martedì 14 aprile 2015

Galeano: Unirci per difendere i nostri diritti

Mi avvicino di due passi, lei si allontana di due passi.
Cammino per dieci passi e l’orizzonte si sposta dieci passi più in là. Per quanto io cammini, non la raggiungerò mai. A cosa serve l’utopia? Serve proprio a questo: a camminare
(E. Galeano)

La nostra regione è il regno dei paradossi.
Il Brasile, prendiamo a caso: paradossalmente, l'Aleijadinho, l'uomo più brutto del Brasile, ha creato le più alte bellezze dell'arte nell'epoca coloniale; paradossalmente Garrincha, rovinato nell'infanzia da miseria e poliomelite, nato per la disgrazia, è stato il giocatore che maggiore allegria ha offerto in tutta la storia del calcio; e paradossalmente ha compiuto cento anni Oscar Niemeyer, il più nuovo degli architetti e il più giovane dei brasiliani.

O mettiamo a caso, la Bolivia: nel 1978 cinque donne misero in scacco una dittatura militare. Paradossalmente tutta la Bolivia si burlò di loro, quando iniziarono il loro sciopero della fame. Paradossalmente tutta la Bolivia finì con digiunare con loro, fino alla caduta della dittatura. Avevo conosciuto una di queste cinque sfidanti, Domitila Barrios, nel villaggio minerario di Llallagua. In un'assemblea di operai delle miniere, tutti uomini, lei si era alzata e aveva fatto tacere tutti. "Voglio dirvi questo" aveva detto "il nostro nemico principale non è l'imperialismo, né la borghesia, né la burocrazia. Il nostro nemico principale è la paura e l'abbiamo dentro".
E anni dopo ho reincontrato Domitila a Stoccolma. L'avevano cacciata dalla Bolivia e lei se n'era andata in esilio, con i suoi sette figli. Domitila sentiva molta gratutudine per la solidarietà degli svedesi e li ammirava per la libertà, anche se sentiva pena per loro, per la solitudine che avevano, mangiavano soli, parlavano soli. E dava loro consigli: "Non siate tonti" diceva loro "unitevi. noi, lì in Bolivia, ci siamo riuniti. Anche sia solo per litigare, noi ci riuniamo". E quanto aveva ragione. Perché, dico io, esistono i denti se non si riuniscono nella bocca? esistono le dita se non si riuniscono nella mano?

Unirci: e non solo per difendere il prezzo dei nostri prodotti, ma anche, e soprattutto, per difendere i valori dei nostri diritti
. Bene, sono uniti, anche se ogni tanto simulano discussioni e dispute, i pochi Paesi ricchi che esercitano l'arroganza su tutti gli altri. La loro ricchezza come povertà, la loro arroganza come paura. Poco tempo fa, mettiamo come esempio, l'Europa ha approvato la legge che trasforma gli immigranti in criminali.
Paradosso dei paradossi: l'Europa, che ha invaso il mondo per secoli, adesso chiude la porta in faccia agli invasi, quando le restituiscono la visita. E questa legge l'hanno promulgata con un'impressionante impunità, che risulterebbe inspiegabile se non fossimo abituati ad essere mangiati e a vivere con paura.
Paura di vivere, paura di dire, paura di essere.


Questa regione nostra forma parte di un'America Latina organizzata per il divorzio delle sue parti, per l'odio mutuo e la mutua ignoranza. Ma solo stando insieme saremo capaci di scoprire cosa possiamo essere, contro una tradizione che ci ha ammaestrato alla paura e alla rassegnazione e alla solitudine e che ogni giorni ci insegna a non amarci, a sputarci nello specchio, a copiare invece di creare. Durante la prima metà del secolo XIX un venezuelano chiamato Simón Rodríguez ha percorso i sentieri della nostra America sul dorso di una mula, sfidando i nuovi padroni del potere:
"Voi" diceva don Simón "voi, che tanto imitate gli europei, perché non li imitate nella cosa più importante, che è l'originalità?"
Paradossalmente non era ascoltato da nessuno, quest'uomo che tanto meritava essere ascoltato. Paradossalmente lo chiamavano pazzo, perché aveva il coraggio di credere che dobbiamo pensare con la nostra testa, perché aveva il coraggio di proporre un'istruzione per tutti e un'America di tutti, e diceva che chi non sa è ingannato da chiunque, chi non ha è comprato da chiunque, e perché aveva il coraggio di dubitare dell'indipendenza dei nostri Paesi appena nati: "Non siamo padroni di noi stessi" diceva "siamo indipendenti, ma non siamo liberi". Quindici anni dopo la morte del pazzo Rodriguez, il Paraguay è stato sterminato.
L'unico Paese ispanoamericano davvero libero fu paradossalmente assassinato nel nome della libertà. Il Paraguay non era prigioniero nella gabbia del debito esterno, perché non doveva un centesimo a nessuno, e non praticava la bugiarda libertà del commercio, che ci imponeva, e ci impone, un'economia di importazione e una cultura di impostazione.
Paradossalmente dopo cinque anni di una guerra feroce, tra tanta morte sopravvisse l'origine. Secondo la più antica delle sue tradizioni, i paraguayani erano nati dalla lingua che dà loro il nome e tra le rovine fumanti sopravvisse la lingua sacra, la lingua originaria, la lingua guaranì. E in guaranì, ñe’é, significa parola e anche anima. Chi mente nella parola tradisce l'anima. Se ti dò la mia parola mi dò.

Un secolo dopo la guerra del Paraguay, un presidente del Cile dette la sua parola e si dette.
Gli aerei sputavano bombe sul palazzo del governo, mitragliato anche dalle truppe di terra. Lui aveva detto: "Da qui non esco vivo" Nella storia latinoamericana è una frase frequente. L'hanno pronunciata vari presidenti che poi sono usciti vivi per continuare a pronunciarla. Però quella parola non mentì. Salvador Allende non mentì.
Paradossalmente una delle principali avenidas di Santiago del Cile si chiama ancora Undici Settembre. E non si chiama così per le vittime delle Torri Gemelle di New York. No. si ciama così in omaggio ai carnefici della democrazia in Cile. Con tutto il rispetto per quel Paese che amo, mi permetto di chiedere, per puro buon senso, non sarebbe l'ora di cambiargli il nome? Non sarebbe ora di chiamarla Avenida Salvador Allende, in omaggio alla dignità della democrazia e alla dignità della parola?
E  saltando all'altro lato della Cordigliera, perché sarà che il Che Guevara, l'argentino più famoso di tutti i tempi, il più universale dei latinoamericani, ha l'abitudine di continuare a nascere? Paradossalmente, quanto più lo manipolano, quanto più lo tradiscono, più nasce. E' nato più volte di tutti.
E mi chiedo: non sarà perché diceva quello che pensava e faceva quello che diceva? Non sarà per questo che continua ad essere così straordinario in questo mondo in cui la parola e i fatti si incontrano pochissime volte e quando si incontrano non si salutano perché non si riconoscono? Le mappe dell'anima non hanno frontiere e io sono patriota di varie patrie. Ma voglio concludere questo viaggio nelle terre della regione, evocando un uomo nato, come me, qui vicino.

Paradossalmente è morto un secolo e mezzo fa, ma continua ad essere il mio compatriota più pericoloso. Così pericoloso che la dittatura militare dell'Uruguay non ha potuto incontrare una sola frase sua che non fosse sovversiva e ha dovuto decorare con date e nomi di battaglie il mausoleo che ha eretto per offendere la sua memoria. A lui, che rifiutò di accettare che la nostra Patria Grande fosse rotta in mille pezzi: a lui che si negò ad accettare che l'indipendenza dell'America fosse un'imboscata contro i suoi figli più poveri; a lui, che è il vero primo cittadino illustre della regione, dedico questa distinzione, che ricevo in suo nome.
E termino con le parole che gli ho scritto tempo fa:
1820, Paso del Boquerón. Senza girare la testa, Lei affonda nell'esilio. Lo vedo, lo sto vedendo, scivola il Paraná con pigrizia di lucertola e lì si allontana fiammeggiando il suo poncho consumato, al trotto, e si perde nella vegetazione. Non dice addio alla sua terra. Lei non ci crederebbe. O forse Lei non sa, ancora, che se ne va per sempre.
Si ingrigisce il paesaggio. Lei se ne va, vinto, e la sua terra rimane senza respiro. Le restituiranno la respirazione i figli che le nasceranno e gli amanti che arriveranno? Chi da questa terra sgorgherà, chi a lei arriverà, sarà degno di una tristezza così profonda?
La sua terra. La nostra terra del Sud. Lei le sarà molto necessario, don José. Ogni volta che gli invidiosi le faranno danno o la umilieranno, ogni volta che gli stupidi la crederanno muta e sterile, avrà bisogno di Lei. Perché Lei, don José Artigas, generale dei semplici, è la miglior parola che questa terra abbia detto.
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