazione che consente l’alleanza spuria con Anel invece delle forze di centrosinistra: difesa degli interessi di classe e nazionali contro la Troika e il Liberismo di cui è fautrice. I primi provvedimenti non sono forse stati a favore dei lavoratori e contro le privatizzazioni? Iglesias, del resto, non parla di Tsipras come di un patriota? E Podemos non parla di popolo, patria, nazione? In Italia invece Vendola continua a parlare del PD. E la stessa variegata l’Altra Europa è unita sulla lontananza dalla priorità della questione di classe e quella nazionale. Qui si misura la distanza da una lettura di come la lotta di classe e la lotta politica oggi si svolgono in ambiti nazionali ma anche in forme popolari/populiste. Si tratta, infatti, di leggere da un punto di vista di classe e marxista la fase populista [..]
Del resto non è stata forse la rivoluzione russa, la rivoluzione in un paese solo – a fronte di una sollevazione simultanea europea dimostratasi anche allora astratta – a determinare per decenni la più grande ondata internazionalista e anticolonialista?! È altresì vero che la sua implosione è avvenuta quando progressivamente è virata verso una logica nazionalista-imperiale a scapito del suo fondamento: il rivoluzionamento dei rapporti sociali. Già, perchè noi, abbiamo un altro ed enorme problema: la mancanza di qualsiasi discorso, percorso, analisi, programma di uscita dal sistema capitalista.
La mancanza di Socialismo, di un nuovo e diverso Socialismo. Citiamo spesso Socialismo o Barbarie, ma siccome il Socialismo è assente addirittura come pensiero, allora rimane solo la barbarie. I più audaci parlano di America Latina e di Socialismo del XXI Secolo, ma poi il vuoto: manca il paese, le classi sociali, una lettura del liberismo ai fini della rivoluzione e non la sua fotografia, interpretazione, commento. Le esperienze latino-americane ci insegnano che la strada è quello dello studio della composizione, dell’unificazione di classe, di nuove forme di democrazia. Ed ogni nazione segue il suo specifico percorso. Qui da noi invece c’è la ricerca della chiave economicista che permetta di cambiare le cose senza cambiare i rapporti sociali di produzione, senza creare un blocco storico, un egemonia. Senza cambiare nemmeno il quadro istituzionale. Siamo senza Gramsci e senza Lenin.

In Italia chi ha posto il tema della sovranità nazionale come più favorevole alle forze antiliberiste ed anticapitaliste a sinistra è stato irriso: si è rispolverato la Grande Proletaria, la contiguità con la destra (Syriza ci va al governo), l’impossibilità (contro tutta la storia del movimento operaio) del nazionalismo progressista democratico. La sovranità nazionale, che tutti adesso sembrano volere, è però incomprensibile se non può esercitarsi su questioni economiche, finanziarie, senza la sovranità sulla moneta: anche sulla moneta. La stessa centralità dei bilanci nazionali è tale per la mancanza dello strumento nazionale segato dal modello liberista prima nella nazione (divorzio Banca d’Italia e Tesoro), poi sistematizzato nel trattato di Maastricht e nella BCE. Senza sovranità nazionale vera e piena: Costituzione caput. [..]
 Il problema è l’obiettivo strategico, il nostro modello d’Europa, il rapporto fra nazionalità e livello europeo da raggiungere via via al maturare dei rapporti di forza. Che siamo per disobbedienza, la rottura dei trattati, l’uscita dall’euro, il problema è quale Altra Europa. Cioè un modello d’Europa che unisca i popoli, tenga conto delle loro differenze come dei loro interessi comuni: una confederalità ad esempio. Perché l’Europa per la sinistra radicale deve essere per forza federale: la super nazione europea!? Perchè non pensare ad altre relazioni internazionali oltre la Germania e gli USA, come i Brics?

Perché questo forte richiamo all’obiettivo strategico? Impariamo dai nostri nemici. Nel ’73 decisero che c’era un sovraccarico di democrazia: pezzo dopo pezzo la stanno smantellando. Hanno deciso che i lavoratori ostruivano la massimizzazione del profitto e, colpo dopo colpo, siamo arrivati al contratto individuale. Questo è ciò che ci manca, sono gli obiettivi strategici: un’Altra Europa ed il socialismo. E poi le politiche per perseguirle. Senza saremo in una situazione di affanno: anche con Syriza e Podemos.

Questa è la sfida. Questa è l’asticella. Studiamo pure Syriza, Podemos, i latino-americani, ma poi cerchiamo la nostra strada.

Torniamo a riveder le stelle dopo che per lungo tempo la diritta via è stata smarrita.


Per leggere l'intervento integrale Ugo Boghetta: Crisi, Euro, Italia, Europa



Uscire da sinistra dalla crisi dell’Euro. Intervento di Dino Greco

Il fatto è che l’Unione Europea è prima di tutto la forma politica di un rapporto sociale e, precisamente, di un rapporto sociale imperniato sul dominio del capitale finanziario: l’architettura monetaria che esso ha posto al suo fondamento (e che trova nell’euro non già un sottoprodotto fenomenico, ma il proprio funzionale apparato strumentale) serve appunto a stabilizzare il potere dell’oligarchia liberista che governa l’Europa.  La complessa impalcatura monetarista si configura, cioè, come la specifica risposta strategica del capitalismo continentale (a egemonia tedesca) alla caduta del saggio di profitto e la condizione, dentro un quadro politico-sociale in rapida mutazione reazionaria, per riplasmare l’economia nella conservazione di rapporti capitalistici di produzione fortemente compromessi dalla crisi.

L’ambizioso progetto è quello di liquidare in radice il welfare novecentesco, ridurre strutturalmente i salari a livello di sussistenza, consegnare alla marginalità le forme di aggregazione politica di impronta classista, con l’obiettivo di rendere strutturale l’estrazione di plusvalore assoluto dal lavoro vivo, condizione necessaria in una fase storica in cui la composizione organica e la stupefacente concentrazione del Capitale hanno raggiunto un livello tale da non riuscire a offrire agli investimenti un adeguato rendimento. Siamo, cioè, di fronte a una vera e propria ristrutturazione della formazione economico-sociale capitalistica (nell’accezione marxiana) che coinvolge la struttura economica, cioè il modello di accumulazione, i rapporti sociali e di proprietà, la sovrastruttura politica, i modelli istituzionali ed elettorali e l’ideologia che tiene insieme l’impasto:

– Il modello di Accumulazione: attraverso la costruzione di un paradigma che produce e riproduce il Capitale finanziario, parassitario e speculativo;

– I rapporti di Proprietà: attraverso la spoliazione della proprietà pubblica, la privatizzazione integrale, la messa a profitto di tutto ciò che può assumere i caratteri della merce, la reductio ad    unum delle quattro forme di proprietà previste dalla Costituzione repubblicana (statale, privata, comunitaria, cooperativa);

– La superstruttura Politica e Giuridica: attraverso la sterilizzazione del Parlamento e l’annichilimento della democrazia rappresentativa in favore della concentrazione di tutto il potere negli esecutivi; lo stravolgimento del modello elettorale in funzione maggioritaria, bipartitica e in forma tendenzialmente presidenziale;

– La superstruttura Culturale e Ideologica: sostenuta da un imponente apparato mediatico, che ha sradicato nella coscienza di larghe masse ogni anelito solidaristico per sostituirvi la concezione individualistica e iper-competitiva della borghesia liberale classica [..]
Tocca a noi dire in modo chiaro che all’uscita dall’euro dovrà corrispondere una nuova politica economica e sociale:

- proteggendo i salari attraverso un rilancio delle lotte e del ruolo contrattuale del sindacati;

- reintegrando i diritti del lavoro espropriati dalla crociata anti-operaia in corso;

- rilanciando l’indicizzazione delle retribuzioni al corso della vita;

- ricostruendo un régime previdenziale che così com’è precluderà il diritto alla pensione a due generazioni di italiani;

- riducendo su scala nazionale e in tutti i settori l’orario di lavoro;

- varando nuove politiche fiscali che restituiscano progressività all’imposta sul reddito e prevedendo una tassa strutturale sui grandi patrimoni;

- ponendo un tetto alle retribuzioni e alle pensioni;

- nazionalizzando le banche e i principali asset industriali, a partire dalla siderurgia;

- ridefinendo le regole che disciplinano gli scambi commerciali e i movimenti di capitale.

Si tratta, insomma, di costruire le premesse per un’uscita da sinistra dalla crisi e riscattare l’Europa dal giogo della finanza e dei proprietari universali che stanno succhiando il sangue dei popoli. Certo, per fare queste cose occorrono altri rapporti di forza, e si può a ben titolo obiettare che siamo lontani dalla capacità di mettere in campo una forza d’urto quale sarebbe necessaria, ma con questa piattaforma potremmo rivolgerci sul serio ai proletari di questo Paese e alle forze intellettuali non compromesse con la vulgata corrente, usando argomenti, parole, programmi, proposte che nessun altro può, sa, vuole utilizzare. Proposte che abbiano in sé la forza di rilanciare lotte e dare il senso di una mobilitazione nazionale, ma non nazionalista, solidale, ma non corporativa, europeista, ma non prigioniera dei dogmi del monetarismo liberista.

Ne abbiamo la forza? Nella situazione presente, no. Ma avere una linea chiara oppure non averla non è la stessa cosa. Del resto, una posizione attendista produrrebbe tre effetti massivamente negativi:

a) consegnerebbe la protesta contro l’austerity alla demagogia parafascista di Matteo Salvini, consentendo alla destra più reazionaria di riscuotere la rappresentanza di ampi strati popolari e di ridurre la dialettica politica italiana ad un duello fra la “nuova” Lega in versione lepenista e il Partito Democratico organico al liberismo europeo;

b) genererebbe, di fronte ad una deflagrazione dell’euro, la peggiore delle condizioni, perché il ritorno alla moneta nazionale – senza adeguate contromisure – rovescerebbe sui lavoratori, sui disoccupati, sugli strati più deboli della popolazione uno tsunami sociale di proporzioni devastanti;

c) contribuirebbe all’isolamento della Grecia di Syriza che, invece di schiudere le porte di un’altra Europa, si ritroverebbe sola, stritolata fra le ganasce della tenaglia dei poteri forti europei.


Per leggere l'intervento integrale Dino Greco: Uscire da sinistra dalla crisi dell'euro

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