domenica 10 novembre 2013

Jopè Pepe Mujica: la vita è il valore più importante


Jopè Pepe Mujica e il consumismo

La cultura consumista massificata come elemento centrale che traina l'economia, questa civiltà dell'usa e getta, necessita di questo modello chiave per l'accumulazione permanente.
Questo è il residuo peggiore. Torno ad insistere su questa tesi: quando compro, non compro con il denaro, compro con il tempo della mia vita che ho dovuto impiegare per ottenere questo denaro.
Se sfrutto il lavoro altrui, allora compro cose con il tempo della vita del lavoro altrui per ottenere questo denaro. Ma sempre le risorse economiche sono il tempo di vita che si è impiegato per ottenerle.

Detto questo, se la vita è il valore più importante, l'inganno della società consumista tende a privarci ad appropriarsi di questo valore. Non si intenda ciò in maniera semplicistica. L'uomo ha un bisogno crescente di mezzi materiali per poter vivere, per migliorare la propria vita, ma questo non significa acconsentire alla società dello spreco o della obsolescenza pianificata perchè si debba spendere di più e consumare di più e lavorare di più.
Per questo è necessario il socialismo o una società che ripensi questo sistema che è una macchina per divorare vite, di appropriarsi del tempo della vita, è una forma di schiavitù contemporanea.
Nel mio paese la gente lotta per le sei ore, ma non per lavorare meno, per poter fare due lavori, praticamente per avere un altro lavoro cioè per lavorare più di prima, perchè ha la imperiosa necessità di consumare di più.
Perchè ogni volta che si siede davanti allo schermo della TV da bambino viene bombardato a "consumare, consumare, consumare" e la felicità mana è comprare sempre più cose, in maniera permanente. A questa civiltà siamo sottomessi. Mettere sotto giudizio questa società è un atto pericoloso, ma rivoluzionario.

Il punto è che la politica non deve abbandonare il campo della filosofia. Se abbandona il campo della filosofia rimane senza guida. Qui sta la grande differenza. Combattere per un mondo migliore non significare rottamare più auto vecchie o moltiplicare la quantità di frigoriferi ... no! Siamo fritti.

Significa moltiplicare la quantità che abbiamo per vivere. E che cos'è il tempo per vivere? E' il tempo in cui sono libero, in cui faccio con il mio tempo libero quello che mi viene voglia di fare: che per qualcuno può essere giocare a calcio, per un altro pescare o riposarsi sotto un albero. Sono libero quando faccio con il tempo della mia vita quello che piace a me!

E non sono libero in quel margine di tempo che devo impiegare per far fronte alle necessità mie e del mio gruppo familiare. Cosi sono sottomesso alla vecchia legge della necessità. Il lavoro mi può piacere di più o di meno, ma questa è una questione diversa. Ma sono libero solo in quel margine.
Vuol dire che la lotta per la libertà significa aumentare questo margine di vita in cui faccio quello che voglio. Non significa necessariamente spendere e riempirsi di cose e riempirsi di tempo libero. Ma questo ragionamento è troppo raffinato per la trappola nella quale siamo imprigionati da questi mezzi di comunicazione che plasmano la nostra cultura.


Ma io non sto facendo un panegirico della vita dell'anacoreta, nè dell'autoflagellazione con una catena tutte le mattine, no sto facendo una apologia  della povertà. Sto facendo la statuizione del valore della sobrietà e del concetto del limite, nella vita c'è bisogno di limiti.
I limiti devono venire dalla cultura e dal libero arbitrio. Devono venire da questa discussione: se vuoi alienare la tua vita scalando l'Everest, fai pure! Io ti guarderei e ti direi: che pazzo.
Io non lo farei neanche morto, ma è una tua libertà. Questa è la tua libertà.
Ma una cosa è questa libertà per la quale sono disposto  a morire, la libertà del libero arbitrio e altra cosa è vivere senza libero arbitrio, senza libertà, se sono intrappolato nella spirale di dover lavorare 12 oe, 16 ore.
Questa è una prigione, la prigione del consumo
Creare società migliori credendo che stavamo andando incontro a una società migliore perchè il piano quinquennale avrebbe prodotto tante tonnellate in più di acciaio e questo e quell'altro: schiocchezze! Stupidaggini! Stiamo lasciando il meglio!

Perchè la penso cosi? E te lo riassumo!
Non c'è tempo per parlarne esaustivamente. Ma faccio una semplificazione, che come tutte le semplificazioni è brutta. L'uomo è biologicamente un animale sociale perchè il 90% della sua vita, della vita del pianeta, la visse nella preistoria quando non esistevano il mio e il tuo, esisteva il nostro!
Questa è la sostanza della storia dell'uomo sulla terra. Solo il 10% compone le altre epoche. Siamo socialisti biologicamente, però siamo mercantilisti e capitalisti per risultato della storia. viviamo con una contraddizione, ma il nostro nucleo duro, il nostro "hard disc" è di carattere socialista. La nostra storia ci ha resi capitalisti. Questo è commercio, sviluppo. viviamo come con un bene perduto, con qualcosa che ci manca.
E così consumiamo quello che consumiamo.

Come dice Don Chisciotte: "età felice, secoli felici, quelli nei quali coloro che vivevano ignoravano le parole tuo e mio" e dopo venne la proprietà a separarci.

Bene, questo non piacerà a molte persone e mi crocifiggeranno, ma non importa. Questo, alla luce delle conoscenze contemporanee, della antropologia e della scienza contemporanea si deve inserire nella nostra analisi, perchè credo che l'uomo, che nell'uomo c'è memoria  genetica. Memoria genetica. Grazie a questo suo hard disc è socialista.
Se, c'è un istito per cui l'uomo è sociale. Non può vivere in solitudine. L'uomo ha bisogno della società. Non può vivere senza. Però adesso siamo immersi in questo inganno. Adesso noi sudamericani siamo in questa tappa storica. Penso che l'America Latian sia un laboratorio di questi fenomeni e della relativa discussione su di essi. E poi Evo Morales dice: "non si può scavare una buca perchè se no aggrediamo la madre terra", ma si indigna quando diciamo biocombustile.

Come possiamo creare una cultura che sia capace di comprendere cose diversissime, ma dove ognuna trovi il suo posto? Questo è il mondo libero che sogno. La libertà non può essere intesa come essere tutti uguali e dire tutti la stessa cosa e pensare tutti la stessa cosa. La libertà è un punto di partenza, l'uguaglianza è un punto di partenza.
Costruiremo questo mondo. So che possiamo.






Discorso di Jopè Pepe Mujica (presidente dell'Uruguay) al G20 

Ringrazio le autorità presenti di tutte le latitudini e organismi. Ringrazio il popolo del Brasile e la sua signora Presidente, e molte grazie alla buona fede che sicuramente hanno manifestato tutti gli oratori che mi hanno preceduto.

Come governanti, esprimiamo l'intima volontà di accompagnare tutti gli accordi che questa nostra povera umanità possa sottoscrivere.

Tuttavia, dobbiamo porci alcune domande ad alta voce.
Per tutta la sera si è parlato di sviluppo sostenibile, di liberare masse immense dalla povertà...

Cos'è che ci passa per la testa?

Il modello di sviluppo e di consumo è quello che oggi appartiene alle società ricche? Mi faccio questa domanda: cosa accadrebbe a questo pianeta se gli Indù avessero la stessa proporzione di auto per famiglia che hanno i tedeschi? Quanto ossigeno ci resterebbe per poter respirare?

Più chiaramente: il mondo oggi ha le risorse per permettere a sette, otto miliardi di persone di avere lo stesso grado di consumo e di spreco che hanno le più ricche società occidentali?
È possibile o un giorno dovremo fare un altro tipo di discussione?

Perché abbiamo creato una civilizzazione, la nostra, figlia del mercato, figlia della concorrenza, che ha prodotto un progresso materiale portentoso ed esplosivo. Però quella che era "economia di mercato" ha creato delle "società di mercato" e ha prodotto questa globalizzazione, che significa guardare a tutto il pianeta.

Ma siamo noi a governare la globalizzazione o è la globalizzazione che governa noi?

È possibile parlare di solidarietà, dell'essere tutti uniti, in un'economia basata sulla concorrenza spietata? Fin dove arriva la nostra fratellanza?
Non lo dico per negare l'importanza di questo evento, al contrario. La sfida che abbiamo davanti è di portata colossale e la grande crisi non è ecologica, è politica.

L'uomo non governa oggi le forze che ha scatenato, sono le forze che ha scatenato a governare l'uomo. E la vita.

Perché non veniamo sul pianeta per svilupparci in termini generali, veniamo alla vita cercando di essere felici.
Perché la vita è breve e se ne va. E nessun bene vale quanto la vita, questo è elementare.
Però se la vita mi sfugge lavorando e lavorando per consumare un "di più". La società del consumo è il motore perché, in definitiva, se si paralizza il consumo o si ferma, si ferma l'economia. E se si ferma l'economia, c'è il fantasma della stagnazione per ognuno di noi.

Però, questo iper-consumo a sua volta è quel che sta assalendo il pianeta. E questo iper-consumo deve generare cose che durano poco perché si deve vendere tanto.
Una lampadina elettrica non può durare più di mille ore accesa. Ma ci sono lampadine che possono durare 100 mila… 200 mila ore, però non si possono produrre perché il problema è il mercato. Perché dobbiamo lavorare e dobbiamo avere una civilizzazione di uso e smaltimento. E siamo in un circolo vizioso.

Questi sono problemi di carattere politico che ci mostrano la necessità di iniziare a lottare per un'altra cultura.
Non si tratta di regredire all'uomo delle caverne, né di fare un "monumento all'arretratezza". È che non possiamo indefinitamente continuare a essere governati dal mercato, ma dobbiamo governare noi il mercato. Per questo dico che il problema è di carattere politico, nel mio umile modo di pensare.

Perché i pensatori antichi, Epicuro, Seneca, gli indio Aymara, dicevano: "Povero non è chi possiede poco, veramente povero è chi necessita di infinitamente tanto" e desidera, desidera… desidera sempre di più.

Questa è una chiave di carattere culturale.
Quindi, saluto lo sforzo e gli accordi che si fanno. Lo accompagno come governante perché so che alcune delle cose che sto dicendo "stridono", però dobbiamo renderci conto che la crisi dell'acqua, che la crisi dell'aggressione ambientale non è una causa. La causa è il modello di civilizzazione che abbiamo costruito. Quello che dobbiamo rivedere è il nostro modo di vivere!

Perché?

Appartengo a un piccolo paese, ricco di risorse naturali per vivere. Nel mio paese ci sono 3 milioni di abitanti o poco più, 3 milioni e 200 mila, però ci sono 13 milioni delle migliori vacche al mondo e 8-10 milioni di ovini stupendi. Il mio paese è esportatore di cibo, di latticini, di carne… è una pianura, quasi il 90% del suo territorio è utilizzabile. I miei compagni lavoratori lottarono molto per le 8 ore di lavoro e ora stanno ottenendo le 6 ore. Però chi ottiene le 6 ore ottiene due lavori pertanto lavora più di prima.
Perché? Perché deve pagare un mucchio di rate: il motorino che ha comprato, l'auto che ha comprato… e paga rate! E paga rate! E quando arriva a estinguere il debito è un vecchio reumatico come me, e la vita se ne va.

E uno si fa questa domanda: è questo il destino della vita umana? Queste cose sono molto elementari: lo sviluppo non può essere contro la felicità, dev'essere a favore della felicità umana, dell'amore, della Terra, delle relazioni umane, del prendersi cura dei figli, dell’avere amici, di avere ciò che è fondamentale.
Perché questo è il tesoro più importante che abbiamo. Quando lottiamo per l'ambiente, il primo elemento dell'ambiente si chiama: la felicità umana. Grazie. (1)

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