martedì 28 giugno 2016

Appunti critici sul Partito Comunista Italiano 2.0

E' nato, è rinato. In Italia torna il Partito Comunista Italiano. Si, non è il vecchio PCI. Gramsci, Togliatti, Berlinguer non ci sono più, il socialismo reale è franato, l'Europa e il mondo sono cambiati. Non sono mutati  i problemi. Povertà, diseguaglianze, disoccupazione, guerre. Siamo passati dalla guerra fredda, dal mondo bipolare, al pensiero unico neoliberale, all'egemonia statunitense, e al pericolo degli Stati Uniti d'Europa delle banche.
In tale contesto rinasce il Partito Comunista Italiano con l'obiettivo di riunire i comunisti ovunque collocati e ridare entusiasmo ad una lotta mai finita. Quella per la giustizia sociale e il socialismo.

Ma da dove nasce il nuovo PCI?
Dalla volontà del Partito dei Comunisti Italiani e grazie all'associazione Ricostruire il Partito Comunista. Un lavoro lungo, che iniziò quasi 10 anni fa. Troppo timidamente. In questi ultimi due anni hanno lavorato duro, con fatica, con impegno. Assemblee territoriali città per città, per ricostruire un progetto comunista e il più possibile unitario. Il PdCI si è sciolto, una parte di Rifondazione ha aderito e tanti compagni senza tessera hanno deciso di tornare a fare politica. Tutto questo è l'inizio del nuovo PCI. Un inizio stimolante e attraente mediaticamente, ma con diverse criticità che solo il tempo maturerà.

E' stato formato un Comitato Centrale composto da 157 membri.
Il primo segretario del nuovo PCI è Mauro Alboresi, ex operaio metalmeccanico, ora responsabile sindacale della Camera del lavoro di Bologna.
Il segretario ha già dichiarato di voler lanciare "una campagna per la sanità pubblica e gratuita", ha attaccato l'Europa "Noi siamo favorevoli alla Brexit, l'Europa è dei poteri forti" e ha già detto “No all’Italia nella NATO”.
In segreteria dovrebbero esserci, tra i tanti, l'ex Senatore di Rifondazione Comunista Fosco Giannini e lo storico Alexander Hobel.
Tra i primi obiettivi, rilanciare la Federazione Giovanile Comunista Italiana (FGCI) e iniziare le lotte: contro la precarietà, contro le guerre, contro l'europeismo liberale che sta alimentando in tutta Europa le peggiori destre xenofobe e razziste.
Punto principale. Alle prossime elezioni, ovunque sarà possibile, presentare il simbolo del Partito Comunista Italiano senza più mascherarsi dietro cartelli elettorali.

Pensieri critici.
Un passato che non svanisce
Non basta cambiare nome. Il peso degli errori del passato non svanisce da un giorno all'altro. L'autocritica è necessaria, ma non deve essere solo formale.
Una storia di scissioni, divisioni, conflitti interni che logorano la passione dei compagni e smantellano la credibilità dei comunisti. E' il tempo di unire in un unico partito e dove non è possibile, almeno creare una rete tra tutti i comunisti disposti a combattere il neoliberismo, l'Europa della banche e proteggere la nostra sovranità. La rete Eurostop può essere un punto d'incontro, ma serve un'unità vera.

Alleanze.
Sarà sempre il punto più contradditorio. L'esempio portoghese mostra che la realtà va affrontata, e non negata ideologicamente. Si possono fare alleanze, la tattica elettorale va valutata. Ma solo se c'è un reale beneficio per la classe di riferimento, non possiamo suicidarci con un nuovo Governo Prodi o umiliarci andando a votare alle primarie del PD. Ogni scelta sarà criticabile, ma andrà presa di volta in volta. Oggi è evidente che i rapporti di forza non permettono di fare alcuna alleanza utile e sociale.

La fine del PRC
Dal mio punto di vista l'esperienza del PRC è finita da tempo. E' parte del problema e non può essere una soluzione rientrare in massa in quel partito, come è stato chiesto ad alcuni promotori del nuovo PCI. Oggi nel PRC è rimasto solo (o quasi)  una parte della corrente ferreriana. Il resto è uscito, o uscirà subito dopo il congresso d'autunno. La scelta di sottomettersi a Sinistra Italiana e rifiutare l'unità dei comunisti ha la sua conseguenza. Una parte del PRC ha aderito al PCI. Senza veleni, sono due progetti distinti che potranno collaborare. Ad oggi però non ci sono le giuste condizioni.

Internazionalismo
Il congresso della Costituente Comunista ha avuto una rilevante presenza internazionale. Dai compagni cubani e vietnamiti, ai compagni siriani. Molti messaggi da tutto il mondo, dalla Svizzera fino al Brasile. Vicinanza politica. Ho notato una scarsa presenza di partiti comunisti europei. Se vogliamo uscire dall'Europa, davvero e non come sola propaganda, sarà necessario creare una reale rete tra i partiti comunisti euroscettici. Recupare in questo l'Inter-nazionalismo, e costruire insieme la risposta al problema europeo.

Rivalità comuniste
Tutti i partiti comunisti hanno un passato colmo di errori. Tutti, nessuno escluso. I partiti "nuovi" sono più puliti in questo, ma non lo sono i loro dirigenti. E' giusto ricordare tutto, a partire dagli errori di tutti. Ma è l'oggi l'importante. Fare in modo di superare le rivalità, iniziare a capire, nella teoria e nella pratica, chi è il vero nemico. Il nemico è colui che beneficia della diatriba comunista.

Giovani
Solo qualche anno fa le giovanili unite di GC e FGCI potevano contare più di 10mila iscritti, oggi il vuoto. Si è passati da coordinamenti unitari al nulla. I coordinatori nazionali Oggionni e Arzarello sono passati rispettivamente in SEL e PD, a dimostrazione che i "mostri" lo sono fin da giovani e che la "rottamazione" non sarà mai una soluzione. Un partito senza giovani non potrà mai avere futuro. Quindi rinnovamento, formazione, unità giovanile. Ma evitare la contrapposizione inutile e sciocca tra giovani e vecchi.

Le assenze alla Costituente
Troppe le assenze. Motivata quella del PD, che non è stato invitato in quanto "non di sinistra". Ma gli altri?  Positiva la presenza di Cremaschi a rappresentare quella rete Eurostop che nelle difficoltà sta provando ad unire la sinistra di classe.
Senza divisioni, con iniziative importanti.

Assemblea Costituente, partiti male.
Un Comitato Centrale eletto con il bilancino a  quote: PDCI, ex PRC, senza tessera; fa apparire l'operazione un po' verticistica. Alcune sospensioni, giuste o sbagliate che siano, avvenute pochi mesi prima del congresso avvelenano da subito un ambiente che non ha bisogno di epurazioni, ma di apparire il più inclusivo possibile, evitando nuovi "Rizzo". Si è percepito molta preoccupazione per la poca disciplina dei "non tesserati" e il "correntismo esasperato" di alcuni ex PRC.
Anche se motivata, la soluzione è sempre un dialogo forte e franco, senza forzature pericolose per la stessa immagine o diffidenze preventive. Le differenze devono essere una forza, non un problema.

La linea
No al Partito Democratico, uscita dalla Nato, rottura con l'Unione Europea, unità dei comunisti. Una linea in parte obbligata vista l'arroganza con cui Sinistra Italiana, con il consenso di Rifondazione Comunista, sta cercando di umiliare chiunque abbia ancora oggi l'orgoglio di presentarsi alle elezioni con la Falce e Martello. Una lotta di egemonia che non fa bene a nessuno. Per affrontare questo isolamento diventerà essenziale ricostruire un'organizzazione comunista e strutturarla, con modalità nuove e innovative, su tutto il territorio nazionale.
Valorizzare l'entusiasmo, ricostruire una comunità politica e applicare una resistenza politica.

Ci sono criticità, sono evidenti. E vanno affrontate per non ripetere gli errori passati. Non basta cambiare nome, se poi la dirigenza, la linea o le pratiche saranno le stesse. Le idee non sono cambiate, ma la politica si. Oggi bisognerebbe costruire il PCI del XXI secolo e fuggire da semplici nostalgie del passato. Valorizzare il passato, per lottare nel presente e conquistare il futuro. Ai compagni, ovunque collocati: alla lotta!


"Chi osa dire: mai?
A chi si deve, se dura l'oppressione? A noi.
A chi si deve, se sarà spezzata? Sempre a noi.

Chi viene abbattuto, si alzi!
Chi è perduto, combatta!
Chi ha conosciuta la sua condizione, come lo si potrà fermare?

Perché i vinti di oggi sono i vincitori di domani
e il mai diventa: oggi!"
(Brecht)

Andrea Perno Salutari
Foto dal congresso di Gianni Giacobino

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